Segni di pace

postato il 8 Gen 2013 in Cazzi e mazzi personali
da Vobby

In natura come in civiltà, la velocità è strumeto di offesa e difesa.
L’evoluzione ha prodotto predatori sempre più specializzati nell’eseguire rapidissimi scatti e agguati, o capaci di estenuanti inseguimenti, tali di sfiancare la più caparbia delle prede. Allo stesso modo queste ultime, le vittime designate di leoni e lupi d’ogni genere, hanno preso a correre sempre più in fretta per conquistarsi il loro diritto all’esistenza.
La proverbiale prova di forza cui le specie sono continuamente sottoposte assume sempre più spesso, nel corso delle ere, le sembianze di una fatale gara di velocità.
Specularmente, gli stati e gli imperi militari si fronteggiano misurando le loro possibilità d’offesa in termini di rapidità d’attacco e contrattacco.
Dalla rapidità di manovra che decretava le vittorie dei legionari si è passati alla travolgente carica di cavalleria, all’inarrestabile volo del proiettile, alla Blitzkrieg, alla first strike capability, ai caccia supersonici.
Che tu sia predatore o preda, invasore o invaso, dalla rapidità dei tuoi colpi e dalla reattività delle tue difese dipenderà la tua sopravvivenza.
Esiste tuttavia una creatura che osa sfidare l’ineluttabile destino della velocità. Non le chiocciola, animale ancestrale e inevoluto, residuo di epoca in cui il falco e il ghepardo erano ancora di là da venire.
Niente di tutto questo; esiste oggi un animale che ha scelto di sottrarsi alla tirannia della corsa, evolvendo il suo corpo e le sue abitudini in una direzione radicalmente ostinata e contraria.
Questo glorioso pigrone non ha certo guadagnato la sua vita fuggendo più velocemente di altre prede, no, tutt’altro, egli si è completamente sottratto alla tenzone stessa, allontanandosi il più possibile dal terreno di gara, difendendosi dai predatori semplicemente vivendo il più possibile lontano da essi, opponendo loro, se proprio necessario, una resistenza esclusivamente passiva.
Scegliere la pace significia scegliere la lentezza, e viceversa. Questo è il sentiero del bradipo.
Più del pacifismo nella società, che solo a fatica riesce ad andare oltre la testimonianza della possibilità di scelte diverse, e che pur sempre si misura in contese all’interno dell’agone politico, il bradipo, nella natura, esprime il successo della pratica della quiete, della serenità e della placidità.
In occasione del nuovo anno, scambiamoci bradipi di pace.

Che ruota di trasferta..

postato il 4 Dic 2012 in Cazzi e mazzi personali, Il rubricone musicone rotolone
da Bread

[In questi giorni riascoltando a caso i chillers e i uait lais ripensavo agli ultimi concerti che sono andato a vedere fuori e mi è venuta voglia di radunare due o tre persone a caso per prendere il primo treno per un concerto qualsiasi in un qualsiasi posto. Questo post sono una serie di banalità che mi sono venute in mente ma volevo scriverle lo stesso..]

 

Io sono sempre stato una di quelle persone che si lamentano del fatto che a Napoli non viene mai nessuno a suonare. Mai nessuno a parte gruppi italiani (che comunque scendono abbastanza raramente se non sono di Napoli) o vecchi mostri che vengono a farsi un giro a fine carriera quando ormai non ce la fanno più. Me ne lamento e penso: “ma che cazzo perché quei maledetti milanesi devono avere concerti sotto casa ogni settimana e io invece devo farmi un viaggio interminabile?!”

 

Poi però realizzo che a me quel viaggio interminabile piace, forse anche più del concerto stesso. Alzarsi presto per arrivare alla stazione con lo zaino pieno di bottiglie avvolte nel giornale, mangiare per due giorni i panini gusto colla del McDonalds perché costano poco e già il viaggio ed il concerto ti hanno svuotato le tasche; perdersi in macchina in mezzo a posti del cazzo, aspettare il pullman al freddo per tornare dal concerto che è stato spostato in un luogo improbabile all’ultimo momento, sono tutti aspetti che in realtà mi piacciono davvero. Poi ci sono anche le sorprese inaspettate, tipo scoprire che la camera d’albergo che hai pagato un prezzo tutto sommato basso in realtà è una suite, o che ci sono i cani all’ingresso del concerto proprio quando non hai portato una certa cosa; scoprire che la location del concerto è un castello fighissimo o uno stadio enorme, e che ci sono fuochi e luci che avresti difficilmente visto al Palapartenope. Senza contare il fatto che poi puoi atteggiarti dicendo “io sono andato a vedere i pinomauri fino a [inserire posto lontano]” e far rosicare un discreto numero di persone che invece non ci è andata.

 

Ciò detto, se ogni tanto qualcuno venisse a Napoli io potrei vedere il doppio dei concerti spendendo la metà e sarei contento; però se vivessi in un posto in cui posso vedere più o meno tutti i gruppi che ascolto perché prima o poi ci passano mi perderei il gusto della trasferta. Quindi tutto sommato il maledetto milanese medio che va a sentire mezzo mondo sotto casa sua non lo odio così tanto, perché io vado a vedere più posti alla facciaccia sua!

Non so se ti ricordi…

postato il 26 Nov 2012 in Cazzi e mazzi personali
da Azazello

[Ricordare è una responsabilità. Ricordare qualsiasi cosa: la Storia e le storie sono il manuale di istruzioni per la società del futuro. Ciascuno contribuisce all’intreccio di vite che dà forma al mondo in maniera unica ed equivalente: come già ho detto un atto di cortesia buttato lì o un gesto d’affetto possono cambiare la giornata di qualcuno e questo può avere le ripercussioni più bizzarre. Ricordare è importante, quindi, anche se si tratta solo di ricordare un sorriso.]

 

 

Siamo qui riuniti per ricordare la nostra…

Ho ricordi frammentati di Tiziana. Non si può dire che occupi un posto quotidiano nella mia memoria, anzi, ho passato gli ultimi anni completamente dimentico della sua esistenza, eccezion fatta per quando, un paio di settimane fa, mi sono domandato che fine avesse fatto. Fotografie in cui tutto è più grande, più lontano, più difficile, scattate dalla retina di un bambino di neanche dodici anni.

…addormentata nella luce del Signore…

Ricordi frammentati. Un viso nascosto dagli occhiali da sole più larghi che avessi mai visto. Una chioma scura illuminata dalla luce di un primissimo pomeriggio estivo. La fretta durante un’attesa interminabile di fronte al portone di casa di un mio amico. La conversazione di una mattina di luglio sotto la mia scrivania, una tavola di legno con tutte le ammaccature possibili. I commenti (non proprio lusinghieri) dei miei amici sul suo fondoschiena.

…il Signore sia con voi…

Il dubbio che non fosse scortese stare tutto il tempo a parlare coi miei amici sulla via di casa. Il conforto nel sentirmi dire che sarei stato perdonato dall’amico che avevo trattato male. Una strana, ma più probabilmente normalissima, conversazione sulla musica di cui non ricordo l’inizio, la fine, né l’argomento. La notizia dell’acquisto di una macchina, quella di mia nonna. Una telefonata di auguri.

…benedetto sei tu, Signore…

Ricordi frammentati. Che c’entrano con tutte queste persone? Che diritto ho di stare qui? Non so nemmeno quanti anni ha adesso. Aveva. Qualche giorno fa. Non so nemmeno se era sposata, fidanzata… non so nemmeno che tipo fosse. Che ci faccio qui? Sono all’altezza del dolore di tutte queste persone? Delle loro lacrime? Il mio dolore è all’altezza? Il mio stupore. Diciamo la mia incredulità. I miei ricordi sono all’altezza?

…versato per voi e per voi tutti….

La mia indignazione lo è. Era giovane, nessuno merita di morire così presto. Nessuno merita di morire di cancro. Nessuno.

…come noi li rimettiamo ai nostri debitori…

Disagio. Colpa. Non è abbastanza. Sono fuori posto qui, sono un intruso. Devo andarmene.

…andate in pace.

Rendiamo grazie a Dio.

 

Folla. Movimenti. Sospiri. Principi di un vociare sussurrato.

Un anziano signore, traballante, con un discorso.

 

…quando ci preparavamo per un’udienza…

Ho imparato più su Tiziana in questi cinque minuti che da tutto ciò di cui ho memoria. L’immagine di lei al lavoro in uno studio che non ho mai visto e che immagino cosparso di mobili antichi in legno scuro, una stanza non troppo piccola, piena di libri. Tarda sera, una ragazza con gli occhiali scuri e la chioma bruna illuminata dal sole pomeridiano (paradossale) appoggiata su un braccio alla scrivania disordinata, tra carte e volumi, intenta a leggere e parlottare con un signore anziano seduto di fronte, su una grossa sedia nera di pelle imbottita. Conversazioni amene con colleghi dall’aspetto definito, ma del tutto casuale. Un gesto di affetto. Una risata.

…una creatura dalla semplicità straordinaria…

Questo me lo ricordo. Una persona semplice. Dolce. Mi piaceva, Tiziana. Ci sapeva fare coi bambini, ci sapeva fare con me. Questo me lo ricordo. Un frammento. Ho imparato qualcosa dalle parole di quest’uomo.

…dovete essere fieri…

Ho ricordi frammentati di Tiziana. Io. Voi non la conoscete con i miei occhi di bambino, ma è un bel ricordo, ne vale la pena. Un’attesa interminabile, una conversazione estiva, il sole, gli occhiali, i jeans, una figura rassicurante mentre parlate coi gli amici, una telefonata di auguri. Ci sapeva fare con me. Ci sapeva fare con voi.

…non mi applaudite. Solo un momento per ricordare intensamente Tiziana.

Sì. Solo un momento. Solo un frammento. Gli occhiali da sole. Sotto, un sorriso.

A loaf that attempts to twist its own fate

postato il 19 Nov 2012 in Cazzi e mazzi personali
da Azazello

La reciprocità non è del tutto naturale. Non è ovvia, anche se spesso si commette l’errore di agire come se lo fosse, e questo ci mette nella strana posizione di comportarci male con le persone che ci trattano bene -e viceversa- pur essendo completamente in buona fede. Ma questo ci serve solo a capire dove andrò a parare, perché io pensavo di parlare solo di dove vado a parare, il che ovviamente significa che non vado a pararci, ma parlo proprio di quello, quindi andrei a parare altrove… insomma: questa premessa serve a rendere l’argomento del post anche la sua conclusione, dando coerenza a quello che ho scritto nella premessa. Ovviamente se non l’avessi messa non si sarebbe posto il problema, ma poi il post sarebbe stato breve e insomma, uno posta una volta ogni sei mesi, almeno lo deve fare per bene.

La reciprocità non è del tutto naturale. Siamo tutti concentrati su noi stessi, ovviamente, e questo ci porta a non notare dei piccoli gesti troppo impercettibili per superare la nostra soglia di obbligo a ricambiare, ma che magari invece bastano a cambiare una giornata. Non preoccupatevi, capita anche ai migliori, e in fondo il senso di questi gesti è proprio quello. Ma ci arriveremo.

La reciprocità non è del tutto naturale. È difficile ricambiare l’entusiasmo di qualcuno o un gesto fatto a distanza di tempo e spazio. A volte nemmeno ce ne sarebbe bisogno. Ma si può facilmente ricambiare qualcosa di carino che il mondo ha fatto per te facendo qualcosa di carino per il mondo!

Ecco, siamo venuti a parare qui. Tra le cose più apprezzabilmente sorprendenti della mia breve vita ricordo: una ragazza che dispensava un’infinità di sorrisi dolcissimi in gita scolastica; l’entusiasmo per le più piccole fesserie di un chitarrista stonato come una campana; un biscotto inaspettato. E allora perché queste piccole cose che mi hanno tanto rallegrato, e che sono completamente gratuite da dare e da ricevere, non dovrei fornirle al mondo che le ha fornite a me? Se un sorriso è bastato a mettere di buon umore me, perché non sorridere sempre a tutti?

Vi giuro che funziona. La giapponese a cui ho offerto un biscotto quest’estate, in cima alla discesa che ci avrebbe portato alla penisoletta di Cabo Finisterre (Fisterra per i fanatici del galiziano), mostrava una gioia tutta particolare, un misto di stupore, diffidenza, vera gratitudine… E a me non è costato niente. D’altra parte io sono sempre alla ricerca di modi per contribuire al benessere della società che siano il meno invasivi possibile per la mia misantropia difensiva e per la mia timidezza, e si direbbe che questa strategia funzioni. Che storia.

Compilation random: canzoni che mi fanno mangiare il cazzo.

postato il 8 Nov 2012 in Cazzi e mazzi personali, Il rubricone musicone rotolone
da Deluded Wiseman

Come un elenco telefonico in quei programmi strani con uomini nerboruti che stabiliscono record improbabili, il mondo si divide in due categorie. Non cascherò nel facile gioco delle citazioni Leoniane, ma andrò dritto al punto.

“Il mondo si divide in due categorie: chi ha la pistola carica, e chi scava. Tu scavi.”

Chè, ci credevate pèdavvero?

No, sul serio. Sapete quali sono le due categorie di persona davvero rilevanti?

Quelli che cercano le scalette dei concerti venturi su internet, e quelli che non lo fanno. Questa è una storiaccia vero, che al confronto Guelfi-Ghibellini e Autobot-Decepticon, erano delle amichevoli di curling. Per quanto mi riguarda, dipende dai casi. Se vado a vedere un gruppo che mi piace molto e conosco bene, DEVO cercare di leggere la scaletta: solo così potrò sfruttare il tempo che manca al lieto evento del concerto per fare i conti con le imperdonabili mancanze che sicuramente avrò scoperto consultando la setlist. Questa cosa mi ha salvato la vita: la prima volta che vidi gli Airon Meiden, essi decisero di suonare tutto l’ultimo album e giusto una manciata di pezzi storici. Io lo sapevo, ebbi vari mesi per metabolizzare la notizia, e riuscì a godermi il concerto. Se avessi scoperto la sera stessa che The Number of the beast era rimasta a casa, potete immaginare che non sarei qui a parlarvene. Se, invece, vado a vedere un gruppo che conosco poco, mi piace farmi un idea di quello che portano in tour; sai com’è, vorrei giusto sincerarmi che il gruppo electro-punk che vado a sentire non abbia scelto di fare un tour di cover di Amedeo Minghi. Per il resto, non c’è niente di meglio che sentire una canzone per la prima volta a un concerto, con la gente che salta, le luci, il votta votta, il sudore, la canzone che si muove sul palco insieme ai musicisti…bellissimo. Ma. MA. Ma io mi mangio anche il cazzo, però. Mi mangio il cazzo a vedere la gente emozionata che canta a squarciagola mentre penso “chissà come si chiama sta cosa” e cerco miserabilmente di muovermi al ritmo sconosciuto di una canzone ignota, mi mangio il cazzo a sentire una canzone e pensare “vabbè, quando fanno *inserire nome del pezzo quello là, quello famoso*?”, solo per poi scoprire, magari anni dopo, che ho snobbato con ignorante impazienza proprio un pezzo da greatest hits dell’umana stirpe. Qualcuno direbbe che lo faccio perché sono un azzeccato, che

5) Non metterò i titoli qui.

Nell’anno veramente boh, decisi di recarmi con dei compagni di classe al festivalbar, quello che facevano ogni anno a  piazza Plebiscito. Beata gioventù. Alle inutilmente e scandalosamente presto meno un quarto, sono già in piazza. Sul palco, un gruppo che non riconosco sta facendo il soundcheck. Stranamente, noto un paio di gruppetti di persone un po’ diversi dal resto del pubblico che assistono esaltati all’evento, non ultime un paio di ragazze pisellabili anzichenò. Ma la canzone la conosco! La passavano su Mtv e non mi garbava, ma analizzandola senza le immagini disturbanti che la accompagnavano sullo schermo, mi accorgo che non mi dispiace troppo. Magari la voce è un po’ effeminata, ecco.

Un video sul Tubo è l’unica cosa che testimonia l’esistenza della penosa esibizione in semi-playback dei Muse al Festivalbar 2006. Io, francamente, non ne ho alcun ricordo.  Mi piace pensare che loro abbiano “suonato” dopo Jovanotti, l’ultimo che vidi esibirsi prima di fuggire causa pioggia. Preferisco non pensare all’ipotesi di averli snobbati così tanto da non serbarne memoria alcuna. Ad oggi, i Muse sono uno dei miei gruppi preferiti e il mese prossimo pagherò fior di danari per assistere a un loro concerto. Supermassive Black Hole è, ovviamente, in scaletta.

PS: alla fine si trattava di un soundcheck, pure in playback.  Sicchè, 5°posto per i Muse.

Beccatevi il video dei Muse al suddetto Festivalbar 2006, orrendocapelluti per l’occasione.

Muse

 

4) E’ più carino che si capisce alla fine della storiella che, inevitabilmente, finirò per narrare a ogni posizione della classifica.

Dicevo, i Muse sono uno dei miei gruppi preferiti. E infatti, nel giugno del 2010 mi sono sobbarcato dieci ore di treno per andare a Milano a vedere un po’ cosa avrebbero fatto con il S.Siro a disposizione. Non che me ne fregasse molto, ma c’erano 3 gruppi spalla. I primi sono italiani, e salgono sul palco nel disinteresse generale. Oltreutto, sono un po’ strani, sono abbastanza grandi d’età. Poi, si infilano dei passamontagna e attaccano a suonare questa musica assurda, scandalosamente vintage ma grintosa, tecnicamente ineccepibile, travolgente. Fichissima lei, fichissimi loro. “Oh ma chi so ‘sti tipi?” Il mio amico mi spiega che sono il tastierista degli Afterhours (che io però vedo suonare tastiere, sassofono e flauto traverso. Anche nello stesso pezzo )e altra gente, che riadattano colonne sonore di poliziotteschi italiani anni ’70. Uà. Dov’erano stati finora, così lontani dalle mie orecchie?

Per fortuna, un concerto dei Calibro 35 è godibilissimo anche non sapendo nulla della loro musica; per questo, nella magnarcazzo parade sono solo quarti. Ad oggi, i Calibro 35 hanno appeso ben due concerti a Napoli, ma per fortuna le terza volta è quella buona, li ho visti, hanno fatto tutte le canzoni più belle, e sono felice di averli conosciuti laiv. Una piccola nota di gioia nel disastro che sarà questa classifica

Nell’impossibilità di reperire video decenti dei Calibro che si esibiscono davanti a migliari e migliari di disinteressatissimi fan dei Muse, vi schiaffo la semi-tiletrack dell’ultimo album dei calibri, giusto perchè oggi ce l’ho in testa.

Calibro 35

 

3)Almeno secondo me.

Al concerto dei Subsonica, nel 2008 c’ero finito proprio per caso, con un biglietto aggratisse. Non mi dispiacevano, ma non li conoscevo bene né mi interessava farlo. Sinceratomi che avrebbero, probabilmente, suonato “L’Odore” e “Tutti i miei sbagli”, mi presento alla Mostra d’Oltremare a cuor leggero e senza troppe aspettative. Loro sul palco sembrano sapere il fattaccio loro, ma io non mi gaso più di tanto: aspetto che facciano le canzoni che mi gustano, e non mi cago molto il resto. Soprattutto, non mi cago “Veleno”, “Up Patriots to Arms” e “Il mio dj”. Anzi, se non fosse per i dannatissimi e indesiderati video correlati  del tubo, non avrei saputo niente della loro presenza quella sera perché, davvero, non me le ero proprio cagate.

Ad oggi, ho visto i Subsonica quattro volte, pagando, eventualmente anche treno e alloggio. Tutte le volte che hanno fatto “Veleno “ e “Up Patriots to Arms”, mi sono gasato come un furetto anfetaminomane. “Il mio Dj” è assente dalle scalette dei Subsonica da ormai 5 anni.

E quindi, ladies&gentlemans, “Il mio diggei”, per voi in questo sconfortante “video” con la foto della (mediocre anzichèno) copertina di Microchip Emozionale.

2)Smettila di guardare qui.

Al concerto dei Rage, ‘ndovina? C’ero finito per caso. A dirla tutta ero in vacanza a Los Angeles, un giornale buttato per terra mi ha detto che quella sera i RATM festeggiavano il loro compleanno con i Muse di spalla e così, un’interminabile corsa in taxi e mezza scaletta dei Muse (lo avevo detto che la corsa era interminabile?) dopo, sono in mezzo a un fracco di personaggi unici, perlopiù gente from da ghetto che fumava da enormi pipotti o mi invitava a sfondare gli impenetrabili cordoni di steward agguerritissimi per accedere al parterre, oppure comunisti americani (wut?!), e tutti insieme aspettiamo che i Rage salgano sul palco a sputare fango(o funk) sull’ imperialismo a stelle e strisce.

Il concerto è grandioso, la gente si gasa e inizia a pogare intorno a dei falò improvvisati, o forse non tanto, vista la pervicacia con cui venivano riaccesi quando gli agguerriti steward  di cui sopra li spegnevano (nel caso ve lo foste chiesti, alla fine gli steward hanno vinto: hanno spento il fuoco e sono rimasti in piedi sulle ceneri, fermi e minacciosi, a impedire che venisse riacceso. Inutile dire che la gente ha iniziato a pogare intorno a loro.) Quando ho visto strane scene tipo qualche migliaio di ammeregani che sul finale di canzone(che poi avrei scoperto essere Know Your Enemy), a pugno alzato, alluccava qualcosa che io non capivo bene ma che pareva essere quel tipo di cosa poco gentile sul sogno americano che non ti aspetteresti di sentir urlare in uno stadio californiano, ho avuto l’impressione di essermi perso qualcosa. Anche quando ho sentito, in mezzo ad una canzone “I’m the Nina, the Pinta, the Santa Maria” ho avuto l’impressione di essermi perso qualcosa, tipo il cervello, e invece si trattava di “Sleep Now in The Fire”.  Che è meno bella di Know Your Enemy, ma ha un video epico, quindi beccatevelo.

RATM, Wall Street, cos

1)Davvero.

Il concerto gratuito di Elio e le storie tese a piazza Dante, nel boh ottobre del 2007 è stato, per vari motivi legati alla gente con cui ci sono finito (abbastanza per caso, sì), uno dei momenti fondanti della mia adolescenza, nonché della mia storia politica, avendo lì conosciuto il bancariello di Gastronomia Proletaria, che ancora oggi costituisce la stella polare del mio personale firmamento politico. Conoscevo poco del gruppo, ma mi comportai, quella sera, come uno spettatore attento e volenteroso, ascoltando con interesse un sacco di pezzi che non conoscevo e che amai da subito, o dopo poco.

O almeno credevo di esserlo stato. In un impeto controllatorio puramente masochistico, ho scoperto dopo anni che quella sera, su quel palco,mentre io chissà a che cazzo stavo pensando, è stata data voce alla sofferenza e alla disgrazia di centinaia di uomini e donne sfortunati attraverso la narrazione in musica della tragica storia di un eroe dei nostri tempi. Di uno di noi. Di Gimmi Il pedofilo.

Ho visto un’altra volta gli Elii, ma quella volta non suonarono “Gimmi I.”.Del resto, io neanche la conoscevo ancora, quindi forse ho solo evitato di far raddoppiare il già cocente rimorso che mi brucia nel petto ogni qualvolta penso a come ho fatto orecchie da mercante mentre davanti a me si eseguiva un pezzo che, per i suoi significati sociali, politici e soprattutto umani, non esito a elencare fra i pezzi che mi hanno formato nell’uomo probo e integro che sono oggi.

Qui, per voi, un esibizione laiv all’Mtv Day del 2003, quando ancora ci andavano i gruppi forti. A giudicare dal fatto che i milioni di spettatori ripresi nel video sembrano disposti a disimpagliarsi solo per giocare col cazzo di pallone gigante, non me la sento neanche tanto di prendermela col signor Mtv day se ha deciso di chiamare Club Dogo e Sonohra, o come cazzo si scrive, invece di Eelest e Bluvertigo. “Ma hai messo tutti video non live, metti il live proprio ora che noi volevamo la versione studiocol Ruggeri nazionale!”. Zitti, uomini di poca fede, e mirate come, contro ogni vostra menagrama aspettativa, il provvido intervente del Mangoni e del suo inglese accidentato salvano egregiamente la siuation.

Ps: il mio gompiuter non vuol proprio farmi mettere per bene gli ultimi video che devo inserire, quindi per ora metto i link in maniera zingara, e poi correggerò quando gli dei della multimedialità mi saranno favorevoli.

 

 

 

 

Un film blasfemo

postato il 23 Set 2012 in Cazzi e mazzi personali
da Vobby e freeronin

Vobby: «“Il Manifesto” continua a parlare del “film blasfemo” e dell’“offesa al profeta” a proposito del film Innocenza dei musulmani. Sono l’unico a pensare che non sia il linguaggio adatto per un quotidiano comunista? Se si è atei il film può essere brutto, fuori luogo, ignorante, ma che il contenuto sia blasfemo e offensivo dovremmo lasciare che siano i credenti a dirlo, senza condividere il loro punto di vista, secondo me».

Freeronin: «Io credo che un terzo possa giudicare, sentita la persona interessata, se qualcosa è offensivo nei confronti di un altro (un po’ come, ad esempio, il giudice in un processo per ingiuria o diffamazione), senza per questo condividere il suo punto di vista. Sul “blasfemo” sicuramente il non credente non può giudicare. Certo, a volte – come “eretico” – può essere usato in senso traslato, ma non è questo il caso».

V.: «Se è come dici tu, che ha senso, è ancora peggio: non mi piace granché che “Il Manifesto” si erga a giudice di un film dando ragione a chi reagisce alla libertà di espressione bruciando bandiere e assediando ambasciate. A me piacerebbe che venisse presa una posizione chiara sul fatto che, di fronte all’opera d’arte, offensiva e insultante che sia, la reazione violenta non può essere condivisa né giustificata. Che insopportabile tono supponente che ho».

F.: «”Il Manifesto” si erge a giudice di tante cose…diciamo che spesso usa un linguaggio dogmatico. Però – fermo restando che non può ergersi a giudice – è vero che un giornale può criticare un film perché è offensivo, anche quello è libertà di espressione. Il punto è che non hanno proprio considerato il film come opera d’arte, ma solo come provocazione politica».

V.: «Ma il problema è che loro non criticano il film! Non ci sono articoli sul film, ci sono articoli sulle proteste contro di esso, nei quali si usa lo stesso linguaggio usato dai manifestanti. E la definizione di blasfemia e offensività è data per scontata. Se il film fosse stato contro il papa, le crociate e i preti pedofili sarebbe stato una grande opera, così non si fa».

F.: «Ah, sicuramente. Se condividi i miei distinguo si può dire che siamo proprio d’accordo XD».

20 Novembre 1820, Pacifico

postato il 24 Apr 2012 in Cazzi e mazzi personali
da Vobby

Respiro.
Piccole gocce mi piovono sul capo, sospinte da un vento leggero.
Trascorrono i minuti.
Respiro.
Onde basse si infrangono sul mio dorso. La schiuma scivola fra le rughe della mia coda, fra le numerose cicatrici della mia fronte.
Respiro.
Una debole corrente mi carezza il ventre, l’acqua è tiepida.
La corrente potrebbe essere impetuosa e l’acqua potrebbe essere gelata.
E io me ne accorgerei appena.
Mi sveglio, respiro.
I battiti dei miei simili hanno turbato il mio riposo, il desiderio d’incontrare una femmina è irresistibile.
Anche alla mia età.
Nuotando in queste calde acque ho sentito diversi gruppi in movimento. Gruppi di giovani maschi, la forza della mia voce li ha fatti allontanare.
Sono irrequieto.
So che manca poco al momento di combattere.
Come decine di altre volte, mi preparo a sentire sulle mie zanne la carne dei miei rivali, a macchiare il mare del loro sangue.
Ho smesso da anni di ricordare la mia ultima sconfitta. E’ passato così tanto tempo, che oramai mi chiedo se sia mai avvenuta.
Respiro.
Non ha importanza: non perderò mai più.
Nessuno è più grande di me, nessuno è più forte di me.
Sento gli schiocchi di una voce maschile. La furia monta nel mio petto alla sola idea che un maschio non si sia allontanato, sentendo martellare il mio ruggito!
Ma va bene così. Non è giovane, è piccolo. La sua voce mi porterà dal gruppo di femmine.
Respiro.
Il vento si fa più forte in questa calda mattinata.
Sono affamato.
Le femmine sono ancora lontane, e nessuno le raggiungerà prima di me. E’ tempo di andare a caccia.
Respiro. Respiro. Inspiro.
Sbatto la coda sulla superficie e mi tuffo nel profondo.
Precipito.
Passano i minuti.
La luce si fa lontana.
Passano i minuti.
Sono immerso nella profondità delle tenebre. Smetto di vedere e comincio a sentire.
Schiocco.
Schiocco.
Odo il suono della mia stessa voce, che ritorna per raccontarmi ciò che ha incontrato.
Immense scogliere, indescrivibili canyon e colossali montagne.
Il mio regno. I suoi abitanti, le mie prede.
Vibro codate poderose e allargo le pinne nell’insostenibile peso del buio.
Posso andare molto più in basso.
Paralizzati dalla mia mera presenza, aggredisco i banchi di molluschi.
Ne divoro a decine.
Potrebbero essere centinaia, e comunque faticherebbero a saziare la mia fame.
Il mio immenso appetito.
Le femmine.
Altri appetiti mi dicono che non vorrò immergermi di nuovo.
E’ passata un’ora.
Potrebbero essere due.
Accelero, cercando pasti più sostanziosi.
Schiocco.
Schiocco.

Schiocco.
Lo sento.
Mi sente.
Fra gli anfratti rocciosi cerca di nascondere la sua colossale figura.
Sono l’unica creatura che è costretto a temere.
E ha ragione di farlo.
La mia venuta interrompe d’un tratto la sua dominazione in questi abissi.
Mio timido vassallo, affrontami.
Questi miseri sassolini non possono che graffiarmi.
Spalanco le terribili fauci e gli sono addosso.
Divello il suo nascondiglio e affondo le zanne nella sua molle carne.
Si avvinghia sulla mia testa.
Con il becco e gli artigli apre ferite sulla mia pelle.
Come se ormai ci facessi caso.
Non può resistere, lo ingoio che ancora si dibatte.
Lo schiaccio nella mia gola.
La sazietà, l’ennesima vittoria.
Schiocco, mi oriento.
Ascendo.

Passano i minuti.
Ascendo.
Zittisco, mentre i miei occhi tornano a vedere.
Emergo.
Soffio, inspiro: respiro.
La luce torna a riflettersi sulla mia bianca maestà.
Respiro.
Respiro.
Sazio, respiro.
L’altro appetito. Mi muovo nella direzione delle voci femminili.
Mi aspettano con ansia.
Passano le ore.

Respiro.
Avvisto il branco, il branco mi vede.
Avendo sentito del mio arrivo, nessun altro maschio ha provato ad avvicinarsi.
I piccoli dovranno imparare a temermi, ma per ora lascio che mi osservino incuriositi.
Le signore si lasciano avvicinare.
Ce n’è per tutte.

Non siamo soli.
Le orche non oserebbero attaccare ME.
Libero il più forte dei miei ruggiti, tale da atterrire i più giovani e stordire le madri.
La creatura sembra ignorare la mia voce.
Non posso crederci.
Nessuno è più grande di me.
Tranne la creatura.
Quest’essere mi oltraggia. Era da mezzo secolo che non avevo paura.
Mi avvicino con circospezione, fendendo il branco cerco di mostrare tranquillità.
La mia presenza. Tranquillizza tutti i presenti.
Ma non impaurisce la creatura.
L’abominevole essere scivola sull’acqua, poggiandosi su di essa come farebbe un albatro.
Sembra privo di peso, ma la sua massa è sconfinata. I fianchi solidi, bruni, mentre dal dorso, che non riesco a vedere, si spalancano ali gigantesche.
Mi provoca con un insopportabile brusio, mentre continua a ignorare la mia voce.
Dalla creatura si separano, come partorite, creature di dimensioni minori.
A loro volta, ignorano la mia voce. Una di loro mi si avvicina.
CHI SEI!?
Un’altra delle creaturine ha già raggiunto uno dei piccoli, che con naturalezza si era lasciato avvicinare.
Prima ancora che arrivino a toccarsi, vedo sgorgare il sangue.
Dal cielo becchi d’aquila più duri della roccia si conficcano nella mia schiena.
Le femmine sono sconvolte.
E’ più grande di me.
E’ più grande di me.
La madre del piccolo colpito emette un cupo lamento, e già sanguina a sua volta.
NESSUNO E’ PIU’ FORTE DI ME!
Mi precipito furiosamente sull’essere che ho di fronte. La mia testa sfonda le sue costole, i miei denti cercano di masticare questa durezza sconosciuta. Non sembra riuscire a reagire.
Nessuno è più forte di me!
Dal basso, mi scaglio sulla seconda piccola creatura. La forza della mia coda la riduce a brandelli.
Il mare si riempie di piccole e rumorose bestie che non so da dove siano venute.
Non importa.
Ho dominato troppe volte l’ombra dell’abisso per ritirarmi di fronte a questo coriaceo e immane sconosciuto.
Perché nessuno è più forte di me.
Oppongo morsi, colpi di testa e di coda alle spine che continuano a trafiggermi.
Temo per la mia vita.
Al mondo non sembra esserci nulla, se non il fragore della battaglia.


Respiro.
Sanguino.
Vittorioso, vivo.
Il mostro che affonda mi lascia nuove cicatrici.
La promessa di nuove battaglie.
Prevarrò.
Perché io sono Cachau il Grande Dente e sarò per sempre il re del mare!

Freeronin deve combattere

postato il 3 Mar 2012 in Cazzi e mazzi personali
da Vobby

Il titolo del post dice tutto. Ho semplicemente deciso di dare rilevanza pubblica a una vecchia disputa riguardante me e la mia amica. Siamo tutti d’accordo sul fatto che sia velocissima, alteticissima, che il suo personaggio in un certo senso, ormai, richieda che lei continui a correre. Eppure io, che con lei ci ho lottato tante volte, credo di conoscere perfino meglio di lei il suo potenziale e so che deve combattere. E’ compito di ogni essere umano arrivare fino al limite delle proprie possibilità ma lei, nonostante la sua acuta intelligenza, persiste in un atteggiamento di ottusa ostinazione che le impedisce anche solo di provare ad allargare i suoi orizzonti sportivi. In questo momento ho addosso i lividi che mi sono stati inflitti da una piccoletta, in palestra, qualche ora fa. Nei suoi occhi, nella sua concentrata, sofferta ma combattiva espressione ho visto chiaramente Freeronin (notando questa cosa mi sono distratto, venendo ulteriormente percosso).
So, lo sappiamo tutti, che lei picchierebbe molto più forte di chiunque altra. Perciò visto che da solo non ci riesco, smuoviamola insieme, e incitiamola tutti! Freeronin, combatti!

Quel momento..

postato il 2 Mar 2012 in Cazzi e mazzi personali
da Deluded Wiseman

Quel momento..quel momento in cui vedi il tuo nome comparire sul tuo giornale preferito, quello che leggi da anni e per scrivere sul quale daresti un rene, sicuramente quello di un altro ma forse anche il tuo.. e non compare mica così, no! Compare proprio lì,  sotto a un testo che parla in maniera critica e sagace di musica!

Certo.

Quel momento, proprio quello in cui all’improvviso ti accorgi che quelli del giornale hanno pubblicato un tuo commento preso da una discussione sul loro account di Facebook, un commento in cui con lessico povero e volgare parli di un musicista che ti fa abbastanza schifo,  e tutto questo solo perchè agli insulti segue una parte che al giornale faceva comodo nell’economia della discussione.

Perzonaggi di Natale.

postato il 20 Dic 2011 in Cazzi e mazzi personali
da Deluded Wiseman

Io non odio il natale. Adesso si porta molto fare i Grinch dei poveri e dire “Io detesto il Natale, io piscio sull’asinello”, eccetera; sicchè, mi piacerebbe dire qualcosa tipo “Io odio il Natale da che Gesù ancora stava a intagliare sgabelli in Galilea”, o “Il Grinch l’ho scoperto io, suonava in una cantina del Viterbese vendendo demo autoprodotti”, cose così, insomma. Ma sarei, come il 50% di questi Ebenezer Scrooge post-emo, falso. Il Natale ha tante cose orrende. Taaaante. Vorrei elencarle, ma sono tante. Però ha anche cose belle: tanto cibo, regali, qualche giorno di festa, l’occasione di riavvicinarti al focolare familiare dal quale rifuggi tutto l’anno, che una volta ogni tanto ci sta, e cose così. Ma nell’ambito delle cose brutte del Natale, io sono disposto ad accettarne alcune. Tipo, fare i regali è stressante. Ma qualcosa dovrai pur fare, se vuoi ricevere qualche coppola di cazzo anche l’anno prossimo, no? E quindi, passi.

Poi però ci sono quei personaggi Natalizi del cazzo, quelli che è colpa loro se il Natale rischia di passare per una merda. Sono loro. Sono tanti, più o meno tutti quelli che incrociate durante il periodo natalizio; periodo che fra l’altro, al contrario delle mezze stagioni, tende a espandersi di anno in anno. Già per il 2030, si prevedono le prime luminarie dal 17 agosto.

Ma torniamo ai personaggi. Dicevo, sono tanti, sicchè, nell’impossibilità di parlarne, stilerò una pratica top five. Badate bene, non giudico nessuno: potrei benissimo essere io, al posto di alcuni.

 

5)”Nulla è reale, tutto è lecito” o “quello col Babbo Natale appeso al balcone”.

Io amo le luminarie di Natale, e le stronzate varie. E’ un retaggio familiare. Ma non è possibile che a dicembre uno guarda in aria e gli viene da correre protendendo le braccia, che un neonato peloso sta cadendo dal balcone, o da chiamare il 112, chiedendo di fermare subito quel nano marxista che sta svaligiando una casa. Andiamo, sembrano dei bambini impiccati. O i cugini stronzi di Ezio Auditore da Firenze, roba così, non lo so. Per favore.

 

4)Il bambino di “A Natale puoi”.

Allora. State pensando: “Ah, ora inizia a inveire come suo solito contro l’amore, la dolcezza e la bontà, quanto è duro, quanto è figo, cheppalle”.

No.

Non senza vergogna, ammetto che quella canzoncina è bellissima, mi fa sciogliere le budella. Sarà la melodia, la vocetta del bambino del cazzo, la faccia sincera mentre elargisce felle di pandoro. Boh. Però mi piace. Non me ne frega che proprio non vedo perché a Natale dovrei essere più buono(cioè, lo vedo: perché io spendo e spando, e mi sento colpevole verso chi non può. E’ anche valideo, ma non credo si riferisca a questo). Non me ne frega neanche che la versione multi-etnica/quote rosa/quote nere(http://www.youtube.com/watch?v=ukAibmAvH_A) è ruffiana come un piazzista. E’ anche meglio. Però diamine..cioè..per vendere panettoni? Davvero? Per vedere fottuti panettoni? Dico..quel bimbo con quella canzone potrebbe convincere i grandi della Terra a fare la pace, e a trasportare il mondo in un’era senza canditi di eguaglianza, benessere e giustizia! E invece, vende panettoni. Al più, convince a regalare felle di pandoro a ragazzini alle prese con piccoli problemi di cuore, mimi, bimbe medio-borghesi, e piccioni. Ma vaffanculo, Bauli.

 

3)”Il puntuale”.

“L’abero si fa il giorno dell’Immacolata:” Che ansia! Non me ne vogliate, probabilmente è normale. Ma a casa mia l’albero richiede, fra difficoltà tecniche e difficoltà legate alla nostra scarsa presenza in casa:

a)una sera di scaricamento pacchi dal mezzanino b)una sera di montaggio albero c) una sera di luci e palline d)una sera di caricaggio scatoli vuoti sul mezzanino. Quindi, anche iniziando l’otto, cosa che non accade mai, io lo finisco l’unidici. I vostri immacolateschi e puntuali alberi..mi mettono ansia!

 

2)”L’intoccabile”

E’ colui/colei (col@i, direbbe qualcuno che ha sacrificato la grammatica sull’altare della parità dei sessi), ma l’esperienza mi dice che è più una colei, che quando lo urti in un posto affollatissimo, tipo… Fnac sotto Natale, dubito di poter trovare una metafora che renda meglio; ebbene, quando lo urti in quella bolgia infernale, trascinato, privo di controllo motorio, da una pressa che manco la reunion di Hendrix con la vita (Era più forte di me. Ma sappiate che Fnac sotto Natale è peggio.), lui ti guarda come se gli avessi cagato nella torta il giorno del suo diciottesimo compleanno. E che cazzo; o Kevin Costner di questo paio di palle, se vuoi fare i regali senza che il tuo lebensraum debba vedersi ridotto dalla fisicità altrui, i regali valli a fare nel Nevada a Ferragosto, vedi che libertà di movimento.

 

1)”Babbo Natale”

Non ce l’ho col fatto che è una trovata della Coca-cola. Ce l’ho, più che altro, coi migliaia di gonzi che scrivono fumetti,film,spot, con Babbo Anale per protagonista, e mi sembra scrivano spesso una storia abbastanza insensibile.

“Ma come, Babbo Natale porta regali a tutti i bambini! I bambini hanno i regali dai genitori, e gli si racconta che è Babbo Natale! E’ bello!”

Lo so. Ma a me fa un po’ tristezza pensare che ci sono milioni di creaturi che non hanno mai visto l’ombra di un giocattolo. E quando si sentono dire “Babbo Natale porta i regali a tutti i bambini”, che devono pensà? Di essere cattivi? E quando vedono che nelle miriadi di storie e storielle in cui BN ha dimenticato qualche bambino per poi rimediare in extremis(la prossima è “Il figlio di Babbo Natale”, a breve nei cinema), pure quel bambino è sempre un americano o europeo benestante? Dimenticati anche fra i dimenticati.

Lo so, non sto per nulla argomentando, né potrei farlo perché probabilmente non ha senso, ma è una capata storta che mi è venuta oggi, come dicevo, mi capita quando spendo soldi in futilità. Evabè, quest’era.

 

Voglio, però, chiudere con una nota positiva: l’Eroe del mio Natale.                                                                                                                                                                                                                    Siediti, Gesù. Mi spiace, non sei tu. Lo so, lo so. Sarà per la prossima. L’Eroe del mio Natale è mio padre. Egli possiede tre caratteristiche. E’ tardi, sicché ve le elencherò schematicamente.

a)Mio padre è un fissato di decorazioni natalizie. Possiede un gran numero di palline e cazzimmocchi vari da albero, provenienti dalla collezione del mio defunto nonno, ed ha ampliato la collezione negli anni, anche con pezzi davvero pregevoli e particolari, di cui vi faccio la grazia di non parlarvi. Egli è, inoltre, fissato con le luci, e ha intamarrito il balcone con led e lampade gialle.

Talis pater..anche io adoro ste cose, sicchè passiamo un sacco di tempo(seppur, ahimè, sempre meno: quest’anno non ho aiutato con le luci fuori al balcone) a intommare la casa di luci, pendagli e robe, il tutto ruotante attorno al nostro tamarrissimo e traboccante albero. Vi sembra la descrizione di casa Flanders? Permettetevi di smentirvi, signori, perché tutto ciò è rigorosamente e inderogabilmente compiuto SENZA  alcuna di quelle cazzate natalizie quali: affetto forzato; riti e ritini religiosi vari; allegria e bontà comandate; Puro hobby, madame set messieux. E questo ci piace.

 

b)Mio padre paga. Tutto.

 

c)Mio padre riceve, sotto Natale, un osceno numero di cesti gastronomici e regalie varie(tutti quelli che a Capodanno si sono bevuti il Chivas arrubato da mio padre ringrazino). Il momento clou è l’immancabile arrivo del prosuttone sano, che quest’anno è stato accompagnato da un gemello più piccolino e tenerissimo.

 

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