Metafora del determinismo parte 4° (stavolta su main thread!!! siete felici vero?)

postato il 28 Dic 2010 in Main thread
da Vobby

Mi è stato fatto notare poco tempo fa che le mie argomentazioni precedentemente addotte a sostegno del determinismo sono, nella quasi totalità, superflue.

Affermare che le scelte sono necessarie in quanto risultanti da una determinata combinazione di umore, carattere, cultura ecc. dalla quale,in un dato momento, può scaturire un solo effetto è vero, ma il rasoio di Ockham ci suggerisce di cercare una proposizione più breve e semplice: le scelte sono necessarie perchè sarebbe contraddittorio pensare di operarne di diverse, per il principio di non contraddizione.

Mi sembra piuttosto convincente: io sono chiaramente uguale a me stesso. Se una caratteristica di quel me stesso è proprio lo stare operando una scelta, sarebbe contraddittorio affermare che me stesso potrebbe non operarla.

Credo che questo sia il post più breve che abbia mai scritto, il che è coerente con ciò che ho detto all’inizio, sono soddisfatto.

I collega-menti di Don Squallore.

postato il 27 Lug 2010 in Main thread
da Nigredo

Il nostro (ma soprattutto vostro) eroe più sgradito torna a popolare i rotocalchi digitali con questa singola, laconica immagine, che mirabilmente esplica un senso dei collegamenti che ancora nessuno di voi ha osato (o saputo) cogliere ed/o immaginare:

Il Collega-mento di Don Squallore. Mirabilmente banale nella sua essenza, è in realtà l’emblema dei collegamenti a cazzo, incomprensibili, ma pretenziosamente seri che troppi fanno. E che cos’è una persona che pretende di far passare per intellettuali, profondi e giustificati collegamenti che altro non sono che uno stralcio di flusso di coscienza malamente coltivato, se non un nuovo, fantastico Don Squallore? Mi riferisco in particolare a quei collegamenti che sembrerebbero profondissimi per toni e retorica, se non fosse che sottendono una logica (la sottendono?) completamente a caso, o comunque errata, o comunque fantasiosa e imprevedibile se nessuno ce la spiega “a priori”.

Mi spiego meglio: “Ti lascio perché ti amo troppo.” Considerando quante persone hanno detto questa frase, reputo impossibile che non ci sia una qualche logica di base che il 90% di noi mortali non riesce a cogliere, o magari coglie solo in particolari stati d’animo. Se l’interlocutore ha un minimo di stima in se stesso, a sentirsi dire una frase del genere non potrà che giudicare coglione chi gliela rivolge. Ed è qui che servirebbe uno squallologo, qualche temerario che non abbia paura di addentrarsi nelle meningi del fecale retore per comprenderne i comportamenti e le mistiche meccaniche, che mai altrimenti troveranno luce e senso agli occhi di quella banale umanità dispensatrice di pragmatismo e poetessa di nulla che tutti noi altri siamo. Stesso ragionamento si applica per tutte quelle frasi del tipo “Mi sento confusa”, “Ho bisogno dei miei spazi”, “Mi piace troppo stare con te ma non andremo mai d’accordo” et similia. Da notare che l’ambito amoroso, in questo senso, costituisce una florida miniera di collegamenti squallidi che spesso, anche da vate dello squallore quale io sono, non mi sognerei mai di pensare. Insomma, ciò che dei collegamenti mi preme dire, come già qualcun altro ha sottolineato, è la loro totale vacuità di senso: un collegamento infatti presuppone una qualche logica di fondo, che stabilisce quali collegamenti siano “fattibili” e quali no. Senza esplicitare questa, tutto, e davvero dico tutto, può divenire collegamento, fantastico o ben posto. È il caso ad esempio di mettere a confronto i collegamenti della logica ZFC, di uso comune nella matematica, che voi intendereste come rigidi vincoli razionali, con le libere associazioni che vengono fuori in una seduta psicanalitica. Se da una parte abbiamo che 2+2 fa 4, dall’altra abbiamo che Ombrello = Pisello o altre cose del genere, e ci parrebbe quantomeno strano che entrambi gli asserti possano avere senso, che non si “escludano” mutuamente nell’ambito dell’umano raziocinio preso in senso generico. Quindi, va sottolineato che ogni collegamento perde di senso se non è specificato il contesto logico (razionale, artistico, clinico) in cui esso opera. Tra l’altro, dato che quasi tutti noi siamo in grado di comprendere e apprezzare più discipline disparate chiaramente operanti su livelli logici diversi, mi viene da pensare che nella mente dell’uomo convivano più logiche differenti, su vari livelli, che condividano tra loro soltanto dei principi fondamentali, come potrebbe essere, ad esempio, il tertium non datur o l’ex falso quodlibet. Anche se, col passare del tempo, si è pienamente constatato che a livello razionale questi principi non sono più strettamente necessari, dubito che qualcuno riuscirebbe a prescindere da essi nella vita di tutti i giorni, il che avvalora proprio la mia tesi. E ciò che è più bello, giustifica l’esistenza di personaggi inqualificabili quali le donne, i preti scenziati, la fede in Dio di Bernard Riemann e i Teodem. Quindi, in definitiva, la mia tesi è che:

Le persone ci sembrano tanto incomprensibili perché governate allo stesso tempo da più logiche diverse e spesso incompatibili, agenti su vari livelli e che spesso pongono vincoli tra loro stesse, rendendo la comprensione dell’umano agire inconoscibile agli occhi di chiunque, compresi i reggenti delle stesse anime che ci si accinge a studiare.

Notare che, a mio parere, su quale livello operi quale logica e il come queste si influenzino a vicenda è un fatto che dipende dall’esperienza esistenziale di tutta una vita, nonché da una serie interminabile di fattori. Per farla breve, direi che queste iterazioni siano governate dal caso, e che la nostra attività di comprensione può darci solo magri macroindizi che ci permettano di collocare a grandi linee certe logiche su certi livelli, tenendoci comunque nascoste le iterazioni più fini tra le stesse, che guarda caso sono quelle che de facto governano il comportamento nelle sue dettagliate sfaccettature. In questo caos indeterministico, una logica coerente, frutto della saggia combinazione del tutto su menzionato, c’è, ma è inconoscibile. Ed ecco che la gente ci sembra strana e noi, per quieto vivere ed amore verso noi stessi, facciamo la cosa più saggia che uomo vivente possa fare: Ce ne fottiamo.

Rizoma

postato il 19 Lug 2010 in Main thread
da Lellida

La parola “collegamento” mi ha subito fatto pensare ad un concetto molto interessante, in questa era alter-moderna: il Rizoma. Botanicamente parlando il rizoma è un corpo che si estende orizzontalmente sotto il terreno ed ha la funzione di radice e serbatoio di nutrienti per la pianta, per esempio, lo Zenzero qui riportato.

Ma ciò che è interessante, è la presenza di multipli nodi e  snodi. Lo zenzero(come altre piante) si espande sotto il terreno, e da ogni nodo parte un pezzetto di “tubero” (non è corretto, ma non mi andava di fare una ricerca troppo accurata). Insomma, questo COSO si espande in modo non organizzato e sistemato come delle comuni radici di alberi. ( e qua parte il collegamento) E a proposito di alberi, si potrà ricordare come Descartes abbia organizato il sapere in una forma arborea, le cui radici fossero la metafisica, la fisica il tronco, e le altre scienze i rami. La conoscenza, il sapere, ma anche i procedimenti logici classici a partire dal sistema dicotomico, al sillogismo, al metodo scientifico (proprio quello di cartesio) sono rappresentabili sotto forma di piramidi o strutture lineari organizzate e ben definite; che partono da un concetto, a cui segue un altro (uno!) , per esempio: evidenza, analisi, sintesi ed enumerazione. Così, in modo organizzato e sistematico, può procedere il pensiero razionale (almeno credo). Ma una diversa rappresentazione del pensiero l’hanno avuta Deleuze e Guattari, due filosofi contemporanei che si sono ispirati al rizoma, per definire una modalità diversa di pensiero, multipli snodi: da ogni punto puoi arrivare ad ogni punto. <— ecco una cosa del genere. Il linguaggio, secondo loro è rizomatico, in quanto non esiste un “assoluto linguistico”, bensì molteplicità di dialetti e parole , un linguaggio può essere analizzato se lo si considera insieme a tutto ciò che è collegato (!) ad esso. Il linguaggio è molteplicità, e ingloba altre molteplicità. Ci sono molteplici linee, molteplici segmenti, e molteplici piani. Questi piani possono contenere e collegare qualsiasi idea o concetto, e il criterio di collegamento può variare. Come i link di internet, gli ipertesti. Forse per chi ha familiarità con l’informatica l’esempio che calza è l’ipertesto. I link sono ovunque e noi non ne possiamo fare a meno, li utilizziamo anche inconsapevolmente, e magari cliccando cliccando, ( ecco la magia di internet) da una pagina sulla filosofia di questi due che se si vogliono abbreviare ricordano un famosa griffe (D&G), si può arrivare a una pagina di un progetto musicale che si chiama J2O, e così via… Un’altra cosa interessante sempre su questi due tipi è che considerano  (ovviamente) la struttura rizomatica in maniera positiva poichè evade strutture “totalitarie/totalizzanti”. Loro fanno l’esempio del nomade che essendo in continuo movimento, non ha un territorio fisso, e non è confinato in alcun sistema politico o ideologico. Io ho personalmente trovato interessante l’dea che i concetti possano andare di qua e di là non in maniera circolare o concatenata, non avere un unico punto di partenza, ma molteplici; in maniera diversa dal sillogismo che parte da un concetto e arriva ad un altro (uno). E’ una apertura totale alle possibiltià infinite che si presentano, essere sempre nel “mezzo” e non avere né capo né coda… Non so cosa pensate di questo argomento… magari Viandante Solitario né saprà qualcosina in più!

Ad onta di ciò

postato il 15 Lug 2010 in Main thread
da Azazello

[Eccoci qui: il mondo è in rovina, le cose non sono sotto il nostro controllo e spesso non vanno come ci piacerebbe; siamo fregati.]

Mi sembrava doveroso e importante concentrarci su questo argomento almeno per il breve lasso di tempo che possiamo dedicargli: infatti esso è, in tutti i sensi, la colonna portante della nostra società — anzi, che dico: della nostra stessa realtà!

Le cose da dire sarebbero (sono) infinite, come, d’altra parte, per la stragrande maggioranza degli argomenti, anche se solo poche risulterebbero degne di un simile privilegio… ma torneremo anche su questo punto: come dicevo, le cose da dire sono infinite ed io, onde evitare di sbagliare nella selezione, lascerò a qualcun altro, con la solita mancanza di fantasia che mi contraddistingue, l’arduo compito di scegliere quali riportare (non vi dico chi).

1. Il collegamento nel piano delle cose materiali

Anni fa ricordo di aver cercato, con ad.6 e forse Nigredo, di concepire un mondo senza inerzia: inutile dire quante e quali stramberie ne siano venute fuori! un mondo simpatico, tutto sommato, dinamico e vivace. Ma che mondo sarebbe, senza collegamento! Anche senza arrivare a orrende disquisizioni di fisica delle particelle che non mi competerebbero, è facile per il più stolto studente di scuola media inferiore comprendere come le interazioni tra gli atomi siano alla base della materia stessa! E, diciamolo, senza materia la realtà non sarebbe altrettanto divertente! Naturalmente il collegamento delle particelle è figurato, ma non per questo meno valido: così veniamo al secondo aspetto di questo importante elemento.

2. Il collegamento nel piano delle cose immateriali

Cos’è, infatti, il pensiero razionale se non la capacità di formare collegamenti tra concetti conformemente ad un insieme di regole chiamato “Logica”? E spingendoci oltre: cos’è il pensiero stesso (razionale, irrazionale o burro che sia) se non la capacità di formare collegamenti tra concetti? Ma poi, che ragione d’essere avrebbero i concetti stessi, se non potessero essere collegati fra loro? La vita stessa, in tutte le sue forme, dipende da collegamenti sempre più elaborati tra cose diverse: a partire da quelli tutto sommato semplici e, in un certo senso, meccanici tra le diverse reazioni in una cellula, passando per quelli più complessi e ramificati che costituiscono l’istinto animale e arrivando alla capacità di creare intricate maglie di collegamenti fra concetti nell’uomo. Un esempio banale dell’importanza del collegamento: sul mio libretto ci sono un 27 e un 30 e lode. Questa informazione, di per sé, non ha alcun significato! senza soffermarci sull’enorme quantità di collegamenti che vengono fatti solo per comprendere il concetto di “esserci”, di 27, di “lode”, di “libretto” eccetera eccetera, veniamo al punto: 27 e 30 e lode, se collegati al solo concetto che 30 è il massimo voto possibile a un esame, lasciano presupporre una buona carriera universitaria, ma formando un altro collegamento possiamo facilmente comprendere che un 27 e un 30 e lode sono buoni voti, ma perdono gran parte della loro validità se spalmati in due anni invece che in tre mesi; spingendoci ancora più avanti, possiamo collegare questa informazione alle galline, rendendo questo esempio una perfetta analogia del modo in cui l’uomo usa il collegamento per formulare pensieri incompleti, consapevoli e coerenti, o del tutto irrazionali.

3. Il collegamento nel piano del blog

In quanto terzo autore, volevo scegliere un argomento che fosse sintesi dei precedenti, ma non per questo banalmente riconducibile ad essi e credo di esserci riuscito: che senso avrebbe il Due senza poter essere confrontato all’Uno, ai Molti o ai Deltaplani? e cos’è una scatola se non ciò che collega concettualmente (pur essendo, fisicamente, l’elemento che li divide) il dentro col fuori?

Spero che questa introduzione possa servire a tutti per cogliere un barlume della straordinaria rilevanza che il collegamento ha nel nostro piano di esistenza e confido che i miei colleghi sapranno ben colmare le enormi lacune di questo povero elaborato con la loro saggezza ed esperienza.

Buona lettura

 

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