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I don’t mind the weather..

postato il 15 Feb 2011 in Main thread
da VaMina

Il tempo oggi è bello. E sono felice.

No, non è vero. Sono abbastanza stressata. In realtà era un modo arguto per introdurre l’argomento, cioè le persone pseudo-meteoropatiche. Non voglio parlare della meteoropatia, che esiste, me lo ha detto Wikipedia, ma di tutta quella gente che in tono lamentoso dice “Sono di malumore, sai, oggi il cielo è grigio e io sono meteoropatico”. Va bene, nessuno direbbe proprio così, ma il concetto è quello.* Ammetto che anche io entravo nella categoria, poi nella mia stanza è entrato uno gnomo con una padella, mi ha picchiato e sono rinsavita. Ora sono depressa perché vedo gli gnomi. Se uno DECIDE da prima che quando il tempo fa schifo DEVE essere depresso, è evidente che il problema non è del sole che ha deciso di non farti un favore.
Uno si sveglia la mattina, vede che piove e pensa “Toh, ora la giornata deve andare male e io devo essere profondamente triste”.. ma che senso ha?
Un senso ce l’ha sicuramente, ma nella sua testa. Insomma, il problema è il suo (e Vamina ha fatto la scoperta dell’acqua che bolle a 100°). E’ la stessa cosa di quando mi sveglio, non studio per un’ora, e decido che tutta la giornata non studierò più,o meglio non “riuscirò” più a farlo. Non è una cosa reale.
Ci sono anche persone che si sentono felici quando piove e depresse quando c’è il sole, ma alla fine è uguale, forse sono collegate telepaticamente con gli orti e i campi, non lo so, non mi interessa. Il succo della faccenda è che è una questione psicologica. Ok, ma perché?
E’ una scusa per rintanarsi in casa e non affrontare l’esistenza?
E’ una buona occasione per rispondere male a tutti? (Questa è più improbabile, anche se divertente)
E’ una motivazione da addurre al tuo malumore e per sguazzarci dentro?
E’ una carenza di ombrelli in casa?

Questo post si limita ad una superficialità sconcertante, ma io sinceramente non posso addentrarmi nei meandri del problema, prima cosa perché mi rompo di mimare qui i meccanismi psicologici dei vari blocchi all’azione e tristezze e poi non ho tempo (ahah!) e anche perché non sono capace di analizzarli, posso solo dire prendete un ombrello e andatevi a fare un giro. O chiamatemi, io vi mando lo gnomo, ora vive nel mio armadio e mi sgrida quando dico che sono grassa.

Dato che ho risolto il problema del post sul tempo con questo simpatico escamotage, producendo uno scritto breve e stupidino, mi impegno comunque ad affrontare brevemente la questione del tempo cronologico.

Time

Ticking away the moments that make up a dull day
You fritter and waste the hours in an offhand way
Kicking around on a piece of ground in your home town
Waiting for someone or something to show you the way

Tired of lying in the sunshine
Staying home to watch the rain
And you are young and life is long
And there is time to kill today
And then one day you find
Ten years have got behind you
No one told you when to run
You missed the starting gun

And you run, and you run to catch up with the sun, but it’s sinking
Racing around to come up behind you again
The sun is the same in a relative way, but you’re older
Shorter of breath and one day closer to death

Every year is getting shorter
Never seem to find the time
Plans that either come to nought
Or half a page of scribbled lines
Hanging on in quiet desparation is the English way
The time is gone
The song is over
Thought I’d something more to say

Home, home again
I like to be here when I can
When I come home cold and tired
It’s good to warm my bones beside the fire
Far away across the field
The tolling of the iron bell
Calls the faithful to their knees
To hear the softly spoken magic spells

Dopotutto è sempre un punto di vista. Ed è bella.

*E’ normalissimo, certo, che uno possa preferire una certa situazione climatica, non parlo di questo, ma di depressioni a priori. Ah comunque è normale una preferenza, ma a meno che non ci sia il tuo matrimonio all’aperto deprimersi è abbastanza …sciocco?

Le liste di Vamina: 10 cose da dire o da fare per essere bocciati all’esame di Letteratura Greca

postato il 3 Feb 2011 in Cazzi e mazzi personali
da VaMina

1. Inscenare il duello tra Paride e Menelao con degli sfilatini al posto delle lance, per rendere tutto più realistico e immediato;

2. Chiedere al professore di rimandare l’esame perché questa settimana dovete assistere ai giochi funebri in onore di Patroclo;

3. Dire al professore “Basta parlare di Greci, quelli erano un popolo di froci”;*

4. Dire al professore “E’ alfa lungo, quindi è ablativo!” (Questo rischio di farlo davvero);

5. Implorare il professore con queste parole: “Per favore, mi faccia passare l’esame, tanto non salirò mai in graduatoria per l’insegnamento, non danneggerò mai nessuno!” (Questo vale per tutti gli altri esami però);

6. Posare l’Iliade sulla pelata del professore per vedere se si tiene in equilibrio;

7. Esclamare “Lo sa che lei somiglia proprio a Tersite?”;

8. Entrare nello studio del professore gridando “OTOTOTOTOI!!!!! OTOTOTOTOI!!! AIAI!!!”;

9. Prima di leggere, ricordarsi l’esametro borbottando “pentola pentola pentola pentola pentola bolle”;

10. Dire “No guardi me lo ricordo benissimo, Agamennone viene ucciso da Briseide, l’ho visto in Troy”;

*E’ talmente evidente e palese che io NON penso davvero questa cosa, che non ci sarebbe bisogno di scriverlo, ma per fugare ogni dubbio, no, i Greci non erano un popolo di omosessuali, altrimenti non si sarebbero riprodotti. No, non è un insulto ai gay dire che i Greci non erano un popolo di omosessuali, è solo vero. No, non sono cretina! (Questo era bonus, va bene per tutto).

Buon periodo esametrico!

Egli

postato il 31 Gen 2011 in Main thread
da ad.6 e VaMina
Egli era immerso nella nebbia. Da sempre. Egli vagava come in sogno, non aveva meta e non ne cercava alcuna, perché Egli era felice. Da tutti nominato, spesso acclamato e ancor più spesso deriso, viveva molte vite e, per questo, nessuna. Facendosi strada tra la fitta coltre, percorreva, guidato dal destino (e perché non dal caso?), un sentiero indefinito, canticchiando un motivetto spensierato.


Dopo qualche tempo la strada lo condusse ad un bivio: ecco che la nebbia si fendeva in due parti, rivelando, con la sua assenza, due diverse possibilità. Ma ad Egli non importava, il fato avrebbe scelto per lui, come tante altre volte, passate e future. Egli si incamminò così per la strada di sinistra. Ma Egli, ci si perdoni l’inesattezza, provò per la prima volta incertezza e per la prima volta scelse, aprendo la propria vita al Caso, in contrasto con quanto deciso per lui, con quanto Egli era stato fino a quel momento.


Una volta scelto il sentiero, la via divenne presto più ripida e rocciosa, ma continuò ad avanzare, senza voltarsi indietro. Il percorso si faceva sempre più arduo e scosceso e più in alto arrivava, più la nebbia si diradava, lentamente. Ed ecco che nella foschia, improvvisamente, cominciò a delinearsi la figura indistinta di quello che ad Egli parve un felino. Curioso, le si avvicinò, ma rimase impietrito allorché distinse gli inconfondibili contorni di una lince. Non ebbe dubbi: si voltò indietro e corse. Ma la lince con un unico salto gli fu davanti, bloccandogli la via di fuga. A quel punto Egli, quasi irragionevolmente, seppe cosa fare e scelse ancora una volta: l’affrontò a viso aperto, saldo, guardandola negli occhi che rilucevano nel biancore. “Sono qui” disse e la nebbia, quasi governata dalle sue parole, si disfece, lasciando trasparire per la prima volta i raggi del sole. Negli occhi della lince fu il bagliore di un attimo e si avviò in alto verso la fine del sentiero.


Egli, accecato da quella luce nuova e accattivante, la seguì. Presto furono su un altopiano erboso, dal quale lo sguardo spaziava, finalmente. Lo sguardo di Egli, perso nei cieli e nei campi mai immaginati, non si accorse che la lince era scomparsa.





Era solo, per la prima volta, ed era una cosa straordinaria, non tanto perché fosse solo, ma perché era. E se ne stupì: “Chi sono?”. Egli. “Chi è Egli? È forse qualcuno, uno dei tanti, nessuno? Un nome cangiante che non si addice ad una persona sola quale io sono. Ma lo sono? Volete forse dire che non sono unico, che altri rispondono al mio nome e agiscono per conto mio, senza che io lo sappia o lo voglia?”. Sentite queste parole, il cielo iniziò a piovere di una pioggia leggera e insistente, pur essendo sgombro da nubi. E a chi avesse voluto scorgere le differenze tra il pianto dell’uomo, il pianto del mondo e il pianto degli dei che li avevano creati sarebbe stato impossibile, perché in quel momento era indistinguibile ed Egli piangeva per aver trovato se stesso, quelli per averlo perso.


Lambito dalla pioggia e smarrito tra tanti pensieri, avanzò a passo incerto sul terreno fangoso fino a quando non dovette arrestarsi davanti ad una pozzanghera d’acqua piovana. Allora, lo sguardo basso di chi è assorto nei propri tormenti, Egli intravide in quella la propria immagine e scoprì con spavento che stava guardando nient’altro che una sagoma d’argilla. Messo di fronte alla sua vera natura, Egli la comprese e parimenti comprese di non avere forma, di essere pronto ad assumerne di diverse secondo diversi stampi, di essere tanti e nessuno. Ma non più: ora Egli voleva un nome, un corpo, una forma.


Smise di piangere e la pioggia, ormai altra da lui, cominciò a detergere il suo viso, scavando nell’argilla, fino a trovare i lineamenti di un uomo. Egli, per la prima volta, sorrise e il suo sorriso si stagliò su un cielo limpido: ora finalmente sapeva chi era. Il sole, come partecipando alla sua gioia, brillò illuminando la punta di una lancia, conficcata nel terreno poco distante da Egli. Spinto da nuovo impeto, corse sulla terra bagnata ed afferrata la lancia ambo le mani Egli la divelse.





Voi! Assisi sui beati seggi, voi che dagli scranni eburnei tirate le fila delle mie sorti, novelle Moire, qualunque sia il filo del mio destino da voi ordito io lo recido”. Disse brandendo la lancia nel candido limbo nel quale adesso si trovava, conseguenza delle sue parole e delle sue azioni più che del nostro volere. E rivolgendosi nuovamente a noi Egli esclamò: “D’ora innante rigetto la molteplicità e l’ignavia che mi avete imposto nei tempi che furono, forti del vostro potere immane e della immane alterigia vostra. ” Di quale potere parli, Egli? Noi ti creammo vincolato ai nostri desideri e al tuo mondo, costretto tra i legami della felicità. Sei veramente sicuro di volerla abbandonare? Noi che forgiammo la tua terra da un pensiero e te da mera idea, noi apparteniamo al mondo cui tu vorresti appartenere. È libero, caotico e reale, privo d’un destino certo e certo solo nella morte. “ Benché le vostre parole altitonanti si riversino su di me come divine strali che con il loro bagliore nefasto lacerano la nera coltre della notte, esse sbiadiscono dinanzi alla mia determinazione. Assieme a ciò che dite, anche ciò che siete scompare. Io la luce, voi null’altro che ombre. E io, dall’ombra alla luce, vi dico che Egli è morto, mettendo al mondo me, Ilge .”





Svenni. Mi svegliai in un campo desolato, disteso nella neve, lo sguardo rivolto al cielo plumbeo. Il vento mi sferzava la pelle nuda e per la prima volta conoscevo il freddo che con il violento impeto della vita mi dava alla luce. Il mio corpo era indolenzito e il mio stomaco vuoto. Dopo che con grande sforzo mi fui alzato, tentai con tutte le mie forze di scorgere una figura all’orizzonte, sempre che di orizzonte si possa parlare, immerso com’ero nel turbine ghiacciato.


Spinto dalla fame e dalla disperazione cominciai a farmi strada nella tormenta, arrancando nella neve cedevole, senza una direzione precisa, cercando cose e persone che non avevo mai visto. Avanzando nella bianca distesa, ogni passo mi portava avanti e nel mio travagliato cammino e in nuove incertezze. Avevo fatto bene a scegliere il sentiero che mi ha condotto alla rivolta? Avevo fatto bene a impugnare la lancia della ribellione? Preso da quelle dei miei pensieri non mi accorsi delle asperità del percorso e caddi. In preda allo sconforto mi voltai indietro e vidi come il mio inesorabile incedere avesse creato un solco nella neve, benché doloroso e lento.


I miei passi avevano scoperto la terra a lungo rimasta celata, dalla quale spuntavano, timidi, dei piccoli fiori. Curioso, mi avvicinai loro, ricalcando le mie orme con i piedi ormai divenuti insensibili, e mi chinai sul terreno per osservarli. Erano scossi dal vento, colpiti dalla furia del cielo, esposti alle intemperie perché ormai spogliati del manto innevato che li proteggeva. Eppure resistevano, senza mostrare cedimenti, anzi quasi a proprio agio, dinanzi a una potenza tanto più grande di loro. E in un attimo, il bianco dei loro petali, così simile eppure così diverso dal violento bianco della neve in tempesta, mi si impresse nella mente con la chiarezza di un baleno. Quel bianco era la speranza, come i fiori che lo indossavano. I miei dubbi furono fugati da quella e compresi finalmente che desideravo di vivere davvero.


Gradualmente la bufera cominciò a placarsi e sottili raggi di sole filtravano tra le nubi. Guardai ancora i fiori e la striscia di terra che li accoglieva in grembo sembrò più nitida di quanto era parsa.





Dopo poco tempo il cielo si schiarì del tutto e l’aria, ormai sgombra dal nevischio, si fece tiepida e tersa. Finalmente vidi l’orizzonte e all’orizzonte vidi un paesello circondato da orti e campi, verso il quale mi diressi incespicando sulla neve soffice, sperando in un aiuto. Dopo che fui a lungo avanzato a passi doloranti, giunto ormai in prossimità del paese, mi mancarono le forze e caddi stremato al suolo. Troppo debole per parlare, sentii avvicinarsi dei passi, venni coperto e sollevato da braccia forti, che mi portarono al caldo, su di un morbido giaciglio. Mi offrirono del vino e del cibo per restituirmi le forze e l’ultima cosa che mi chiesero prima che piombassi in un sonno profondo fu il mio nome. “Fui nessuno, ora sono Ilge.” Il mio sonno fu sereno e sognai un uomo felice, solo in un nebbioso universo.


Aprii gli occhi e fui abbagliato dalla luce del sole che entrava dalla finestra. “Ti sei svegliato!” disse l’uomo che mi sedeva accanto. “È incredibile che tu sia vivo.” Mi fissava benevolo e senza farmi domande mi porse dei vestiti. “Dove mi trovo?” “In Provenza. E tu da dove vieni? Qual è la tua meta?” “Molta strada ho dovuto percorrere per arrivare fin qui, eppure solo qui comincerà il mio viaggio. Ora che sono pronto e determinato, che vedo in me un uomo quale tu sei, ora mi appresto a ringraziarti e a non arrecarti ulteriore disturbo. Non è più tempo che io dorma.”


Mi portai all’uscio e spalancai la porta: fuori il sole splendeva indifferente ma glorioso sul viavai di persone indaffarate, sulle strade polverose e sui tetti delle case. Sorrisi, raccogliendo la gloria del sole, e seppi cosa fare. Vivrò. Girerò il mondo, incontrerò genti diverse in luoghi diversi, vedrò le piramidi d’Egitto e sedrò sul trono dei faraoni, camminerò lungo la Grande Muraglia in Cina e mi schiererò a fianco dei guerrieri di terracotta, osserverò la Grecia che fu dalle colonne del Partenone e correrò da Maratona come Fidippide. Ed inizierò dalla Francia, questa Francia di cui mi accingo a calcare il suolo, che è la mia libertà, terra di rivoluzioni e di menti eccelse.
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Otototoi

postato il 19 Gen 2011 in Cazzi e mazzi personali
da VaMina

Questo sarà un post molto breve. Vi parlerò di una cosa che mi ha colpita/sconvolta/divertita (?) traducendo Eschilo. Ho annunciato la brevità di questo post perché ora non voglio dilungarmi su un argomento che può portare con sé tante parole, come Eschilo, e anche perché non ne ho nemmeno il tempo.

Ordunque , traducevo Eschilo, e per la precisione I Persiani, e mi sono imbattuta in MOLTE (e se dico molte intendo molte, altrimenti avrei usato poche, occasionali, e così via), molte espressioni di lamento e sconforto e  tristezza e dolore. Come il mio professore ha fatto notare, non c’è dubbio che negli ascoltatori provocassero grande impressione, ma noi siamo poveri studenti, e quando lui ha detto questa cosa, al decimo “ototototoi”, abbiamo pensato che in realtà nessuno avrebbe pianto sentendo “ototototoi”. Oltre che con “ototototoi”, il mio preferito, secondo nella classifica onomatopeica dopo il verso delle Erinni nelle Eumenidi (che se non mi sbaglio era “mumumumumu”), la sofferenza dei poveri Persiani era resa evidente da molti “aiai” e una cinquantina di parole diverse che significano tutte disgraziato, sventurato, infelice, e soprattutto da una cosa che ora vi illustrerò.  Infatti in tre versi vi era una concentrazione di ben tre parole che significavano tutte “grido”. So che vi interessano molto, quindi eccole: “boan”, “ian”, “iakhan”. No, non seguono riflessioni sulla natura di queste parole o sul dolore dei Persiani, ma ho detto tutto questo solo per dire che io amo queste cose, le studio, le rispetto, mi piace anche Eschilo, ma sapere che dovrò passare un altro paio di giorni a tradurre vari sinonimi di sventura, pianto e grido, inoltre non abbastanza in fretta, mi fa venire voglia di usarli, magari non tutti, ma alcuni, posizionati in momenti strategici di disperazione.

v 256 : “Cose dolorose, cose dolorose, mali inauditi e nemici”

v 909 : “Aimé, me sventurato, che mi sono imbattuto in questo destino odioso, impossibile da prevedere”

vv 935 e seguenti : ” Manderò manderò come saluto del ritorno a te il grido di cattivo augurio, l’urlo di cattivo destino, il grido dalle molte lacrime dell’intonatore Mariandino” (Pare che fossero bravi a lamentarsi)

vv 947 : “Piangerò il lamento lacrimosissimo del lamentatore” (Questo verso è meraviglioso)

Le liste di VaMina: 10 film da evitare (o anche: Vamina mossa dal disgusto insulta svariati film)

postato il 8 Gen 2011 in Cazzi e mazzi personali
da VaMina

Pensavo di fare una lista dei peggiori film che avessi mai visto. Però ecco, era un’operazione troppo difficile, perché alla fine devi trovare DAVVERO i peggiori, e potresti pentirti della tua scelta guardando altri film, e delle cose così tremende uno tende a rimuoverle, quindi ho deciso, per il minore impegno richiesto, di nominare solo 10 film che sono brutti, proprio brutti, e basta.  Film da evitare, in sostanza. Questa lista riguarda la cultura e l’alta formazione: nel senso che chiunque voglia in qualche modo formarsi culturalmente dovrebbe rifuggire questi film per il rischio di una lobotomia spontanea, simile ad un’autocombustione. Io ho battuto la testa contro il muro molte volte, ma non sono riuscita a provocarmi un’amnesia, anche se nei cartoni fanno vedere benissimo che questo è il modo migliore per averne una. Ultimamente un’orrenda e tremenda visione di circa due ore mi ha fatto prendere coscienza di una spaventosa verità:  il numero di film totalmente inguardabili che ho visto è assurdamente superiore a quelli con una qualche dignità. Ho cercato di prenderne 10 la cui visione mi abbia davvero turbata, ma in realtà spero di averne rimossi abbastanza da non riuscire a finire l’elenco. Vediamo se sono così fortunata. Ovviamente non sono messi in ordine di bruttezza.

1) Amore 14.  In realtà TUTTI i film di Moccia e quelli tratti dai suoi “libri”, ma avrei occupato almeno sei posti, quindi ho messo questo come simbolo perché  particolarmente osceno, anche se si contende il titolo di peggiore film di Moccia con Scusa ma ti voglio sposare. Amore 14 parla di ragazzine talmente stupide e superficiali e squallide e di facili costumi che non riesco a trovare un modo per definirle, in più fa capire bene come sia bello perdere la verginità all’età di 13 anni.

2) Catwoman (2004). Lei ha la stessa espressione da cagnaccia maledetta tutto il film, con la bocca semiaperta e un’aria da bambolona gonfiabile. Non ricordo altro. CAGNA!

3) La Mummia 4. Un film con un imperatore cinese malvagio che resuscita e che possiede non ho capito bene perché poteri magici, le battute più brutte della storia, e, come se non bastasse, degli ingiustificatissimi YETI. Cioè io vedo un film schifoso, mi addormento 10 minuti, e quando mi sveglio ci sono ANCHE GLI YETI??? MA SCHERZIAMO?

4) Life during wartime (Perdona e dimentica). Questo è stato proprio disturbante! A parte che nel cinema eravamo 3 e va bene, ma davvero, è.. non è brutto come gli altri film che ho già nominato. C’è una che ha intimi rapporti con tipo un cadavere e ha visioni terrificanti dei suoi ex morti e che ora sono fantasmi,  c’è il tema della pedofilia, ci sono persone con dei problemi psicologici tali che in realtà credo che uno psicanalista darebbe direttamente loro una pistola. Ok so che dovrebbe aver vinto un premio, ma non importa, sono uscita dal cinema pensando che avrei avuto incubi per i successivi 16 anni.

5) Australia. Voi penserete: non puoi mettere Australia e Amore 14 nella stessa lista. E’ evidente che non stiamo parlando di film allo stesso livello, ma è la mia lista e ci sono, e nella vostra potrete scrivere che Australia è bello, ma intanto avranno scoperto che siete ciechi. La verità è che non è bruttissimo, ma ha deluso molto le aspettative, almeno le mie. Prima che uscisse te l’hanno presentato come un grande capolavoro, un’enorme e fantastica ed eccezionale  saga su uno dei paesi più misteriosi del mondo ecc ecc.. il regista di Moulin Rouge ecc ecc..  poi vai a cinema e scopri che le cose più eccezionali sono il tempo complessivo di durata della pellicola, e il tempo in cui Hugh Jackman è senza camicia (ed è sicuramente la cosa più apprezzabile del film). E’ decisamente CONFUSO, troppo LUNGO, fa leva totalmente sul PATETICO e ed è abbastanza NOIOSO da far desiderare la fuga a tutte le persone presenti in sala. Beh forse non alla persona seduta alla mia destra, ma lei aveva capito che per passare il tempo dovevi concentrarti su Hugh Jackman in versione mandriano mezzo nudo. La cosa più bella era l’indigeno con le chiappette nude mentre si allontanava – una specie di versione umana di Rafiki-.

6) Serenity. Non lo avete visto? Non ne siate tanto sicuri. Non credo nemmeno che lo commenterò. Sono criptica? Con la mia laconicità vi ho fatto venire voglia di vederlo? Fatelo, e sentirete la mia risata malvagia, quando telepaticamente vedrò la vostra faccia orripilata.

7)Twilight. No, non ho letto il libro. No, non lo voglio leggere. No, non voglio nessuno che mi dica “Ma il libro è meglio, devi leggere il libro!” , tanto non lo farò ugualmente. Parlando del film, lo DOVEVO mettere. Per vari motivi. Uno è che questo film ha fatto conoscere a una massa di ragazzine ignoranti il “Claire de Lune” di Debussy. Potrebbe non essere una cosa negativa, penserete, ma in realtà lo è, sia perché l’hanno conosciuto come una cosa che sta dentro Twilight, sia perché nella loro testa l’avranno  messo allo stesso piano di quell’indecente pezzo della colonna sonora, Bella’s Lullaby, quello, insomma. Ma questo in realtà è un altro discorso. Twilight è ridicolo, ma non fa nemmeno ridere, dato che è immensamente lento e tragico. Lei è deprimente, neanche tanto bella da vedere, monoespressiva. Lui brilla. La sceneggiatura è stata scritta da un emo che ascolta solo My Chemical Romance, gli effetti speciali sono stati creati da mio fratello, che ha otto anni, con due fogli colorati, della colla e del glitter. I vampiri sono persone pallide e bizzarre, quindi potrebbero tranquillamente essere studenti universitari chiusi in casa per la sessione estiva di esami, se non fossero stranamente morbosi. Ho visto anche New Moon: c’era un tizio nudo.

8) La notte dei morti viventi. Non sono sicura di volerne sconsigliare la visione, dal momento che è assolutamente esilarante! La storia è questa: due tizi sono al cimitero, spunta uno zombie (al secondo minuto dall’inizio del film), uccide uno di loro, escono altri zombie, escono altri zombie, escono altri zombie, escono altri zombie, escono altri zombie… e così via. Piccolo appunto: i zombie sono zombie del ’68.. molto realistici.

9) Transformers. Il primo, il secondo, non importa. Fanno davvero schifo; non migliora la situazione la faccia da donna di malaffare di Megan Fox. ORRORE! CANI MALEDETTI!

10) Underworld. Un film che ha come tema principale la lotta tra Licantropi e Vampiri non ha bisogno di spiegazioni, né di commenti, né di essere visto.

Ne mancano ovviamente tantissimi; gli ultimi non mi venivano proprio in mente. Ne sono felice, vuol dire che la mia mente funziona bene e ne ha cancellati parecchi, ma la cosa dipende anche dal fatto che dal settimo in poi ho sentito crescere dentro di me un certo senso di responsabilità: chi era davvero degno di esserci? Perciò ribadirò il carattere casuale della lista, che non conta i film peggiori, né quelli fatti peggio, né i più noiosi, né i più squallidi, ma cattivi film nell’ordine in cui la mia memoria ha voluto richiamarli. Semplicemente vi dico che vederli è tempo buttato. E infatti il solo pensare di averne gettato tanto mi fa riflettere: PERCHE’ DIAVOLO HO VISTO QUESTI FILM, quando avevo già la consapevolezza della loro bruttezza?? Cioè perché vedere tutti i film di Moccia, e New Moon e il secondo Trasformers? Sono giunta alla conclusione di essere masochista.

Detto questo, ce ne sono alcuni che non ho inserito nella lista per varie ragioni:

I “Natale in vari posti” , perché si sa che sono volgari, triviali, osceni.

I film di Alvaro Vitali, tipo Pierino e compagnia, i film con Lino Banfi tipo “La soldatessa alle grandi manovre” , perché spero che nessuno possa mai pensare che siano degni di essere visti. Per citare un grande uomo, sono “pecorecci” .

“High school musical” e altre stupide produzioni della Disney, perché la Disney mi ha tradita, e questa cosa  mi fa piangere.

“Star Wars Holiday Special” e “Jesus Christ vampire hunter”, perché non sono veri film.

Vari ed eventuali film triviali e malfatti, commedie che non fanno ridere,  horror  turpi,  splatter, filmetti per teenager decerebrate….

Chi fa da sé fa per tre, ma voi non ne avete la possibilità

postato il 2 Gen 2011 in Main thread
da VaMina

Auguri di buon anno a tutti gli autori e al nostro unico lettore! …E questa è fatta. Riguardo al blog, devo scegliere l’argomento, e per di più il primo giorno dell’anno…tutto il peso sulle spalle della povera Vamina, che non ha dormito e sospetta di essere diventata dislessica o improvvisamente analfabeta perché davvero non sa più come scrivere  o rileggere. Siate pietosi, insomma. Che il Dio dell’Insonnia mi assista quando dico che se non l’avessi pensato prima non avrei potuto partorire niente entro oggi, testimone il fatto che ho passato la giornata a guardare i cartoni in stato catatonico. Ma credo che vogliate sapere la novità: ebbene, l’argomento di queste due settimane è che non esiste un tema su cui dobbiate scrivere. Esatto, il tema è libero, miei perspicaci amici, solo che siete obbligati a non scrivere da soli nella vostra triste stanza. Questi sono i giorni della collaborazione! Mi spiegherò: ogni autore deve sceglierne un altro per scrivere a quattro mani un post su di un argomento deciso insieme. In sostanza è questo.

Ovviamente, i due autori devono scegliere qualcosa che li unisca, o che li divida, insomma, di cui entrambi possano parlare. Si deve vedere l’apporto delle loro menti tutte. Se io e il mio compagno facciamo un post sulla meccanica quantistica o sul valore delle installazioni luminose nell’arte moderna, risulta assolutamente evidente che io, durante il periodo di gestazione, stessi in un angolo a grattarmi la pancia o a guardare l’altro con aria sconvolta. E questa è l’unica cosa importante. La forma (dialogo, non dialogo, sticomitia, blabla, ecc) sarà anch’essa frutto di una discussione tra i due individui. Insomma, molto libero.

Se il numero delle persone che vogliono postare risulterà dispari si troverà una soluzione, per non lasciare nessuno da solo.

Azazello ha reso possibile pubblicare dei post in più persone.

Ho scritto dopo la mezzanotte perchè una partita a Monopoli mi ha impegnata tantissimo.

Spero che questa iniziativa sia di vostro gradimento. Se è così, che la caccia al compagno inizi! (Se non è così nessuno avrà voglia di farlo e la mia frase sembrerà più stupida)

Le liste di Vamina: 10 Cose da fare prima dei 25 anni

postato il 12 Dic 2010 in Cazzi e mazzi personali
da VaMina

Prologo: Vamina ha sempre tenuto dei diari, e dall’inizio della sua adolescenza questi hanno sempre contenuto delle liste di vario tipo. Alcuni diranno, non è molto innovativo e originale, Vamina. Lei risponde, chi ve lo dice che debba essere innovativa nelle mie cose proprie. Loro replicheranno, ma che ci importa di queste scemenze. Vamina dice, io posso pubblicare ciò che scrivo qui e vi dico questo e metterò questa lista. Vamina vi dice, non era necessario fare questo prologo, ma l’ho fatto lo stesso. Ragazzo di Vamina dice, sembra che Vamina abbia copiato “Vieni via con me” , per il fatto degli elenchi. E  Vamina purtroppo nemmeno lo ha visto, e non ha capito questa obiezione. Lei ha copiato da altre mille cose. Vamina non parla sempre in terza persona.

DIECI COSE DA FARE PRIMA DEI VENTICINQUE ANNI

1. Leggere “Alla ricerca del tempo perduto” di Proust

2. Lavorare a Disneyland come principessa Disney

3. Fare colazione da Tiffany

4. Imparare a ballare la Ka Mate

5. Fare il bagno nello champagne

6. Andare alla stazione e fare come in “Amici miei”

7. Mangiare e bere per un giorno solo cose verdi

8.  Andare in mongolfiera

9. Farmi chiudere in un luogo pubblico di notte

10. Montare un mobile Ikea, che possibilmente abbia un nome tipo Krogstad, o simili.

Würstel: non si può vivere con loro, non si può vivere senza di loro.

postato il 2 Dic 2010 in Main thread
da VaMina

Buongiorno. Oppure Buonasera? Insomma, guardate dalla finestra e scegliete tra le due opzioni. Quando ho letto l’argomento di questo periodo,in un primo momento ho pensato: “Nix ha aperto la porta a qualsiasi perversione sessuale volesse entrare in questo blog”. Poi ho pensato: “Parlerò di perversioni sessuali? MAI!”. E dato che la mia mente è infaticabile, ho pensato ancora: “Cosa scriverò? Cercherò l’ispirazione!! “. Quindi, niente affatto scoraggiata dalla questione del dover cercare ispirazione su un alimento tanto poco ispirante, ho fatto la prima cosa che fa una persona in cerca di ispirazione.

Il lettore ipotetico si chiederà cosa. Ovviamente ho scritto “wrustel” su Google, e..papparapààà! Ecco che la prima pagina si è riempita di risultati appartenenti a Yahoo Answers, meglio conosciuto come il Nuovo Oracolo di Delfi, la Nuova Sibilla Cumana, il Nuovo Socrate (ti esti wurstel?), eccetera eccetera. “Perfetto” ho pensato (HO PENSATO UN SACCO), e però mi sono allora accorta di aver scritto male questa musicalissima parola che è wurstel, e l’ho corretta. A quel punto risultati sono spariti tutti e ho dovuto riscriverla nel modo sbagliato. La fine della storia è che ho letto ciò che avevo trovato , e si è aperto un mondo davanti a me! Ecco le domande più pressanti e le questioni più spinose e i dilemmi più importanti che i wurstel possono sollevare:

Come mai si chiamano würstel?

Non potevano scegliere qualcosa di più semplice da pronunciare?

Credo che faranno un concilio apposito, per questo.

Se a il mio cucciolo do SALUMI e Wrustel possono fargli male ?

Siccome croccantini non ne mangia quindi per farglieli mangiare aggiungo un pezzo di prosciutto o wrustel possono fargli male ?

Io non lo farei. Cioè metti che DAVVERO lì dentro non c’è maiale… correresti il rischio di…? Questa bestia probabilmente mangerebbe rifiuti, in altri contesti.

Alimentazione gatto- il wurstel?

bene, i gattini se ne sono andati da soli, ma sono rimasti nei pressi del giardino al riparo, anche perchè qui piove. Ho dato a uno dei due ( il + grande e meno impaurito) un wurstel affumicato e lui lo ha mangiato. Ho fatto bene ? Non sarà mica pericoloso ? Non so dare un’età, ma non è piccolo, quindi dovrebbe digerirlo senza prbolemi.

Basta, ma a nessuno di voi viene in mente di meglio per i vostri santi animali???

 

Fin qui nulla di particolarmente sconvolgente.

Poi c’è questo:

Wurstel al cioccolato nello spazio?

amici il mio amico pasquale NA VOT lui e nu cumbagn suo ha sentito una notizia al telegiornale che ci sarà a breve una pioggia di wurstel ricoperti al cioccolato di origine aliena e potrebbero mandare a monte la festa di paese… Secondo voi c’è un modo per evitare la catastrofe? AIUTATEMI!! ho paura

 

E questo:

I WRUSTEL POLLO E TACCHINO FANNO INGROSSARE?

Ciao a tutti, volevo sapere se i wrustel pollo e tacchino fanno ingrossare…il pacco da 3 k si compra tipo nei super market..mi sembra k sn della woody…, xkè nn vorrei k fanno male visto k io li mangio..ciao a tutti

 “visto che io li mangio”… COSA VOLEVI FARCI , BELLO DI ZIA? Paura.

 

Qui non è tanto la domanda che è sconvolgente, ma la risposta:

Quante calorie ha un saltimbocca wrustel e patatine fritte?

Miglior risposta – Scelta dai votanti

Wouh! ma che ricetta è questa? Troppe, troppe, poi c’è la doppia associazione proteica di carne e wurstel, te la sconsiglio, se la mangi una volta al mese ancora ancora ma tutte le settimane, non va tanto bene!

..Cosa diavolo è LA DOPPIA ASSOCIAZIONE PROTEICA DI CARNE E WURSTEL? (E chi ti ha detto che questa povera ragazza se lo vuole mangiare tutte le settimane?)

 

Passiamo proprio alle cose serie.

Primo dilemma :

Compagno di classe che puzza di wrustel?

c’è un mio compagno di classe che non si sa xke puzza di wrustel o spek! è un mistero xke nn sembra sporco cioe i capelli celi ha puliti e poi sembra pulito! è un mistero boh… aiutatemi!

(Io sono morta dopo aver letto questa cosa XD. E sono morta anche adesso rileggendolo! Non lo farò mai più.)

 

Secondo dilemma:

Come si preparano gli wurstel?

Scusate sono alle prime armi e volevo farmi uno wurstel(il weberone quello grande)… thanks e sbrigatevi che c’ho fame XD

Ma questa persona vive da sola?

Da questa accurata ricerca appare nella sua immediatezza che questo piccolo salsicciotto causa dei problemi seri alle nuove generazioni. Dovremmo restare indifferenti? Oppure bisogna mobilitarsi e trovare una soluzione? Il problema resta aperto e pone non poche difficoltà e perplessità.

Da parte mia, io vi lascio con l’ultimo dilemma, un dilemma esistenziale, da non sottovalutare.

Xche il panino con il wrustel si chiama hot dog???

rispondete a questa domanda esistenziale x favore!!

 

Così parlò Yahoo Answers.

Capitolo III: Non fare troppe domande se sai che non ti piaceranno le risposte

postato il 22 Nov 2010 in Giocoaperitivo
da VaMina

Andrea udì a stento le  parole pronunciate dalla vecchia: il dolore si era fatto insostenibile, e lo costrinse in ginocchio. L’ultima cosa che sentì prima di svenire fu una risata disumana, sdentata, e poi fu nel mondo dell’incoscienza. Smetteremo quindi per un attimo di occuparci di lui e osserveremo la scena circostante. I marinai reclutati da poco, abbastanza scossi, fissavano il buco al centro del ponte, che di nuovo vorticò, e videro sostituirsi alle navi altre immagini, altri cieli, altre persone, finché non si dovettero allontanare, spinti dall’impulso a vomitare. I lupi di mare, fedeli alla vecchia, evidentemente abituati a uno spettacolo simile, si erano voltati a guardare il cielo, che anziché rossastro come in precedenza era pallido, e sgombro, come invece non si poteva dire fosse prima. Rassicurati da questa visione, berciando e intonando canzoni piratesche, tornarono alle loro precedenti occupazioni. La vecchia, dopo aver cessato la sua sguaiata risata, aveva ordinato a Maria di trascinare senza troppi complimenti Andrea nella sala grande della nave, ed era tornata al timone. Maria aveva punto eseguito gli ordini, e aveva gettato Andrea su una branda che si trovava nell’enorme sala rivestita di legno. Ed è qui che ritroviamo il nostro eroe, poco tempo dopo. Lo svegliò un odore penetrante, che la sua vista appannata associò a dei sali alla lavanda, racchiusi in un sacchetto cencioso. Questa fu la prima cosa che vide, e non ci stupisce, perchè il sacchetto era proprio davanti alla sua faccia. Aldilà dei sali vide l’energumeno Maria, intento ad allacciargli una cintura dalla quale penzolavano coltelli, pistole e diverse armi che sembravano difficili da maneggiare. Oltre il suo corpo spesso, vide la giovane accompagnatrice della vecchia mentre cercava qualcosa in un baule dall’aspetto in tutto e per tutto simile ai forzieri dei film pirateschi per bambini. Avendo sentito la voce di Andrea biascicare qualcosa del tipo

«Cosa succede buco perchè armi non mi toccare»

Lei si girò, e avvicinandosi alla branda sorrise in modo incerto, porgendo una bottiglia lunga e stretta al nostro malcapitato, il quale, giustamente spaventato da bevande e cibo, afflitto da un gran mal di testa e con gli arti diventati più pesanti di parecchio, riuscì a mormorare:

«Cos’è? Non voglio altre schifezze pellicano vomitare riso dolore»

La ragazza rise.

«E’ solo rum» disse «Ti farà solo stare bene, e non ti farà parlare più così»

La sua voce, forse perchè quasi da bambina, forse perchè inedita, forse perchè l’unica amichevole sentita finora, fece svegliare definitivamente Andrea, e lo mise in condizione di reagire. Prese la bottiglia e ci si attaccò voracemente, fino a quando Maria non gliela strappò di mano. Il nostro si lamentò, ma ricevette dall’omone un secco

«Ora basta, tra poco dovrai combattere, abbiamo solo guadagnato tempo»

e alla donna disse

«Anja, spiegaglielo tu, io vado di sopra»

Quindi si allontanò, facendo tremare e scricchiolare le assi di legno della stanza e poi delle scale.

Andrea era sempre più confuso, i suoi arti erano sempre più gravosi, ma la curiosità per la sua interlocutrice lo mise sull’attenti.

«Ti chiami Anja? Che vuol dire che abbiamo guadagnato tempo? Cosa diavolo era quel coso?»

Lei lo guardò con una strana espressione, prese una sedia, la trascinò attraverso la stanza e si sedette al suo fianco, poi, dopo un lungo sospiro, parlò.

«Sì» annuì «mi chiamo Anja. Abbiamo guadagnato tempo perchè abbiamo fatto un piccolo salto temporale. Solo di poche ore. Ma se ne accorgeranno, e verranno altre navi, dovremo affrontarle, per questo sei armato. Per “coso” credo che tu intenda il vortice. Non posso dirti molto, ma contiene i momenti futuri e passati, e il nostro mondo e gli altri mondi, compreso il tuo»

«Questo vuol dire che mi trovo in un altro stupido mondo?» gridò Andrea «che voi eravate strani l’avevo capito, ma che diavolo è? E che vuol dire che ci sono i momenti lì dentro? Potete saltare da un momento all’altro come vi pare e piace?»

«Per prima cosa calmati, altrimenti non ti dirò più nulla. No, non lo possiamo fare. Lo può fare solo Zeugma, la mia padrona, e solo al crepuscolo. E’ il momento in cui puoi scatenare tali poteri, e sì, certo che siamo in un altro mondo, ti aspettavi che il Granchio Volante potesse sorvolare casa tua senza che nessuno se ne accorgesse? Certo che sei scemo»

In quel momento un fragore sconquassò il sopracitato Granchio Volante (questo il nome del nostro vascello).

«Ci hanno trovati» disse Anja «sei pronto a combattere?»

«Aspetta, cosa c’era nel cibo? Devi dirmelo»

«Un siero di verità, ma agirà tra un bel po’»

«Ma io non so nulla, l’ho già detto!»

«Lo ricorderai, ora andiamo!»

Lo afferrò con una forza che lo sorprese, dato il suo aspetto esile, e cominciò a portarlo sulla scala. Quando furono fuori, videro ciò che stava accadendo.

Erano di nuovo circondati da navi dai palloni argentati, dalle quali però adesso spuntavano le bocche di innumerevoli cannoni. Era iniziato l’attacco. E sulla nostra nave, imperversavano gli ordini della vecchia  Zeugma. Il Granchio Volante fu all’improvviso irto di sottili cannoni, sconvolto da persone armate o che trasportavano barili di polvere da sparo e di rum o che portavano sottili ponti uncinati, fitti di chiodi. Andrea non ebbe neanche il tempo di rendersi conto della situazione, che la battaglia era già in pieno svolgimento, e lui  era stato  coinvolto in quel caos. Alcuni dei colpi di cannone avevano provocato delle falle nella nave, e un colpo particolarmente fortunato aveva danneggiato uno dei palloni pieni di gas che la sorreggevano. L’intraprendente Granchio, da parte sua, si difendeva più che bene, considerando  che era uno contro parecchie navi. Infatti i suoi cannoni non erano rimasti per nulla inattivi, e Zeugma con un abile colpo di timone era riuscita ad avvicinarsi ad uno dei velieri, permettendo all’equipaggio di gettare uno dei ponti chiodati sulle tavole di legno della prua della nemica, trasformando una battaglia aereo-navale in una parziale battaglia di terra. Qui i marinai nerboruti della vecchia stavano avendo la meglio, essendo avvantaggiati nella sfida corpo a corpo. Ma abbiamo parlato della prua di un solo veliero, e gli altri accerchiavano minacciosi la nave già provata. Da questa vennero gettati ancora altri ponti, alcuni ebbero successo, altri caddero nel vuoto, con conseguenze, possiamo immaginare, disastrose per il mondo sottostante, ma di cui non ci occuperemo. Andrea si era trovato ad attraversare uno dei ponti urlando e agitando le armi come i compagni, decisamente eccitato dalla prospettiva della battaglia, che tanto gli ricordava quelle partorite dalla sua mente, e si gettava sui nemici, stupito delle sue stesse azioni.

Tuttavia, nonostante le parziali vittorie, lo scompenso era troppo grande, e nel complesso i nostri eroi stavano avendo la peggio. Il  Granchio Volante cercava di battere in ritirata quando arrivarono. Il cielo ancora si oscurò e da un coagulo di nubi temporalesche uscirono sfrecciando alcune navi sulle quali svettava la bandiera dei pirati, e anche fornite di pirati in piena regola, anche questi urlanti e agitanti coltelli e pistole.

Le navi pirata accerchiarono quelle dello stato, che dovettero affrontare una situazione completamente ribaltata. I ponti furono ritirati e crebbe il fuoco. Dopo alcuni tentativi di rispondere ai colpi, quando le loro golette cominciarono a subire troppe perdite, gli uomini di legge furono costretti a fuggire.

A questo  punto i vincitori, bevendo, cantando e sbraitando, fecero rotta verso il porto più vicino, dove quella settimana si teneva il Mercato di Sopra.

Sulle navi ci fu ancora del movimento per attraccare le navi ai moli, funi gettate, passerelle calate, e poi in poco tempo furono tutti sulla terraferma.

Andrea camminava spaesato in mezzo alla ciurma, e ogni tanto era interrotto nei suoi pensieri da sonore e dolorose pacche sulle spalle che gli venivano appioppate dai marinai , come complimento per il virile coraggio dimostrato durante la battaglia, e che lui accettava passivamente ma di buon grado, sentendosi accettato. Il mercato era enorme e lo spiazzava,  con gli occhi cercava Anja, l’unica che forse potesse chiarirgli la natura di questo strano luogo. Vedeva lunghi banchi dove gente di ogni forma e  colore vendeva e comprava, strillando e contrattando, ogni tipo di merce, uccelli vivi, lunghe spade, carne essiccata di qualsiasi tipo, enormi assi di legno, bombole di gas, libri grandi come sedie, nocciole e pinoli e altri generi di conforto, strane torce che galleggiavano nell’aria. Mentre vagava con la testa che si muoveva, pensava, in modo indipendente, da destra a sinistra e dall’alto verso il basso e viceversa, guardando ad occhi spalancati, sbattè contro un ostacolo. Un ostacolo parlante.

«Cosa stai facendo, sciocco?» gridò Zeugma «non stare da solo, che poi ti perdi e ti dobbiamo cercare e ci dai solo altre rogne!»

«Ma dove siamo? Che ci facciamo qui?» chiese il ragazzo, confuso, ma quasi contento di vedere una faccia conosciuta, fosse pur quella, in mezzo a tale bolgia.

«Questo è il Mercato di Sopra, il mercato sospeso. Dobbiamo sostituire le parti danneggiate della nave, e io devo comprare un paio di cosette» rispose la vecchia, con un sorriso inquietante. Ma Andrea era ancora sconcertato.

«A proposito della battaglia, contro chi abbiamo combattuto? E chi erano quegli altri?»

«Ci siamo scontrati con gli uomini dell’ammiraglio» rise «una vecchia questione per la colonizzazione dei cieli. I nostri erano contrabbandieri. E ora vai, fermati da qualche parte, trova qualcuno, io ho da fare. Non comprare niente». Se ne andò correndo e spingendo, lasciando Andrea sballottato dalle mille persone che erano al mercato, travolto da mille pensieri.

Eccone alcuni: lui non aveva soldi per comprare niente, non vedeva più nessuno di conosciuto, sapeva di aver mangiato una cosa che avrebbe dovuto fargli confessare una verità di cui non aveva idea, aveva appena lottato rischiando la vita, e tutto quello che potevano dirgli è che erano gli “uomini dell’ammiraglio”. L’esaltazione era ormai lontana, e restava solo il suo malumore. Continuò a trascinarsi tra la gente cercando un gradino, un qualcosa per sedersi. Non trovò nulla di simile, sempre che non sia simile a qualcosa dove sedersi un angolo sporco, che aveva come unica caratteristica quella di non essere calpestato da nessuno. Ma ormai era diventato poco schizzinoso, e si buttò a terra senza pensarci troppo. Dopo quelle che gli sembrarono ore qualcuno si chinò su di lui. Era un uomo sporco, con un mantello di un colore incerto tra il marrone, il nero e il rosso sangue, dal volto olivastro e gli occhi scintillanti.

«Io lo so cosa vuoi sapere. Tu vuoi sapere la Verità» sibilò, e il suo alito sapeva di stantio.

«Io te la posso dire» continuò alzando un poco la voce, che tuttavia era ancora un mormorio «io ti rivelerò il Verbo». Si chinò ancora di più, avvicinandosi al suo orecchio…

«Vattene, schifoso, lascialo stare» comandò la voce infantile di Anja, che mal si sposava con una parola come “schifoso”. L’uomo sporco fu spinto via dalle mani di Maria, mani così grandi da non sembrare appartenenti ad un essere umano.

«Aveva ragione Zeugma, non ti sai gestire da solo» disse la ragazza, e lo aiutò ad alzarsi.

«Ora dobbiamo andare, tra poco il siero farà effetto, e dovrai essere sulla nave»

«Senti…» le disse Andrea a mezza voce, per non farsi sentire da Maria. Ma lei lo bloccò.

«Maria, lasciaci un attimo soli» Quello obbedì, scostandosi di un poco, ma non abbastanza da non riuscire a vederli.

«So quello che vuoi chiedermi. Per prima cosa, quello era solo un pazzo, non ti avrebbe detto quello che ti interessa. Poi, Zeugma rivuole solo la sua giovinezza. Da molto tempo. E la sua collana, quella con la fiala. Non è cattiva. Non proprio almeno»

Girò la testa dallo sguardo implorante che le veniva rivolto, e chiamò: «Maria, portaci a bordo»

Quello annuì, e li abbracciò, se così si può dire, per tenerli lontani dalla folla. Andrea quasi lacrimava per il fetore delle sue ascelle, ma il gigante non li mollò, e in questa bizzara posizione raggiunsero la nave. Giunti a poppa Maria lasciò Anja, ma non l’altro passeggero, che scortò personalmente fino alla ormai familiare sala del lampadario. Qui lo aspettava la vecchia, che teneva in mano una lanterna ricurva e sinuosa.

«Il siero avrà fatto effetto» ridacchiò Zeugma, e indicò a Maria una sedia, su cui lui spinse l’inconsapevole. L’anziana donna poi chiuse la porta a chiave, e ritornata presso il tavolo, puntò la luce verso Andrea.

«Ora ci dirai tutto, bastardo»

*  *  *

Ora, un paio di parole. Vi accorgerete del fatto che ho messo un bel po’ di cose in mezzo, e ho paura di non essere stata chiara ed esplicativa (i miei professori al liceo mi abbassavano sempre i voti dicendo che ero schematica, io sono sicura sia un difetto e  ho provato a risolvere la cosa un paio di volte, poi ho lasciato in pace le cose che scrivevo). Se il prossimo a continuare ha dei dubbi, può dirmelo, e io glieli chiarirò di buon grado. Spero anche che qualcuno VOGLIA continuarlo, nonostante io l’abbia messo in una difficile situazione! Ah, Azazello all’inizio ha scritto di non voler scadere in un ricettacolo di assurdo. Temo un po’ di averlo fatto io, ma indietro non si torna!

Azazello, se vuoi cambiare i trattini per la continuità letteraria puoi farlo, ovviamente non puoi cambiare altro :D

Penso di aver detto tutto.

Adesso, ciò che vi serve:

Argomenti:

Il tempo

Il passato

I mondi

Per veri arditi – parole e digressioni

Fiore

Bottiglia

Scarpa

Tortura

Rissa

Per gli eroi definitivi (anche io lo sconsiglio, se deve inficiare la validità del racconto):

Scrivere tutto in prosa assonanzata (so che non è una tecnica molto approfondita, scusate)

Scrivere tutto in ottonari

Se sei depresso e tu lo sai mangia cacao!

postato il 31 Ott 2010 in Main thread
da VaMina

“Oh, perché sono così poco attraente? Perché? Mi trova orribile persino un uomo che porta calzini a pois gialli. Odio l’anno nuovo. Odio tutti. Tranne Daniel Cleaver. Comunque, sul tavolino da toilette ho una tavoletta di cioccolato al latte grande come un vassoio avanzata da Natale, e anche due mignon di gin and tonic. Farò fuori il tutto, e poi mi fumerò una cicca.”

“Diavolo. Non riesco ad affrontare il pensiero di andare al lavoro. L’unica cosa che me lo rende tollerabile è l’idea di rivedere Daniel, ma sarebbe meglio non vederlo perché sono grassa, ho un foruncolo sul mento e ho voglia solo di stare seduta sul divano a mangiare cioccolato e a guardare i programmi natalizi.”

Questi sono due pezzi tratti dalle primissime pagine de “Il Diario di Bridget Jones”, libro che, assolutamente sì, ho letto troppe volte, e che però mi ha dato l’ispirazione. Il cioccolato  è da tempo associato alla depressione. Ma solo delle donne. Quindi.. zan zaan… il cioccolato è associato, per un duraturo e tenace stereotipo, alle donne! Che conclusione arguta!  Ma continuiamo. In libri, film e spessissimo telefilm, il cioccolato è l’alimento per eccellenza delle donne che soffrono per amore (anche il gelato, ma dato che le mie fonti non mi confermano che si parli di gelato al cioccolato, non ne parlerò, altrimenti rischierei di andare fuori tema e contraddirmi in modo controproducente), e spesso stanno sole, in pigiama, a piangersi addosso, e mangiano cioccolato. Bridget Jones, che è un po’ il prototipo della donna insicura, lo fa già due volte nelle prime quattro pagine nel libro, e scommetto che un sacco di lettrici si siano immedesimate. Ma perché proprio il cioccolato? Beh ok è buono, ma cosa lo rende l’alimento della tristezza e soprattutto il simbolo definitivo del cosa-non-si-deve-assolutamente-toccare-quando-sei-a-dieta-per-nessuna-ragione? Pur essendo molto calorico, non è il solo: non è che se mangi un sacco di patatine fritte ingrassi di meno, ma nonostante la frittura si eviti nelle diete, non ha lo stesso valore terroristico del cioccolato. Il cioccolato “ti va sui fianchi” ed è una cosa che al massimo ti puoi concedere se il tuo ragazzo ti lascia per un uomo e tu trovi nel suo cassetto vari giocattoli sessuali e un completino da Babbo Natale sexy. Nelle mie “fonti”, che sono quelle citate sopra, le donne non mangiano mai cioccolato perché è buono. Se non sono estremamente depresse non lo mangiano affatto. E comunque diciamoci la verità, è l’esempio che condiziona, come se ci dessero l’idea che sia quello, mangiare cioccolata, quello che devi fare se stai una merda; per quanto ti possa tirare su mangiare cioccolata (e non lo fa a lungo perché poi pensi di essere grassa), non c’è nessun motivo per cui sia un simbolo, ma lo è.

Le pubblicità simil-san-valentino ci suggeriscono che il cioccolato viene anche regalato alle donne dai loro uomini come simbolo d’amore, e sono sempre cioccolatini, ma loro ne mangiano solo uno (in genere lo mordono e basta, chissà che non lo vadano a sputare nel lavandino), sia perché sono troppo occupate a tirarsi a letto lo stallone che glieli ha portati, sia perché secondo me se si mangiassero tutta la scatola non se lo porterebbero proprio a letto. Probabilmente li finiranno quando lo stallone in questione le lascerà. Che mondo crudele.

Quindi ragazzi non cedete a questo stereotipo! Che le donne  depresse non mangino solo cioccolato!

(E ricordate che a me piace con le nocciole, sia fondente che al latte, e chi me ne porterà una volta finita la mia attuale relazione sarà lautamente ricompensato. E ne voglio a chili.)

 

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