L’Ignobile Ignoto!

postato il 15 Apr 2011 in Main thread
da Deluded Wiseman

Attualmente per me l’ignoto ha un nome. E un cognome. E una forma fisica. E un numero di pagine. E anche una copertina. Avrete capito che parlo di un….libro, sì! Dieci punti a Grifondoro! Non giudicatemi come un azzeccato, abbiate pietade. E’ che ero seduto qua a confrontarmi con la mia innioranza sul da scriversi sull’innioto, quando ho visto con la coda dell’occhio fare bella mostra di sé, nella sua vocabolarietà, il mio libro di Diritto Privato, Albertone Trabucchi, anche detto “O’bambiniell”. Automaticamente mi è sovvenuta la drammatica cifra della mia esistenza, che forse qualcuno di voi poveri studenti riconoscerà come essere anche propria: con tutte le belle cose ignote che ci sono nel mondo, e di cui si potrebbe parlare, e di cui si potrebbe voler conoscere la natura, attualmente il mio maggior problema riguardo l’ignoranza e l’ignoto è costituito dal fatto che di quelle milleduecento pagine delle quali io dovrei conoscere il contenuto, ho provato a conoscerne solo un terzo, e forse manco un terzo di questo terzo(un nono del totale!) mi è effettivamente noto. Come forse avrete intuito, vivo la cosa con una certa drammaticità,  che magari per ora somatizzo ridendoci e guasconandoci su, ma presto potrei arrivare ad esser fonte d’ispirazione per il miglior Sofocle. Già ora sono preoccupanti le somiglianze che ravviso fra il mio libro di cotale materia e l’idea stessa di Ignoto. Ecco, se dovessi immaginare proprio l’idea di Ignoto, ma proprio Plato-style, capite, sarebbe una palla nera, di un nero becero, impenetrabile; in mezzo a tutte le simpatiche idee fluttuanti(ricordo che nel mio sistema filosofico le idee delle cose sono delle palle con l’immagine più scontata della cosa in questione dentro. Es:l’idea della sedia è una palla con una sedia dell’Ikea, color fòrmica, dentro), c’è questa sfera nera come la pece. Impenetrabile, sì, ma non troppo: nel senso che, fondamentalmente, l’uomo nella sua storia non fa altro che cercare di guardarci dentro, spronato dai più vari motivi(necessità biologica, curiosità, ruota di femmine), e ogni tanto effettivamente riesce a illuminarne un pezzo e butta qualche occhiata dentro. Però per quante occhiatone anche ragguardevoli vi siano state buttate, c’è sempre il nucleo dell’Ignoto, il gustoso cuore di tenebra che rimarrà sempre, appunto, Ignoto, per quanto l’uomo gli rosicchi intorno. Per esempio, dopo anni abbiamo finalmente scoperto che è stato Obi-Wan a sfregiare mortalmente Anakin Skywalker, ma non potremo mai sapere cosa ha spinto il maestro Jedi a prendere i voti e diventare Padre Pio! Per dirne una. Scusate. Ed ecco, allo stesso modo, guardandomi intorno vedo un sacco di cose che, suppergiù, posso dire di conoscere: i miei fumetti, le mie casse, il mio accordatore, la home di Youporn, quei demo che girano su Fb, sempre loro, da quindici anni, e poi lui: questo parallelepipedo blu che, invece, ignoro nel profondo. Posso provare a gettarci occhiate dentro, sì. Un po’ l’ho fatto. Ma esso è sostanzialmente impenetrabile: se provo ad aprirlo, così, in una pagina a caso, sarà un po’ come gettare lo sguardo nell’abisso di pece dell’Ignoto stesso! Esso mi respinge, mi spaventa, e allo stesso tempo mi attrae, mi cattura, come l’Ignoto ha fatto per millenni con l’uomo, perché è proprio lì che c’è la conoscenza che ci serve! La devo pur pigliare sta laurea, mannaggia bìmbùmbàm. E potrò anche conoscerne un po’, per carità. Ma un po’. Per esempio, sicuramente potrò imparare che il matrimonio si può intendere in due sensi, come atto giuridico(matrimonium in fieri) e come rapporto giuridico “matrimonium in facto”. Ma potrò mai sapere chi cazzo se ne frega? Ignoto, ragazzi, ignoto.                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      Però alla fine lo so, lo dicevo anche prima, che è un peccato che con tutto quel ben di dio che c’è nella suddetta palla nera, la mia attenzione, almeno mentre scrivo questo coso, sia focalizzata sulla quarantesima quarta(sic) edizione di “Istituzioni di Diritto Civile”. E dire che ci sono sicuramente molte cose di gran lunga più attraenti, che pure siano ascrivibili all’insieme delle cose “ignote”. La verità sull’origine dell’universo, su Dio e la vita dopo la morte e tutto,  il codice della carta di credito del nostro Premier, le fattezze ignude di Robin di How i met blabla, l’ubicazione del Graal, il vero trucco di Superman per non farsi riconoscere(il ricciolo non basta, dai), la cura per il cancro, la vera identità del Milite Ignoto, e via dicendo, per fare qualche esempio.                                                                                                                                                                       Magari fra dieci minuti mi passa, ma ora è così. Me ne dispiace, eh, altro che no, potrei perdere delle occasioni importanti; pensate se fossi stato Adamo, anzi Eva. Sarebbe potuta andare in questa squallida maniera:                                                                                                                                                                                                                                         Serpente: “Yo, Eva. Se mangi il frutto proibito, conoscerai il Bene e il Male.”                                                                                                                                                                                             Io: “Ah.”                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                       S.: “Conoscerai la verità sull’Universo che ti circonda, sulla vita, sulla morale, sul giusto e sullo sbagliato, sul Disegno di Dio, sul finale di Lost  e altre meraviglie sconosciute!”(ai tempi dell’Eden non era ancora finito, sapete)                                                                                                                                                                                                                        Io: “Ho capito.  E il Diritto Privato?”                                                                                                                                                                                                                                                                               S.: “Non lo so..penso si possa ricomprendere in “Male”, ma sinceramente non saprei..”                                                                                                                                                                       Io: “Vabbè, allora non so.”                                                                                                                                                                                                                                                                                                     S :”Però sarai padrona della tua vita, e della conoscenza! Non più cieca marionetta a spasso lungo il sentiero che Dio ha disegnato per te, ti ergerai, torreggiante, sull’Universo che ti circonda, travalicando gli angusti confini per te predisposti dal tuo tirannico Creatore!”                                                                                                                            Io: “E pensi che potrebbe fare buona impressione sul Professore?”

E tipo così. Tipo che se ero Socrate, che sapevo di non sapere,  se guardavo il Trabucchi mi facevo pigliare per pazzo e piangevo per giorni, che manco le ragazzine emo di Piazza Dante(che mo invece sono indie con la reflex. Mah. Ignoto.)Non son cose belle, no.                                                                                                                                                                Ma devo dire che ci sono cose peggiori…potrebbe piovere. Oppure potrei pensare al futuro, che è un po’ l’ignoto jolly, quello con la IGN maiuscola. Quello sul quale forse varrebbe la pena postare, e disquisire, dico io! Però mi sa che non è arte mia. Vi dico solo che se dovessi fare un post su quello che mi passa per la testa quando penso al mio futuro, le tag sarebbero “guerra e povertà globali”, “sventure letali e imprevedibili” “disoccupazione/insoddisfazione” ,“muoio solo”, “muoio in compagnia ma povero e un po’ troppo presto”, “forse era meglio morire subito dopo aver perso la verginità”, “vergogna”. Se, invece, tanto per rimanere in tema di grandi interrogativi, facessi un post sulle scelte della mia vita e su ciò che si cela dietro quelle proverbiali porte che non ho aperto, le tag sarebbero “era sicuramente meglio colì”, “ma chi me lo ha fatto fare” , “rimorso”, “vergogna”, “almeno non pioveva”. Ehi, e mo che ci penso, lo avevo davvero rimosso, un post sul futuro l’ho fatto! Chi lo ha letto ricorderà l’immagine di totale sconforto e pesantezza che trapelava da quello scritto! Ohohoh, pare proprio che non mi leggerà più nessuno!

No, non fatelo, è solo che certe volte mi deprimo. Se fate i bravi , sotto vi linko una barzelletta. La verità, ve ne sarete pur resi conto è che io ho una fottuta paura di sta roba. Probabilmente perché la conoscenza è potere, l’ignoranza è totale mancanza di controllo. E il sapere di essere totalmente impotente sulla cosa più importante, il mio stramaledettissimo futuro, mi riesce difficile da accettare. Mi è sempre riuscito difficile accettare le cose sulle quali sono impotente, come dicevo l’altra sera, fra le lacrime, mentre si parlava di sesso. Alla fine il problema di quella grossa palla nera è che ci viviamo dentro, immersi fino al collo nella pece e cosparsi, per sfregio, di piume. E io ho qualche problema con questo.                                                                                                                                                                                                                                                             A questo punto, che vado trovando, ci potrebbe chiedere? Di sapere dov’è che vado a parare con la vita, cosa mi aspetta dietro a ogni curva, e di cacciare l’ignobile ignoto dalla mia vita? No(al massimo vado trovando di sapere dove vado a parare con questo post), che sfizio ci sarebbe se no? Ci sono un tot di cose, un bel tot, che han da rimanere sconosciute, in primis il futuro. Altrimenti, ci pioverebbe addosso un esplosivo mix di perdita di voglia di vivere, di possibilità di trarre piacere da quei rari momenti felici,  e soprattutto una vagonata di ansia tremenda per i momenti brutti. Non c’è bisogno che ve lo dica io: li abbiamo visti quei film dove, per esempio, il tizio sa che la sbarba morirà cadendo dallo sgabello della cucina mentre cucina i Teneroni Rovagnati, e allora mette i pavimenti morbidosi e i puff ovunque, e lei si affoga proprio col Tenerone Rovagnati. Non dico che è il destino, ma sappiamo tutti che conoscere il futuro potrebbe provocare più problemi che altro. Va da sé che anche la conoscenza totale del presente non avrebbe giovato all’uomo come specie. Ma se qualcuno potesse fare qualcosa per il Diritto Privato, io non mi formalizzerei. Questi ultimi righi di ovvietà per dire? Che non so di cosa mi sto lamentando. Non ho niente da obiettare alla sana ed efficiente divisione dello spazio e del tempo in Noto/Ignoto. Fondamentale e sacrosanta. Però, io provo davvero un senso di sgomento la maggior parte delle volte che cerco di pensare a quello che sta al di la del patetico cerchio di luce che ho intorno, quello che sembra fatto da un Geomag fosforescente che non piglia sole da tre giorni. Alla fine, penso sia un problema comune un po’ a tutti, chi più chi meno.  Bè, mi congratulo coi “meno!”. C’è chi si preoccupa poco, e si guarda intorno con speranza e fiducia, e chi è come me, che si guarda intorno con speranza e fiducia(non è che passo il a piangere nell’oscurità!). Mi guardo intorno con fiducia, e dico :”Cazzo, và quante bellle cose che mi può riservare il domani! Và quante belle cose da conoscere ed imparare!” Vi giuro che lo faccio. Poi però penso: “Oh cazzo, potrebbe andare tutto a puttane! Oh cazzo, non so praticamente nulla di quello che mi gira intorno! Non so nemmeno cosa mi gira dentro!”. Da qui le vagonate di ansia che riverso su di voi allorquando un post me ne offre l’occasione.                                                 E lo sapete qual è un’altra grande cosa che veramente ignoravo quando ho iniziato a scrivere questo post? E’ che alla fine avrei concluso decidendo che il mio libro di Diritto Privato, come attuale raffigurazione e simbolo di quello che è per me l’Ignoto, è davvero la meno shockante fra le varie alternative papabili!

PS: La barzelletta di cui sopra.

Come andrà a finire?

postato il 10 Apr 2011 in Main thread
da freeronin

Ritornare dopo tanto tempo a un gesto prima consueto dà il senso di come dalla vita non possiamo aspettarci che scorra sempre allo stesso modo.

Casa al mare in Calabria dove vai tutti gli anni: scopri che i nonni stanno per venderla, ti rassegni e ti aspetti che magari un giorno tornerai e ritroverai le sensazioni dell’infanzia. Gara sui 300m di un evento in cui corri sempre quella distanza: ti trovi a non doverla più fare, ti rassegni e ti aspetti che prima o poi tornerai a farla e correrai più o meno la stessa gara, con un tempo, si spera, più basso.

Nel momento in cui i nonni vendono la casa, nel momento in cui scopri che probabilmente per parecchio tempo non farai più quella gara, ti trovi a chiederti come saranno le tue estati senza quel mare e quelle stradine assolate, come sarà gareggiare in quella manifestazione su altre specialità… In realtà non lo chiedi, ma, nel momento in cui realizzi che quella consuetudine si è completamente persa, senti un vuoto dentro che fa proprio le veci di quella domanda a cui non sai dare una risposta.

All’improvviso ti trovi davanti al fatto che ignoto è comunque il nostro futuro; anche se normalmente ci aspettiamo che una giornata scorrerà più o meno come quella precedente, in effetti non è che una finzione, perché non sappiamo davvero come andrà a finire.

Paradossalmente, l’ignoto va a insinuarsi molto di più proprio in quella stradina secca e piena di ciottoli percorsa ogni giorno per andare a mare, nella terrazza da cui ogni sera, con il nonno, guardavi il tramonto tra gli scogli, nella distanza di cui conoscevi ogni sensazione. La vertigine è tanto più forte quando, dopo qualche tempo, scopri che affacciarti a quella terrazza non ti restituisce nulla del modo in cui vedevi quel tramonto da bambino, che gareggiare dopo anni su quella distanza non è correre la stessa gara in un tempo più basso. Anche lì c’è tanto di ignoto, tanto da scoprire.

Consuetudini, riti e abitudini ci fanno in parte dimenticare di avere a che fare quotidianamente con l’ignoto. Quando all’improvviso ci viene sottratto qualcosa che per noi era consueto e abituale, ci viene sottratta una delle poche certezze che sentivamo di avere; ed ecco che dobbiamo cominciare a visitare posti nuovi e a prendere confidenza con altre specialità, trovandoci nella situazione un po’ inquietante, ma anche appassionante, di non sapere cosa accadrà, di non sapere in anticipo come quel vuoto sarà colmato.

Non siamo in condizione di fare troppi calcoli, ma, d’altra parte, ci è anche impossibile fare a meno di pensarci al di là del qui e dell’ora. Costretti a convivere con aspettative, scaramanzie, speranze, timori, scommesse, siamo spesso costretti a fare i conti, ogni giorno e nei modi più disparati, con l’ignoto.

La guardi, è già lontana

postato il 6 Apr 2011 in Main thread
da Vobby

“Bene, ora comincio a scrivere la tesina!” e invece no.

Raramente mi è capitato di pensare all’ignoto come a un’informazione. Certo, ci sono stati episodi in cui mi ha sfiorato un’interpretazione simile, ad esempio durante i compiti di chimica, ma in quei casi più che l’ignoto percepivo il vuoto pneumatico. L’ignoranza di un numero pressocchè infinito di nozioni fa parte della condizione umana. Tuttavia, in qualunque momento della nostra vita abbiamo la possibilità di apprendere qualcosa su alcune parti di questo infinito, basta interessarsi.
Questo vale per qualunque materia e campo di studio, se si è disposti a faticare. L’ignoranza di informazioni che vogliamo ottenere, insomma, è una condizione assolutamente temporanea (salvo morte improvvisa. Ma in quel caso non sei ignorante, non sei affatto).

Esiste invece un altro infinito, sul quale si potranno fare diverse congetture, ma di cui in fondo non si potrà mai, in nessun modo, scoprire niente: è l’universo delle esperienze non vissute.
Mi sono reso conto di essermi perso qualcosa dopo la maturità. Ero in ottimi rapporti non tutti i miei compagni di classe, con 4-5 di loro mi sento e vedo ancora, ogni tanto (una volta negli ultimi 5 mesi,se escludiamo incontri casuali di 5 minuti. Non odierò mai abbastanza Simona e Rossella), ma non li ho mai frequentati quando ero al liceo, non ho mai visto nei miei compagni il mio gruppo di amici. E la cosa mi ha intristito, quando ne ho compreso la portata. Alle ultime feste di compleanno mi rendevo conto che nonostante volessi bene a tutti, con pochi avevo davvero qualcosa da condividere, al di fuori dell’esperienza scolastica. La cosa si fece particolarmente palese alla festa che seguì la maturità. Mi divertii moltissimo, intendiamoci, ma anche allora ebbi momenti di lieve malinconia constatando che quasi tutti avevano in progetto, di lì a poco, di fare vacanze insieme, di provare le stesse facoltà, di prepararsi insieme per i test d’ingresso, di uscire insieme la sera dopo, di dormire uno a casa dell’altro quella notte stessa. Non era un caso che fossi sempre fra gli ultimi ad andar via dalle feste di classe. Volevo assorbire fino in fondo la vicinanza di persone che,lo sapevo, avrei visto poco fuori dall’aula. Per lo stesso motivo in fondo ho sempre preferito stare alternativamente con i miei compagni e con Mirb. Lei conosce alcuni miei compagni e compagne, e molta gente di classe sua era sempre presente alle feste di classe mia. Io non la invitavo a venire con me però, non credo di saper definire bene il motivo, in un certo senso desideravo respirare appieno un’atmosfera che sarebbe stata diversa con la sua presenza.
Perché non mi impegnavo a frequentarli fuori dalla scuola? Probabilmente perchè ho capito che avrei voluto farlo solo alla fine dei tre anni trascorsi al Genovesi. Credevo bastasse l’aula, per stringere legami con la classe. Sono davvero pochissimi i luoghi in cui mi sono sentito più a mio agio, più felice, più sereno che nella mia classe. Per stare bene lì non ho mai dovuto fare niente di meno nè di più nè di diverso da ciò che mi piaceva. Dopo un breve periodo di assestamento, ognuno acquista il suo ruolo in una classe, no? A quanto pareva, amare le materie umanistiche, essere indecente in quelle scientifiche(che poi è solo quasi vero), scroccare pizzette nell’intervallo, offrirne una una volta l’anno, sbattersi con la capoeira, la lotta e i bicipiti (lol), essere costantemente distratto, tanto da giocare a pokémon nelle ore di inglese, dimostrare cordialità e disponibilità con tutti, era più che sufficiente per farsi voler bene. Se sono stato sul cazzo a qualcuno, non me ne sono mai accorto*. Già ampliando l’area delle frequentazioni la cosa cambiava: per diversi motivi, come il mio ginnasio all’umberto, la mia abitudine a non restare molto tempo sotto scuola dopo le lezioni, la mia avversione alle occupazioni, la mia scarsa stima per alcuni personaggi piuttosto popolari, non ho conosciuto molte persone fuori di classe mia. C’è da dire poi che raramente sono stato granchè estroverso. E’ probabilmente a causa di tutto ciò che non sono quasi mai uscito con i miei compagni a Piazza del Gesù: sentivo di avere un posto e un ruolo nella classe, non sotto l’obelisco.
Basta come spiegazione?
No, perchè il mio atteggiamente era stato radicalmente diverso in passato. Nel Febbraio del 2007, quando ero in quinto ginnasio, andai alla festa di carnevale a casa di Elena, mia cugina. Lì conobbi in una sera un numero enorme di persone, e attraverso alcune di quelle ne conobbi tante altre nel giro di pochi mesi. Mi ero tuffato di testa in un nuovo mare, in niente simile a quello in cui ero abituato a nuotare, senza alcuna remora. Non ebbi alcun problema a tagliare i ponti, nel giro di settimane, con i miei amici delle medie, che ancora frequentavo, e con i miei amici dell’umberto e del mercalli. Tornando sul tema iniziale, nel febbraio del 2007 non ebbi nessuna difficoltà ad abbracciare ed esplorare l’ignoto, cioè quella che sarebbe stata la mia vita accanto a persone diverse da quelle a cui ero abituato. Per coronare il tutto, visto che da qualche tempo frequentavo altri miei compagni di classe delle medie e i loro amici genovesini, trovandomi assai bene, decisi definitivamente di cambiare scuola. In quei mesi iniziali del 2007 (fra gennaio, quando passai le mie prime serate a piazza del gesù, e marzo, quando ormai avevo iniziato a conoscere il gruppone del sannazzaro e il gruppo college) salutai con poche cerimonie anche tutto il buono che avevo avuto fino ad allora.
Come spiego questa diversità nel mio atteggiamento? Come spiego, e quindi come giustifico il fatto che, nonostante sapessi che buttandosi nell’ignoto si potesse trovare un’immensa felicità, non mi gettai fra le braccia di classe mia e del genovesi, riprendendo a frequentare la piazza come all’inizio dell’anno, ma con i miei nuovi compagni?
Semplice:in quinto ginnasio ero infelice. Avevo una sete infinita di cambiamento. Non mi sentivo a mio agio all’umberto, non ero mai stato davvero realizzato nel gruppo delle medie, non mi sentivo granchè apprezzato. Non piacevo alle ragazze, cazzo. Nell’ignoto di quel carnevale gettai la maschera e rovescai il mio mondo. Non cambiai la mia personalità, fui più profondamente, e con più sicurezza, me stesso. E questo Vobby così uguale a come era sempre stato, per qualche incredibile e meraviglioso motivo piaceva come non era mai piaciuto a nessuno. Per questo non mi dimostrai altrettando aperto all’ignoto di classe mia: ero felice nella mia ignoranza. Vivevo da poco una nuova vita, non volevo per nessun motivo abbandonarla, nè cambiarla in nessun modo.
E forse sbagliai. Perchè io non mi pentirò mai di nessun momento passato con roberta, con le pagine sparse, o a casa di luca, o di lalla, ma allo stesso tempo mi rendo conto che un piccolo sforzo in più, per fare un minimo di luce su quel mondo che non conoscevo, e per farmi illuminare da esso, potevo farlo. So che sono stato felice in questi anni, sono sicuro che non avrei potuto esserlo di più, ma non saprò mai se avrei potuto esserlo diversamente, conoscendo meglio altre persone pure tanto belle e generose, che si sono sempre dimostrate disposte a volermi bene.
Sono anche stato così imbecille da riuscire ad assentarmi alla rimpatriata che io stesso avevo proposto mesi fa, perchè controllai con un giorno di ritardo la mail di facebook, e per questo non ho scuse, mi sa.
Un mio compagno mi disse che io e lui non ci saremmo mai più visti, dopo quella festa di fine anno. Per ora ha ragione. Ma mi sono ripromesso di smentirlo, e la voglia di farlo non è diminuita.

*Eventuali lettori compagni di classe, non desidero essere smentito, grazie.

Cólto alla sprovvista

postato il 3 Apr 2011 in Main thread
da Azazello

[Questo post inizia con tre brutte notizie: la prima è, come avrete potuto notare, l’infausto annuncio di una cattiva notizia; la seconda è che uno dei nostri autori ha deciso di ritirarsi; la terza è che tocca a me scegliere un argomento e che, essendo stato colto alla sprovvista, mi toccherà sceglierlo in fretta traendo ispirazione da quello che capita, cosa che non ha sempre funzionato granché (come ricorderete)]

Eccoci qui, all’alba di un nuovo argomento. Vi farò innanzi tutto una confessione: mentre scrivo queste righe non sono ancora a conoscenza di quale sarà, ma spero proprio che l’ispirazione mi raggiunga prima della fine di questo post oppure prima della nozione che scrivere un post senza sapere di cosa parlare è fuor di dubbio un’attività poco saggia. Dedichiamoci, dunque, alla scoperta di questo brillante argomento partendo dalle cose che sappiamo per certe:

  1. Esso sarà, fuor di dubbio, un argomento non inerente al cibo. La cosa si è rivelata inadeguata e problematica in più di un’occasione, per cui non mi pare intelligente commettere per la terza volta lo stesso errore (già due…);
  2. Esso non richiederà attività o attenzione aggiuntiva, intensificata o esterna, per i nostri autori, al di là della mera scrittura del post. L’idea, infatti, si è rivelata sempre interessante, ma spesso di difficile realizzazione e difficilmente ha dato i risultati sperati, con grande disappunto mio e di altri, e insomma stiamo ancora tutti aspettando che qualcuno scriva il seguito delle vicende del nostro buon Andrea;
  3. Esso non sarà, a dispetto delle aspettative, un argomento dalle infinite possibilità. Infatti sappiamo che quando si può dire troppo di qualcosa, quella cosa è poco interessante. In realtà NON lo sappiamo, ma ho pensato bene di addurre una motivazione che potesse apparire in qualche modo intelligente a un occhio poco attento;
  4. Esso avrà a che fare con le “I”, quelle che hanno i puntini quando sono scritte minuscole. Io penso che la “I” sia una lettera maestosa e più che degna di nota, ma che sia sottovalutata in favore di altre più rozze e tristi vocali quali potrebbero essere la “A” o la “O”;

Siete liberi di cercare di indovinare in quale momento del post ho deciso che l’argomento sarebbe stato:

 

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