In morte di Socrate

postato il 8 Set 2011 in Cazzi e mazzi personali
da Vobby

(Socrate è stato condannato a morte; i suoi discepoli sono disperati, e decidono di riunirsi intorno a lui per ascoltare le sue ultime parole, già rassegnati all’idea che il loro maestro rifiuterà la fuga. Una nostra vecchia conoscenza, Eumolpo, si reca per primo dal nostro pederasta preferito, certo che la sua compagnia lo avrebbe confortato in queste difficili ore.)

-Socrate: (nell’atto di posare un bicchiere dopo averne bevuto il contenuto in solo sorso) “hic”.
-Eumolpo: Maestro! Padre spirituale di noi tutti! Hai già assunto il veleno mortale, senza bisogno di conforto alcuno?!? Quanta forza d’animo! Che coraggio!
-S: Ma che cazzo dici, pezzo d’idiota! Sto tracannando vino, altro che veleno! La cicuta è in quel bicchiere all’angolo del tavolo, ma -hic- ho cambiato idea, non la berrò per nessun motivo al mondo!
-E: L’ebbrezza deve aver offuscato la tua mente, oppure stai scherzando! Metti fine alle tue sofferenze, maestro, e alle pene di chi ti ama! Vuota in fretta l’amaro calice!
-S: Ma di che sofferenze parli, cretino! Su, scoliamoci insieme quest’altra bottiglia di buon vino, prima che io scappi.
-E: Hai davvero cambiato idea allora, o Socrate? Fuggirai da Atene come di avevamo suggerito? Questo mi rende felice, ma anche confuso..
-S: E certo che fuggo! Solo un coglione resterebbe qui a farsi ammazzare da qualche boia fetente, servo di uno stato corrotto. Nè mi sembra più saggio uccidersi con la cicuta, quando potrei trascorrere un’altra decina d’anni in compagnia di teneri fanciulli e dolce nettare! Ah!
-E: Ma… Maestro, io… noi credevamo che tu avessi scelto di accettare la sentenza del Tribunale, che tu desiderassi morire pur di insegnare a noi e ai posteri il rispetto per la Legge, la deferenza nei confronti dell’autorità, verso le istituzioni di questa Repubblica… perché adesso parli di corruzione dello Stato? La Democrazia è il sistema di governo migliore mai creato! Davvero, non capisco..
-S: E allora bevi, che “in vino veritas”, come diranno i futuri! E metti da parte questo tono solenne, queste parole altisonanti, e soprattutto quelle maledette maiuscole! Ora basta. So cosa vi ho detto. Ho parlato molto, troppo, senza davvero comprendere il senso dei miei stessi insegnamenti. Ma ho fatto bene a bere, in questo momento che poteva essermi fatale! Ho capito qualcosa, ho visto le cose con più -hic-, con più chiarezza! E’ tutto sbagliato, Eumolpo, tutto falso. Questa notte fuggirò, adorato allievo, perchè ho smesso di vedere la giustizia in questo stato che troppi si ostinano a chiamare giusto!
-E: Ma cosa dici, Socrate! Questa è la Democrazia! E’ lo Stato giusto per eccellenza, il governo di tutti!
-S: Ora mi stai facendo girare le palle, Eumolpo! Bevi, che ne hai bisogno. Questo tuo stato così giusto mi vuole morto, te ne sei già dimenticato? Smettila, dimentica quello che ti hanno insegnato, scordati delle mie stesse parole, ma ascoltami ora! “Il governo di tutti” non è altro che il governo dei demoi, dei gruppuscoli d’interesse, non sono altro che delle schifose lobby! Fanno finta che ci sia una reale competizione per il potere, loro, quella maledetta accozzaglia di mercanti e usurai, assumono il comando dello stato e lo usano per fare ancora più soldi! La feroce conquista dell’Eubea, i furti della lega delio-attica (non merita maiuscole!)… Questi scempi, tali vergognose macchie sulla storia della città, credi che abbiano almeno servito gli interessi di tutti gli ateniesi? Col cazzo! Affogano nel lusso questi bastardi, nello sperpero e nella speculazione* di risorse pubbliche! Li vedi con le loro triremi e quinqueremi, a farsi i giretti del Pireo, mentre il popolo, quello vero, e i meteci, nati stranieri, vivono di stenti e lavorano per loro, senza avere alcun diritto..
-E: Ma cosa vai dicendo, Socrate! Il popolo intero vota, e i meteci non sono cittadini, sono stranieri, appunto, è giusto che non prendano parte alle decisioni politiche!
-S: Ancora a parlare di giustizia, e di giustizia in questa politica??? Continua a bere, deficiente! E fai attenzione: certo che gli stranieri non sono cittadini, le nostre leggi sulla cittadinanza fanno rivoltare lo stomaco! Ci piace, anzi piace a loro, agli stronzi pieni di dracme, farli lavorare come muli, questi poveracci.. per quante altre generazioni dovranno spalare la merda dalle strade, prima di cominciare a votare?!?
-E: Ma -hic- è vero ma… E’ la volontà popolare, ti ripeto, -hic- no?
-S: Certo che no! Quale volontà? Branco di pecore, questo è diventato il popolo sovrano, o forse lo è sempre stato! Sono convinti di discutere e di informarsi, nell’agorà, e invece stanno lì a farsi rincoglionire e manipolare da qualche sofista prezzolato, maledetti linguivendoli!
-E: Sì! Che merda i sofi..-hic-, i sofisti! Questo lo abbiamo sempre detto!
-S: Ma non solo loro: ogni rito cittadino, ogni festa, ognuna di queste cazzate non serve ad altro che a irregimentare, a far marciare in fila, col passo dell’oca, senza nemmeno saperlo, questo maledetto popolo di servi…!
-E:…Anche la tragedia?
-S: Anche la tragedia! Serve solo a confondere e distrarre chi dovrebbe decidere i destini della polis!
-E: Ma la funzione -hic, la funzione educativa…
-S: Puah! Eschilo aveva qualcosa da insegnare, e forse anche Sofocle! Ma che affoghi nell’Acheronte la nuova generazione di tragediografi, Euripide coi suoi degni compari! “Oh, poveri i figli di Medea! O che miserie le piccole Troiane!” Di questo piange il “popolo sovrano”, quando dovrebbe governare! Puah! Psicodrammi adolescenziali senza il minimo spessore, privi di qualsivoglia messaggio politico!
-E: Sì… Sì! Hai ragione maestro! Hic! Finalmente anche io ci vedo chiaro!
-S: (Ormai completamente sbronzo ed euforico) Bravo, mio dolce discepolo! Il vino ha dissipato le nubi anche dalla tua mente! Hai capito finalmente le bugie che si annidano dietro…
(Entra Platone)
…il rispetto delle leggi, la deferenza verso l’autorità, la dignità delle istituzioni! Forza ora, alla goccia!
-E: Sì!
(Bevono felici, senza capirci proprio più un cazzo)
(Eumolpo scompare sotto il tavolo, definitivamente ciucco)
-Platone: Socrate, Maestro, Padre Nostro! Quanta gioia mi dà la possibilità di assistere al tuo ultimo, supremo gesto di coerenza, saggezza e coraggio!
-S: Ma cosa dici Platone, questo è… (guarda il bicchiere che ha in mano. Inorridisce) MA PORCACCIA EUROPA INCULATA DA ZEUS-TORO!
-P: Sì, così! Bestemmia queste divinità false e bugiarde!
-S: Ma va’ a farti fott.. argh..
(Cade a terra. Rantola, muore. Platone si sente particolarmente commosso. Eumolpo russa.)

Fine

*non manca mai, la speculazione.

La competizione più dura

postato il 2 Ago 2011 in Main thread
da Vobby

Quello che giova al nimico nuoce a te, quello che giova a te nuoce al nimico.[Niccolò Machiavelli, Dell’arte della guerra]

Dei primi due uomini a entrare in competizione, uno è stato ucciso.
Dei primi due gruppi umani a entrare in competizione, uno è stato in parte distrutto e in parte schiavizzato.
E se non i primi i secondi, perchè la guerra è un fenomeno più antico dell’agricoltura.

La guerra, “l’uso illimitato della forza bruta”, ha sempre accompagnato l’uomo durante il corso delle ultime migliaia di anni. Da quando la storia ha avuto inizio, almeno un gruppo di Homo sapiens ha vissuto in stato di guerra con un altro. Anche considerando realtà geograficamente circoscritte si osserva che dove c’è indipendenza di diverse realtà e gruppi politici, c’è guerra, non importa quanto sia ridotto l’ambiente considerato: perfino l’isola di Pasqua ha conosciuto una serie di guerre devastanti*, che ridussero una società relativamente progredita e organizzata in classi e in diverse e autonome entità statuali all’insieme di poche migliaia di raccoglitori e cacciatori di ratti che entrarono in contatto con gli europei.
Allo spettro della guerra non si sfugge in alcun modo: le feste in onore di Zeus Olimpio celebrate nella Grecia antica sembrano prestarsi immediatamente come dimostrazione di quanto detto: esse costituivano un periodo di pace obbligatoria, durante la quale nessun greco poteva permettersi di compiere atti di guerra; ma in cosa si risolvevano, se non nell’esaltazione della guerra stessa? Corsa, corsa con armi, lancio del giavellotto, corsa dei carri, lotta, pugilato, pancrazio… queste competizioni semplicemente riproducono singoli aspetti del conflitto armato, descrivono la competizione sportiva come uso “limitato” della forza bruta. Eventi analoghi si verificarono nel Medioevo, durante il quale i rappresentanti della nobiltà, se non erano impegnati a cavalcare armati su territori altrui, impiegavano gran parte del loro tempo partecipando a tornei.
Quindi: il fatto che gli esseri umani, da quando ha avuto inizio la cosiddetta “civiltà”, non siano mai riusciti a vivere completamente in pace può dirci qualcosa sulla natura umana? Ma anche: non ci dice qualcosa sulla nostra natura il fatto che pur vivendo in tempi e luoghi pacifici non riusciamo a liberarci del bisogno di dare sfogo, almeno sublimandolo, a un nostro pressante bisogno di competere e quindi di guerreggiare?
No. Difficile anche solo dire che esista, una natura umana. Tutto ciò, piuttosto, ci dice qualcosa sulla civiltà.

Alcuni dicono la cosa più bella, sulla nera terra, sia un’armata di cavalieri. Altri dicono di fanti, altri di navi. Per me invece, è ciò che si ama [Saffo, frammento 16]

Il concetto stesso di civiltà è inscindibile da quelli di competizione, sopraffazione e guerra. Proviamo a dimostrarlo.
Quando comincia la civiltà, e quindi la storia? Nel momento in cui l’Homo sapiens diede vita ai primi gruppi gerarchicamente organizzati, oserei dire. Anche quel che si impara in prima elementare sembra conciliarsi con questa affermazione: dire che la storia inizia con l’avvento della scrittura vuol dire che la prima civiltà storica era caratterizzata dall’esistenza di una classe (scribi, sacerdoti, nobili o direttamente sovrani, a seconda dei casi) dedicata alla produzione e al mantenimento della cultura, e ciò testimonia l’esistenza di un meccanismo statuale o pre-statuale in virtù del quale una classe era nutrita dal surplus alimentare prodotto da una differente classe di lavoratori manuali, perlopiù agricoltori. La necessaria presenza di tale meccanismo porta ad un’affermazione forse più vaga, ma più sicura: la civiltà nasce insieme con l’attività politica. Questo è interessante, in quanto la definizione di politica oggi più largamente accettata è la seguente: “l’insieme di attività, svolte da uno o più soggetti individuali o collettivi, caratterizzate da comando, potere e conflitto, ma anche da partecipazione, cooperazione e consenso, inerenti al funzionamento della collettività umana alla quale compete la responsabilità primaria del controllo della violenza e della divisione al suo di costi e benefici, materiali e non”. Lungo. Mi sento di tradurla così: politica è l’attività di chi si contende, detiene e utilizza il controllo della forza su di una collettività (all’origine della politica il fatto che essa oggi si componga di elementi consensuali e culturali conta poco).
Parlando del passaggio dalla preistoria alla storia, la civiltà appare essere così il risultato della schiavizzazione di massa da parte di alcuni esseri umani, detentori e cioè utilizzatori della violenza, su di altri. Civiltà come figlia di un atto di guerra con il quale da una società (naturale?) egualitaria di cacciatori e raccoglitori si passò a una società gerarchizzata avente come caratteristiche minime una classe lavoratrice più o meno soggiogata e una militare, mantenuta dal lavoro altrui.
La civiltà si delinea così, almeno ai suoi albori, come una situazione assolutamente svantaggiosa per la maggior parte degli esseri umani, ma la sua diffusione si spiega facilmente: una civiltà, cioè una società gerarchizzata, è militarmente più efficiente di una egualitaria, poiché in quest’ultima non esistono militari-nobili nutriti dal surplus alimentare dei produttori. Esiste un modo famoso e suggestivo per sintetizzare quanto scritto finora:

:Il primo che, avendo cintato un terreno, pensò di dire questo è mio e trovò delle persone abbastanza stupide da credergli fu il vero fondatore della società civile. Quanti delitti, quanti assassinii, quante miserie ed errori avrebbe risparmiato al genere umano chi, strappando i pioli o colmando il fossato, avesse gridato ai suoi simili: guardate dal dare ascolto a questo impostore! Se dimenticate che i frutti sono di tutti e la terra non è di nessuno, siete perduti! [Rousseau, discorso sull’origine e i fondamenti della diseguaglianza fra gli uomini]

La differenza fra la mia tesi e quella del caro Jean Jacques sta in questo: io non credo che il fondatore della civiltà fosse circondato di stupidi, credo che fosse armato. Vuoi per bisogno, paura o malvagità, un uomo volle per sé ciò che fino al giorno prima tutti potevano avere. Entrò così, primo fra tutti, in competizione con il prossimo, e vinse con la forza. Una forza bruta illimitata, quindi un atto di guerra. O, più pobabilmente, furono in molti ad armarsi: si fecero militari e divennero nobili. La sostanza è la stessa: all’origine, civiltà, politica e guerra sono un tutt’uno: si ebbe civiltà con un atto di guerra che fu anche il primo atto politico.
Nonostante la guerra sia spesso descritta come frutto di barbarie, essa si origina sempre nel cuore stesso della civiltà contemporanea, nell’economia e nel suo rapporto con la politica.

La parentesi sportiva merita di essere ampliata. E’ vero che lo sport oltre che di sfida e violenza (sublimata e regolata) si compone di elementi quali il rispetto repricoco, la lealtà, una sorta di cameratismo e fraternità che si sviluppa con i compagni di allenamento e perfino (soprattutto) con gli avversari. Questo non cambia la sua natura: stando ai giochi olimpici, lo sport nasce come attività esclusiva dei nobili volta a dar prova delle loro virtù militari all’infuori di un vero e proprio scontro bellico. I primi sportivi sono guerrieri nati che giocano alla guerra. La sportività, che si compone degli elementi positivi sopra elencati, non è altro che l’evoluzione del codice nobiliare che i guerrieri antichi e medievali osservavano perfino sul vero campo di battaglia. Come negare la sportività del duello fra Ettore e Aiace? L’ovvia differenza è che in guerra la forza non è limitata da regolamenti o armi spuntate. E’ un discrimine fondamentale, ma è l’unico.

*Ho scoperto da poco un fatto interessante: la maggior parte degli idoli di pietra che si possono osservare oggi sull’isola sono frutto di restauri: i re in lotta fra loro, vinta la battaglia decisiva, ordinavano la distruzione della statua raffigurante il rivale sconfitto, per affermare la propria supremazia. Prima che la roccia vulcanica presente sull’isola si esaurisse, si esaurirono gli alberi che fornivano il legname per le cave. Quindi gli idoli non poterono più essere costruiti, e i sovrani, non potendo altrimenti soddisfare la propria sete di prestigio e la loro vanità, presero a distruggere gli idoli altrui. Forse il peggior fallimento delle società gerarchizzate nella storia (il peggior fallimento della storia punto, quindi): i soldati prima schiavizzarono i popolani, poi si fecero nobili e sacerdoti vantando contatti con le divinità, grazie ai quali potevano garantire la prosperità del raccolto. Poi usarono il loro potere per costruirsi delle statue, distruggendo la vegetazione dell’isola e il suo ecosistema, infrangendo quindi la promessa del raccolto. Fatto ciò, pensarono bene di completare l’opera trascinando i diversi Stati dell’isola in una guerra totale.

 

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