Un bel post

postato il 1 Ott 2011 in Main thread
da ad.6

Un bel post sulla carta

 

Sì, è una sciocchezza, ma qualcuno doveva farlo! E visto che nessun ardito si è fatto avanti, eccomi qui.

Non c’è niente da dire, se non che è proprio un bel post ed è pure sulla carta. Non voglio star qui a far notare come il post non sia effettivamente sulla carta, perché altrimenti non potreste vederlo sui vostri pc, né insisterò sul fatto che proprio questa pubblicazione e questo argomento rappresentano in qualche modo una piccola finestra di supremazia del mondo odierno sul cartaceo. Che storia effimera, che storia transeunte (!). La carta (e si parla di carta scritta e da scrivere) è una storia di utilità e di affetto, la Storia, una storia auto-celebrativa di carta che scrive di storia e di carta, una storia che ironicamente trova un miglior cantore di se stessa, al contempo suo più grande distruttore.

Canta di me che canto, tu che sai farlo, e cantando così sopprimi il mio cantare, che è basso, e con esso la ragione stessa del tuo canto. Ingrato.

 

 

 

 

 

 

La competizione più dura

postato il 2 Ago 2011 in Main thread
da Vobby

Quello che giova al nimico nuoce a te, quello che giova a te nuoce al nimico.[Niccolò Machiavelli, Dell’arte della guerra]

Dei primi due uomini a entrare in competizione, uno è stato ucciso.
Dei primi due gruppi umani a entrare in competizione, uno è stato in parte distrutto e in parte schiavizzato.
E se non i primi i secondi, perchè la guerra è un fenomeno più antico dell’agricoltura.

La guerra, “l’uso illimitato della forza bruta”, ha sempre accompagnato l’uomo durante il corso delle ultime migliaia di anni. Da quando la storia ha avuto inizio, almeno un gruppo di Homo sapiens ha vissuto in stato di guerra con un altro. Anche considerando realtà geograficamente circoscritte si osserva che dove c’è indipendenza di diverse realtà e gruppi politici, c’è guerra, non importa quanto sia ridotto l’ambiente considerato: perfino l’isola di Pasqua ha conosciuto una serie di guerre devastanti*, che ridussero una società relativamente progredita e organizzata in classi e in diverse e autonome entità statuali all’insieme di poche migliaia di raccoglitori e cacciatori di ratti che entrarono in contatto con gli europei.
Allo spettro della guerra non si sfugge in alcun modo: le feste in onore di Zeus Olimpio celebrate nella Grecia antica sembrano prestarsi immediatamente come dimostrazione di quanto detto: esse costituivano un periodo di pace obbligatoria, durante la quale nessun greco poteva permettersi di compiere atti di guerra; ma in cosa si risolvevano, se non nell’esaltazione della guerra stessa? Corsa, corsa con armi, lancio del giavellotto, corsa dei carri, lotta, pugilato, pancrazio… queste competizioni semplicemente riproducono singoli aspetti del conflitto armato, descrivono la competizione sportiva come uso “limitato” della forza bruta. Eventi analoghi si verificarono nel Medioevo, durante il quale i rappresentanti della nobiltà, se non erano impegnati a cavalcare armati su territori altrui, impiegavano gran parte del loro tempo partecipando a tornei.
Quindi: il fatto che gli esseri umani, da quando ha avuto inizio la cosiddetta “civiltà”, non siano mai riusciti a vivere completamente in pace può dirci qualcosa sulla natura umana? Ma anche: non ci dice qualcosa sulla nostra natura il fatto che pur vivendo in tempi e luoghi pacifici non riusciamo a liberarci del bisogno di dare sfogo, almeno sublimandolo, a un nostro pressante bisogno di competere e quindi di guerreggiare?
No. Difficile anche solo dire che esista, una natura umana. Tutto ciò, piuttosto, ci dice qualcosa sulla civiltà.

Alcuni dicono la cosa più bella, sulla nera terra, sia un’armata di cavalieri. Altri dicono di fanti, altri di navi. Per me invece, è ciò che si ama [Saffo, frammento 16]

Il concetto stesso di civiltà è inscindibile da quelli di competizione, sopraffazione e guerra. Proviamo a dimostrarlo.
Quando comincia la civiltà, e quindi la storia? Nel momento in cui l’Homo sapiens diede vita ai primi gruppi gerarchicamente organizzati, oserei dire. Anche quel che si impara in prima elementare sembra conciliarsi con questa affermazione: dire che la storia inizia con l’avvento della scrittura vuol dire che la prima civiltà storica era caratterizzata dall’esistenza di una classe (scribi, sacerdoti, nobili o direttamente sovrani, a seconda dei casi) dedicata alla produzione e al mantenimento della cultura, e ciò testimonia l’esistenza di un meccanismo statuale o pre-statuale in virtù del quale una classe era nutrita dal surplus alimentare prodotto da una differente classe di lavoratori manuali, perlopiù agricoltori. La necessaria presenza di tale meccanismo porta ad un’affermazione forse più vaga, ma più sicura: la civiltà nasce insieme con l’attività politica. Questo è interessante, in quanto la definizione di politica oggi più largamente accettata è la seguente: “l’insieme di attività, svolte da uno o più soggetti individuali o collettivi, caratterizzate da comando, potere e conflitto, ma anche da partecipazione, cooperazione e consenso, inerenti al funzionamento della collettività umana alla quale compete la responsabilità primaria del controllo della violenza e della divisione al suo di costi e benefici, materiali e non”. Lungo. Mi sento di tradurla così: politica è l’attività di chi si contende, detiene e utilizza il controllo della forza su di una collettività (all’origine della politica il fatto che essa oggi si componga di elementi consensuali e culturali conta poco).
Parlando del passaggio dalla preistoria alla storia, la civiltà appare essere così il risultato della schiavizzazione di massa da parte di alcuni esseri umani, detentori e cioè utilizzatori della violenza, su di altri. Civiltà come figlia di un atto di guerra con il quale da una società (naturale?) egualitaria di cacciatori e raccoglitori si passò a una società gerarchizzata avente come caratteristiche minime una classe lavoratrice più o meno soggiogata e una militare, mantenuta dal lavoro altrui.
La civiltà si delinea così, almeno ai suoi albori, come una situazione assolutamente svantaggiosa per la maggior parte degli esseri umani, ma la sua diffusione si spiega facilmente: una civiltà, cioè una società gerarchizzata, è militarmente più efficiente di una egualitaria, poiché in quest’ultima non esistono militari-nobili nutriti dal surplus alimentare dei produttori. Esiste un modo famoso e suggestivo per sintetizzare quanto scritto finora:

:Il primo che, avendo cintato un terreno, pensò di dire questo è mio e trovò delle persone abbastanza stupide da credergli fu il vero fondatore della società civile. Quanti delitti, quanti assassinii, quante miserie ed errori avrebbe risparmiato al genere umano chi, strappando i pioli o colmando il fossato, avesse gridato ai suoi simili: guardate dal dare ascolto a questo impostore! Se dimenticate che i frutti sono di tutti e la terra non è di nessuno, siete perduti! [Rousseau, discorso sull’origine e i fondamenti della diseguaglianza fra gli uomini]

La differenza fra la mia tesi e quella del caro Jean Jacques sta in questo: io non credo che il fondatore della civiltà fosse circondato di stupidi, credo che fosse armato. Vuoi per bisogno, paura o malvagità, un uomo volle per sé ciò che fino al giorno prima tutti potevano avere. Entrò così, primo fra tutti, in competizione con il prossimo, e vinse con la forza. Una forza bruta illimitata, quindi un atto di guerra. O, più pobabilmente, furono in molti ad armarsi: si fecero militari e divennero nobili. La sostanza è la stessa: all’origine, civiltà, politica e guerra sono un tutt’uno: si ebbe civiltà con un atto di guerra che fu anche il primo atto politico.
Nonostante la guerra sia spesso descritta come frutto di barbarie, essa si origina sempre nel cuore stesso della civiltà contemporanea, nell’economia e nel suo rapporto con la politica.

La parentesi sportiva merita di essere ampliata. E’ vero che lo sport oltre che di sfida e violenza (sublimata e regolata) si compone di elementi quali il rispetto repricoco, la lealtà, una sorta di cameratismo e fraternità che si sviluppa con i compagni di allenamento e perfino (soprattutto) con gli avversari. Questo non cambia la sua natura: stando ai giochi olimpici, lo sport nasce come attività esclusiva dei nobili volta a dar prova delle loro virtù militari all’infuori di un vero e proprio scontro bellico. I primi sportivi sono guerrieri nati che giocano alla guerra. La sportività, che si compone degli elementi positivi sopra elencati, non è altro che l’evoluzione del codice nobiliare che i guerrieri antichi e medievali osservavano perfino sul vero campo di battaglia. Come negare la sportività del duello fra Ettore e Aiace? L’ovvia differenza è che in guerra la forza non è limitata da regolamenti o armi spuntate. E’ un discrimine fondamentale, ma è l’unico.

*Ho scoperto da poco un fatto interessante: la maggior parte degli idoli di pietra che si possono osservare oggi sull’isola sono frutto di restauri: i re in lotta fra loro, vinta la battaglia decisiva, ordinavano la distruzione della statua raffigurante il rivale sconfitto, per affermare la propria supremazia. Prima che la roccia vulcanica presente sull’isola si esaurisse, si esaurirono gli alberi che fornivano il legname per le cave. Quindi gli idoli non poterono più essere costruiti, e i sovrani, non potendo altrimenti soddisfare la propria sete di prestigio e la loro vanità, presero a distruggere gli idoli altrui. Forse il peggior fallimento delle società gerarchizzate nella storia (il peggior fallimento della storia punto, quindi): i soldati prima schiavizzarono i popolani, poi si fecero nobili e sacerdoti vantando contatti con le divinità, grazie ai quali potevano garantire la prosperità del raccolto. Poi usarono il loro potere per costruirsi delle statue, distruggendo la vegetazione dell’isola e il suo ecosistema, infrangendo quindi la promessa del raccolto. Fatto ciò, pensarono bene di completare l’opera trascinando i diversi Stati dell’isola in una guerra totale.

Uomini Illustri

postato il 17 Apr 2011 in Main thread
da Bread

Chiedo umilmente scusa ai lettori (agli autori no, puzzano) per il ritardo con cui cambio l’argomento corrente, purtroppo sono stato trattenuto da importanti impegni d’affari a Los Angeles (si legga: mi sono completamente dimenticato che era il mio turno di cambiare l’argomento).
Nel breve lasso di tempo che va da quando ho realizzato che dovevo cambiare l’argomento (vale a dire quando Azazello me l’ha fatto notare, altrimenti avevate voglia di aspettare) ad ora sono riuscito a pensare ad un argmento che mi sembrava interessante.Se vi piace, bene. Se non vi piace, mi dispiace per voi tanto per due settimane dovrete sorbirvelo comunque.

Ora parte l’introduzione, quella vera..

Gli esseri umani vantano diversi millenni di storia, questi anni, colmi di eventi memorabili che hanno cambiato drasticamente la vita dell’uomo e il corso della storia stessa, hanno visto susseguirsi sulla scena una pletora di personaggi di spicco. Quando a scuola studiavate la storia sarete stati certamente affascinati, incuriositi da alcuni personaggi o eroi (alcuni erano solo dei miti, altri invece erano reali). Orsù scoprite le carte: chi era il vostro preferito? Qual’è il personaggio storico che avete stimato di più (o di meno)? Parlateci un po’ di lui, usando la forma che preferite (ovviamente) raccontateci la sua vita, dialogateci, fate un po’ come vi pare pare insomma per raccontarci perchè siete stati colpiti da quel personaggio.

L’argomento ovviamente non ha nessun tipo di limitazione temporale (se il vostro preferisto è un australopiteco siete liberissimi di parlarne). Non ci sono neanche limitazioni riguardo alla fama del personaggio: se il vostro uomo non è illustre per davvero andrà bene lo stesso (ovvero se il vostro mito sin da piccoli era Tanino il salumiere va benissimo, ma fossi in voi mi preoccuperei).

PS: Se il post è scritto in maniera un po’ confusa e poco leggibile prendetevela con i Videomind :°D

Chi era?

postato il 16 Mar 2011 in Main thread
da Vobby
Comincio dicendovi che ho già scritto due post in merito a questo argomento, solamente che sono invisibili ai nostri occhi. No, non sono nascosti e non si possono trovare ed ora vi spiego il perché. Il primo partiva da una premessa semplicissima (diciamo…): il mondo è perfettamente simmetrico. Sarebbe un simpaticissimo gioco di specchi? Ci sarebbe un altro sistema solare e tante altre cose assolutamente uguali a noi dall’altra parte di questa immaginaria linea di simmetria? Eh, no. La risposta è: proprio NULLA. O meglio nulla di gradevole o di sensibile. Se il mondo fosse perfettamente simmetrico, all’inizio le uguali quantità di particelle ed anti-particelle si sarebbero vicendevolmente annichilite, lasciando tutto l’universo ridotto ad un numero incredibile di fotoni che viaggiano in tutte le direzioni, memori di tanta massa che ormai è energia pura. (Tutto per gentile concessione di chi sta sviluppando queste teorie che teorie rimangono ancora, per l’appunto). Da cui la mia impossibilità a scrivere.
La seconda sarebbe sicuramente iniziata con “il mondo, nel suo caotico procedere, quel giorno non mi generò né, d’altronde, lo fece mai” se mai fossi nato per scriverla. Ma sono tristi mezzi per scrivere di meno in meno tempo.
Così ecco che inizio il post (e Dio mi maledica se mi ricorda qualcosa) e lo finisco con una sola simpatica storiella, breve quanto mi permette di rispettare i tempi e ancora più breve, data la coscienza dell’incompletezza di qualunque altra trattazione di qualsivoglia lunghezza.


Ecco quindi l’abbozzo di una rinuncia
Klara era nella modesta casa di Weitra e come ogni ragazza di quindici anni che si rispetti, in un paesino tanto modesto, cardava la lana seduta su uno sgabello. Il giorno volgeva quasi al tramonto e Klara aspettava con la solita discrezione che la madre terminasse la semina, per quel giorno, e che il padre, assieme ai fratelli di lei, riconducesse le poche pecore che possedevano nell’ovile, per tornare finalmente in casa. Ma, stranamente, tardavano entrambi e la cosa ebbe parziale spiegazione allorché fecero il loro ingresso entrambi i genitori che, con movenze goffe e gentili, imbarazzate e felici, facevano accomodare nel migliore dei modi un signore composto e ben vestito, tanto più rispetto al semplice vestiario contadino. “Entra, entra pure! È un po’ stretta, soprattutto per te che sei uno di città, ma accomodati pure! Questa è Klara, te la ricordi? Sì, sì, era piccolissima e adesso è cresciuta, eh? Che fai lì, Klara? Non ti ricordi di zio Alois? No, ma era piccola. Su, saluta!”. Klara si alzò in fretta e furia, pur senza perdere il giusto contegno e lo salutò a modo. Non ricordava molto di lui, anzi, assolutamente nulla. Una volta che furono scambiati i convenevoli e quando si fu riunita tutta la famiglia si sedettero attorno al tavolo, più piccolo che mai, e mangiarono una cena vistosamente più abbondante del solito, in onore dell’ospite. Una volta terminata, dopo aver discusso come sempre si fa in queste occasioni del più e del meno, ecco che Alois pronunciò la frase che avrebbe potuto cambiare il mondo: “Sapete, la questione è… avrei tanto bisogno di una domestica, lì a Braunau, e così era questo che volevo proporvi”. Il padre di Klara pensò un attimo e capì che la figlia era sicuramente la più adatta ad un mestiere del genere, in casa di un parente, giovane ed abile com’era. Chi sa quali possibilità aveva visto in quella proposta, per sua figlia o forse per la famiglia. “Klara ne sarà lietissima, cugino, ne sono convinto”, disse con malcelata enfasi. “Per me andrebbe assolutamente bene: è pur sempre tua figlia!” Così l’accordo era praticamente preso e alla ragazza, in effetti, non sarebbe dispiaciuto nemmeno più di tanto, se non fosse stato per l’immenso attaccamento che da sempre aveva avuto a quella casa e a quella famiglia, per non parlare della paura che le provocava il solo pensiero della città, della vita frenetica, della vita. Si nascose il volto tra le mani, ma non disse niente. Ed ecco, bizzarria dell’animo umano, che ciò che non viene detto nemmeno in silenzio a parole viene urlato a gran voce dal corpo che, nel caso della povera ragazza, non tardò ad ammalarsi di un’inspiegabile febbre. Alois, con tutta la buona volontà, aveva una certa fretta di trovare un’insierviente che badasse un po’ alla casa un po’ alla nuova moglie cagionevole di salute e così, un po’ a malincuore, decise di chiedere ad altri parenti, augurando, ad ogni modo, nel commiato, una pronta guarigione alla nostra Klara Pölzl.


E poi una breve storiella mendace e verissima
È il 15 marzo ed un uomo in toga non si sente al massimo delle forze, la moglie, quella notte, ha fatto sogni terribili e sconsiglia vivamente al marito di andare al lavoro. L’uomo è lì, davanti all’ingresso della curia, e non è mai stato così serio, triste e determinato. Nota, con un ultimo moto di misuratissima desolazione, che Marco Antonio, che lo accompagnava, viene stranamente trattenuto fuori da Gaio Trebonio: adesso è certo che quella voce che egli avrebbe castigato con le sue stesse mani era vera. Entra così nella curia e, ad un suo gesto, i soldati irrompono da ogni dove, bloccando i senatori accusati di complotto. Ecco le armi. Quoque tu, Brute, fili mi!
Questo l’inizio dell’Impero, fondato sulla fondata invincibilità di un solo uomo. La sua storia inizia col tradimento, con la stabilizzazione e con la spedizione contro i Parti, vittoriosa da ogni punto di vista, col ritorno nella gloria e con l’annessione “spontanea” e sincera dell’Egitto. Da allora la Storia scorre come scorrono tutte le Storie: è un susseguirsi di tiranni e di re illuminati, di sicurezza e di invasioni, di religioni e di scienza, di rivoluzioni e di restaurazioni, di progresso e di progresso. È così che l’uomo arriva, dopo secoli e secoli, a conquistare il cielo, la luna e i pianeti; è così che l’uomo comprende i propri limiti, pur decidendo di non accettarli; è così che l’uomo non sarà più uomo e vi arriverà, con le migliaia di migliaia di anni, verso orizzonti che più non si configurano nella Storia. Ed ora eccoci qui, dopo 6 miliardi di anni:
Vega: “Guarda il Sole come si sta espandendo, ormai”
Deneb: “Sì, anche lui. Il terzo pianeta vi si è appena schiantato. E pensare che un tempo era così strano”
Vega: “Già, non molto attivo (quasi per nulla a dire il vero) ma tanto particolare”
Deneb: “Sì. Certo ce ne sono stati altri, ma il terzo pianeta del Sole…”
Vega: “Tra l’altro… sei sicura che fosse il terzo?”
Deneb: “…o che non fosse il Sole…”
Vega: “Già, chi ricorda più, se davanti a noi è tanto il tempo!”
Deneb: “Però che bello che è, così rosso, il Sole”

Avventura

postato il 4 Lug 2010 in Cazzi e mazzi personali
da Lellida

Ora che ho finito un percorso quinquennale di vita, di studi, di sofferenze, ma anche di gioie, posso essere finalmente felice. Questi anni alla scuola-di-preti-che-quando-ti-chiedono-dove-frequenti-hai- un-po-vergogna-a-dirlo, sono stati formativi. Piuttosto che apprendere quanto siano importanti alcune discipline, ho imparato che esistono specie di esseri umani che bisogna imparare a distinguere, e a combattere. Se dinnanzi hai una creatura la cui armatura ti indica quanto vale, hai dinnanzi un truzzamarro di livello alto.  Non è pericoloso. Attacca solo se si sente minacciato, dunque, cammina lentamente e lo supererai senza problemi, è inutile sprecare HP o mana per combattere. La vera lotta deve ancora iniziare. Sei solo un’esploratore, ne devi fare di strada. Dopo un paio di anni di allenamento in solitudine, di quella solitudine che ti forgia, ti tempra come l’acqua giacchiata in pieno inverno, ti rende duro come una pietra, sei ora passato da “Esploratore Solitario” ad “Avventuriero Relazionale”; pronto per aprirti a nuove conoscenze. Per caso, un giorno incontrerai una donna, di cui diffiderai in futuro, ma che ti consetirà l’accesso ad un nuovo mondo. Sarai catapultato in un’altra dimensione, e ti sarà affidata la missione di ” reporter”.  Festeggerai. Gioirai. Amerai pensando di amare davvero, sarai abbandonato e perdonerai. Infondo l’allenamento non ti ha cancellato quel po’ di buon cuore che avevi. Un giorno mentre sommerso in avventure divertenti e fantastiche, scoprirai i riti mistico-barbarici. Sei un newbie della cerchia, che però, si sta sgretolando. Nella tua meraviglia, e in ebbrezza, non ti accorgerai del cambiamento. Sarai sotto l’effetto di un incantesimo di una negromante lontana e sconosciuta,  lucidità inconsapevole. Le mani di un uomo, alte, tu prenderai, ti siederai, e da quella sera la tua vita cambierà. (OMG sembra ilverso di una canzone che schifo!) In esplorazione con la tua nuova ciurma, ti accetteranno nella gilda esotica dei cammellari. Svilupperai la skill di Bardo cantante, ti sarà molto utile al fine di molte avventure. Dropperai anche una piccola somma di danaro, e riceverai un pezzo di armatura superiore nero,  Difesa+5 Carisma+6. Un mago ti porterà lontano dai tuoi compagni di gilda, ma al tuo ritorno, scoprirai che l’effetto dell’incantesimo è svanito. Incontrerai una maga bianca, Paula, che ti aprirà gli occhi e la coscienza.  Non sai, però, che lei ti ha incantato, ed un uomo misterioso ti rapirà.

Ora sei in un palazzo dorato, meraviglioso e fantastico, la tua paura di restare rinchiuso in cattività non ha avuto nenche il tempo di nascere. E’ un’avamposto. Sei al sicuro e non hai alcuna voglia di partire, neanche se un’altra gilda ti offrisse le stelle.

 

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