Egli
postato il 31 Gen 2011 in Main threadda ad.6 e VaMina
Le gioie di un non fumatore che ha una gran voglia di tirare fuori il pacchetto di sigarette che non ha; e accendersene una.
http://www.italia.attac.org/spip/spip.php?article1
Come avete letto, attac è un’organizzazione che si batte contro il neoliberismo e la globalizzazione. L’ho conosciuta leggendo di un ex partigiano francese che in un libretto da poco pubblicato (indignez vous!) suggeriva, fra le altre cose, di avvicinarsi ad organizzazioni di questo tipo per difendere le conquiste sociali e democratiche del dopoguerra dalle supposte esigenze dell’economia contemporanea neoliberal. Poche pagine più in là c’era anche la risposta datagli da un filosofo (più che altro giornalista, immagino) il quale, oltre a contestare l’utilità dell’indignazione, che è un po’ il centro del libro, sosteneva che alcuni esempi addotti dal partigiano come segni detestabili dell’età odierna, come la riforma delle pensioni in francia o l’aumento dei prezzi del pane in africa del nord, altro non sono se non necessarie conseguenze delle leggi del mercato globalizzato. “Voi no global” scrive alla fine dell’articolo ” avete scelto la strada sbagliata per sostenere il benessere mondiale e collettivo”, o qualcosa del genere. Trovate tutto sull’ultimo numero dell’Internazionale, comunque.
Che ne pensate voi di neoliberismo, globalizzazione, no global? Io mi son fatto un’opinione abbastanza precisa al riguardo, mi piacerebbe integrarla con le vostre (parlo anche ai lettori esterni al blog! commentate!).
L’altro giorno vagando su Youtube mi sono imbattuto in questo video, scoprendo così questo grandioso artista che è Sregej Cetkovic. Un uomo dalle abilità canore insuperabili, un’espressività, una tecnica, una capacità di trasmettere emozioni degna di uno scarafaggio coreano adulto. Alcuni critici lo hanno definito “Il Gigi d’Alessio russo”, altri come “Una cosa insostenibile”, altri ancora come “Che è sta merda!?”. Dunque oggi vi proponiamo un brano che ha scalato le classifiche dello squallore internazionale: “Ako te nije pronasla”, che, come saprete, vuol dire ” Ti scopo nella pronasla”. La pronasla è una tipica casa chiusa russa.
“Attualmente fra i paleontologi, l’americano John Horner è uno dei più attivi nel sostenere l’ipotesi di un tirannosauro non solo fondamentalmente saprofago, ma addirittura esclusivamente spazzino, analizzando soprattutto la struttura ossea delle gambe, le cavità craniche e la resistenza dei denti. Il dibattito è quindi ancora molto vivo.”
Questo è in parte falso, perchè Horner non è un paleontologo, bensì uno sfigato. Tuttavia la sua mente malata ha costruito un articolato piano atto a minacciare la felicità del genere umano tutto. Sto indagando per cercare di scoprire in che modo wikipedia sia coinvolta in questa sordida vicenda. Vi riporterò intanto i dati in mio possesso.
John Horner nacque in una TRISTISSIMA e minuscola cittadina del Midwest americano, figlio non voluto di due contadinotti ignoranti che praticavano sesso non protetto non tanto per compiacere dio quanto per allergia al lattice.
Brutto già da bambino, storpio e strabico, con le orecchie a sventola e la forfora, trascorse un’infanzia TRISTISSIMA nella fattoria dei genitori, trascorrendo gran parte del suo tempo facendosi beccare dai polli, cagare addosso dalle mucche e inseguire dai maiali.
All’età di 13 anni (i genitori non sapevano contare dal 7 in poi quindi non ricordavano bene quanti anni avesse il figlio) cominciò a frequentare le scuole medie in una cittadina vicina, appena un pochino meno triste. Qui ebbe il suo primo impatto con altri essere umani al di fuori dei suoi familiari e del pastore del paese, e in particolare conobbe il genere femminile (la madre aveva dei folti baffi neri e si chiamava Mario, ndV). Dato il suo aspetto rivoltate, i modi goffi, la stupidità immensa e l’odore di sterco, le ragazze lo rifiutavano e i bambini lo perculavano. Era così odiato che i ragazzi della sua classe gli infliggevano anche scherzi piuttosto pesanti: un giorno, durante la lezione di biologia, sostituirono la rana morta che doveva vivisezionare con vivissimo serpente a sonagli. John, che era cretino, non si accorse della differenza e appena provò a infilzare il corpo del crotalo con il coltellino venne morsicato ripetutamente, fra l’ilarità generale dei compagni e del professore.
Purtroppo sopravvisse.
Impaurito dalla possibilità di altri contatti umani, preferì proseguire gli studi da solo nella fattoria di famiglia. Essendo scemo, non imparò assolutamente nulla.
I genitori, costernati dalla creatura che avevano prodotto, pensarono fosse il caso di dare un senso alla sua esistenza. Dal momento che il figlio sembrava non avere proprio nessuna qualità, stavano giusto per sopprimerlo, incitati a gran voce da tutto il paese, quando il vecchio bue di famiglia si ammalò e morì. Perciò decisero che il figlio, prima di essere abbandonato nel deserto, avrebbe potuto rendersi utile trainando l’aratro. Nei due anni che seguirono, John tirò l’aratro, continuamente frustato dal padre, infuriato per la sua debolezza. Gli vennero 3 ernie.
Decise allora che era il caso di cambiare vita. Fuggì dalla fattoria e si rifugiò in un call center in un villagio a pochi chilometri di distanza, dove lavorò come lettiera del gatto del direttore. Una volta lì, volle dare una svolta alla sua vita sociale, e provò a iscriversi a facebook. Ma i centralinisti, che già lo odiavano, gli giocarono un brutto tiro:gli propinarono un contratto farlocco, con il quale egli si impegnava a combattere un match di wrestling con uno scimpanzè nano con la rabbia, armato di cavatappi.
John sopravvisse ancora una volta, ma perse un occhio, e non solo: scendendo dal ring, inciampò e si fratturò un’anca. In preda alla più totale disperazione, semi impazzito, corse e corse, caracollando, e fuggì da tutti e da se stesso e arrivò fino al mare. Si sdraiò sulla riva, sperando che l’acqua potesse portar via le sue sofferenze. Si addormentò. Al risveglio si trovò una balena spiaggiata sulle palle.
Aveva ormai sviluppato un odio particolare nei confronti degli animali.
Nella città dove si trovava in quel momento arrivò il circo. Quella particolare compagnia circense era divenuta eccezionalmente famosa per il bellissimo numero di Jumbo, l’elefante addestrato più simpatico e giocoso mai visto prima. Ebbeno, John decise che avrebbe ucciso quella bestia, subito prima della sua entrata in scena! Avrebbe rovinato la giornata a tutti quegli spettatori, la cui felicità gli riusciva insopportabile! Dunque, armato, si intrufolò fra le gabbie degli animali. Lo trovano un quarto d’ora dopo, masticato e poi sputato, per l’orribile sapore, nella gabbia dei leoni.
“Non era possibile -realizzò- che io riuscissi a fare del male a un elefante: sono troppo insulso!”.
Ma non si diede per vinto!
Rimuginò a lungo su come ottenere la sua vendetta sull’uomo e l’animale, che tanto fino ad allora lo avevano bistrattato.
La sua folle mente partorì il malvagio proposito: “Ci sono! so come fare! – urlava raggiante – riuscirò a rendere triste e vuota la vita delle persone, e lo farò umiliando il più amato animale di sempre: il Tirannosaurus Rex!”.
Ebbe la pessima idea di pronunciare questa frase ad alta voce; il suo corpo, così schifoso, rischiò di non reggere la magnificenza compresa nelle ultime due parole, e John quasi morì d’infarto.
Ma, purtroppo, sopravvisse ancora.
Ed è vivo ancora oggi! Ha dedicato la sua vita al più riprorevole degli scopi, sta cercando di danneggiare l’immagine del Tirannosauro, convincendo tutti che la magnifica belva non assaliva e squartava prede vive, preferendo invece nutrirsi di carogne!
Questo è EVIDENTEMENTE sbagliato! Solo una mente così intrinsecamente sofferente e patetica poteva partorire un simile errore! Non si hanno zanne di trenta centimetri per nutrirsi di cadaveri, per dio! Gli studiosi di tutto il mondo, che hanno a cuore la felicità della gente e la miticità della preistoria, stanno dedicando i loro sforzi alla confutazione di queste immorali teorie.
Guardatevi dall’individuo abietto che è John Horner! Non lasciatevi contagiare dalla sua tristezza!
L’idea di un T-Rex spazzino sarebbe davvero scandalosa.
Questo sarà un post molto breve. Vi parlerò di una cosa che mi ha colpita/sconvolta/divertita (?) traducendo Eschilo. Ho annunciato la brevità di questo post perché ora non voglio dilungarmi su un argomento che può portare con sé tante parole, come Eschilo, e anche perché non ne ho nemmeno il tempo.
Ordunque , traducevo Eschilo, e per la precisione I Persiani, e mi sono imbattuta in MOLTE (e se dico molte intendo molte, altrimenti avrei usato poche, occasionali, e così via), molte espressioni di lamento e sconforto e tristezza e dolore. Come il mio professore ha fatto notare, non c’è dubbio che negli ascoltatori provocassero grande impressione, ma noi siamo poveri studenti, e quando lui ha detto questa cosa, al decimo “ototototoi”, abbiamo pensato che in realtà nessuno avrebbe pianto sentendo “ototototoi”. Oltre che con “ototototoi”, il mio preferito, secondo nella classifica onomatopeica dopo il verso delle Erinni nelle Eumenidi (che se non mi sbaglio era “mumumumumu”), la sofferenza dei poveri Persiani era resa evidente da molti “aiai” e una cinquantina di parole diverse che significano tutte disgraziato, sventurato, infelice, e soprattutto da una cosa che ora vi illustrerò. Infatti in tre versi vi era una concentrazione di ben tre parole che significavano tutte “grido”. So che vi interessano molto, quindi eccole: “boan”, “ian”, “iakhan”. No, non seguono riflessioni sulla natura di queste parole o sul dolore dei Persiani, ma ho detto tutto questo solo per dire che io amo queste cose, le studio, le rispetto, mi piace anche Eschilo, ma sapere che dovrò passare un altro paio di giorni a tradurre vari sinonimi di sventura, pianto e grido, inoltre non abbastanza in fretta, mi fa venire voglia di usarli, magari non tutti, ma alcuni, posizionati in momenti strategici di disperazione.
v 256 : “Cose dolorose, cose dolorose, mali inauditi e nemici”
v 909 : “Aimé, me sventurato, che mi sono imbattuto in questo destino odioso, impossibile da prevedere”
vv 935 e seguenti : ” Manderò manderò come saluto del ritorno a te il grido di cattivo augurio, l’urlo di cattivo destino, il grido dalle molte lacrime dell’intonatore Mariandino” (Pare che fossero bravi a lamentarsi)
vv 947 : “Piangerò il lamento lacrimosissimo del lamentatore” (Questo verso è meraviglioso)
C’è una sorpresa, però è segreta! chi sarà il primo a scoprire la nostra nascosta novità?
Indizio: non è il nuovo tema.
A proposito, vi piace il nuovo tema? finora ho sentito opinioni contrastanti, quindi sentitevi liberi (tutti! davvero!, soprattutto voi, lettori silenziosi!) di dirci cosa ne pensate.
MA! (e non mi ero assolutamente dimenticato di annunciare una cosa DI TALE RILEVANZA) Avrete notato la presenza di un nuovo autore, che ci ha anche già concesso l’onore di ben un post e mezzo! Sì, sto parlando di freeronin, l’inimitabile e velocissima, che coi suoi polpacci d’acciaio e il suo giurismo non teme rivali! perfino il suo più acerrimo nemico, Cerbs, ne ha grande rispetto e cauto timore!
Ah, ci scusiamo anche per aver reinserito il CAPTCHA, ma purtroppo lo spam ci stava uccidendo :(
Detto ciò, buon proseguimento!
È una canzone che ha avuto un grande impatto sulla mia vita da quando la conosco¹, possiamo quasi dire che mi abbia formato.
Soltanto l’erba sull’altopiano
è verde un po’ di più
ma non c’è da pensarci su
non c’è da stenderci su la mano
cercando di capire
qual’è il punto dove colpire
tic-tac tic-tac
per ogni geometria
tic-tac tic-tac
ci vuole fantasia
C’e una luce che luna non è
in un buio che notte non è
e una voce che voce non è
che non parla ma parla di me
D’improvviso mi brucia la mano
l’aria verde del panno sul piano
tic-tac
ed il gioca si porta via
rotolando la vita mia
Ecco perchè si trattiene il fiato
finchè si resta giù
e per sempre vuol dire mai più
tic-tac tic-tac
per ogni geometria
tic-tac tic-tac
ci vuole fantasia
C’e una luce che luna non è
in un buio che notte non è
e una voce che voce non è
che non parla ma parla di me
e di colpo mi sfiora la mano
l’erba verde di questo altopiano
tic-tac
ed il gioco si porta via
rotolando la vita mia
¹ più o meno da due giorni
A ottobre ad Atene si festeggiava la festa delle Apaturie, che decretava l’ingresso dei giovani nelle Fratrie. La città si riuniva in questo collettivo rito di rigenerazione, accogliendo in sé giovani corpi e nuove intelligenze. Il mito eziologico della festa raccontava di una scaramuccia (di cui non esistono tracce da documenti storici e archeologici) avvenuta al confine con la Beozia. Tradizionalmente erano gli efebi, gli uomini più giovani, a presidiare i confini, e fu proprio uno di loro, Melanthos, a vincere gli assalitori guidati da Xantos. Nella battaglia, ricevette aiuti e suggerimenti da tale Dioniso Melainaghis,il dio caprone dal manto nero.
Neanche due settimane prima Atene era in lutto per la morte dell’uva, il dio dell’anno ormai non ha più la forza per mantenere rigogliosi i boschi dopo la calura estiva, la natura si chiude in sé stessa e attende le nevi, il caprone invernale balla sul corpo del biondo sole, trionfante.
Dicembre finisce e nasce il fanciullo divino! Trascorrono i giorni e il sole riprende il suo posto in cielo, squarciando le nubi coi suoi raggi! Dall’Attica al Lazio il mondo è alla rovescia, i padroni servono gli schiavi nei Saturnali, e mesciono loro il vino appena stillato! Sono le antiche Dionisie, le feste delle botti!
Il vino, nato dalla morte, urla che la fine non è così amara. Il Cosmo è sconvolto, il tempo perde ogni significato, possono uscire i morti dalle loro tombe. E’ Caos primordiale! Ci si chiude in casa, si ricoprono le porte di pece nera, si raccoglie il biancospino.
Le forze del caos vanno sconfitte, i morti placati. Si offrono loro corpi provvisori, e cortei di maschere sfilano per la via principale. I cittadini trainano il carro del sole, restauratore della luce. Il carnevale impazza! Mamurio Veturio, vestito con pelli di capra, corre per le strade inseguito e fustigato! I contadini bruciano e annegano il fantoccio del passato.
Piaciuto il racconto? E’ solo una piccola parte, lui lo racconta meglio:
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