Il complotto dell’orribile John Horner

postato il 21 Gen 2011 in Cazzi e mazzi personali
da Vobby

“Attualmente fra i paleontologi, l’americano John Horner è uno dei più attivi nel sostenere l’ipotesi di un tirannosauro non solo fondamentalmente saprofago, ma addirittura esclusivamente spazzino, analizzando soprattutto la struttura ossea delle gambe, le cavità craniche e la resistenza dei denti. Il dibattito è quindi ancora molto vivo.”

Questo è in parte falso, perchè Horner non è un paleontologo, bensì uno sfigato. Tuttavia la sua mente malata ha costruito un articolato piano atto a minacciare la felicità del genere umano tutto. Sto indagando per cercare di scoprire in che modo wikipedia sia coinvolta in questa sordida vicenda. Vi riporterò intanto i dati in mio possesso.

John Horner nacque in una TRISTISSIMA e minuscola cittadina del Midwest americano, figlio non voluto di due contadinotti ignoranti che praticavano sesso non protetto non tanto per compiacere dio quanto per allergia al lattice.
Brutto già da bambino, storpio e strabico, con le orecchie a sventola e la forfora, trascorse un’infanzia TRISTISSIMA nella fattoria dei genitori, trascorrendo gran parte del suo tempo facendosi beccare dai polli, cagare addosso dalle mucche e inseguire dai maiali.
All’età di 13 anni (i genitori non sapevano contare dal 7 in poi quindi non ricordavano bene quanti anni avesse il figlio) cominciò a frequentare le scuole medie in una cittadina vicina, appena un pochino meno triste. Qui ebbe il suo primo impatto con altri essere umani al di fuori dei suoi familiari e del pastore del paese, e in particolare conobbe il genere femminile (la madre aveva dei folti baffi neri e si chiamava Mario, ndV). Dato il suo aspetto rivoltate, i modi goffi, la stupidità immensa e l’odore di sterco, le ragazze lo rifiutavano e i bambini lo perculavano. Era così odiato che i ragazzi della sua classe gli infliggevano anche scherzi piuttosto pesanti: un giorno, durante la lezione di biologia, sostituirono la rana morta che doveva vivisezionare con vivissimo serpente a sonagli. John, che era cretino, non si accorse della differenza e appena provò a infilzare il corpo del crotalo con il coltellino venne morsicato ripetutamente, fra l’ilarità generale dei compagni e del professore.
Purtroppo sopravvisse.
Impaurito dalla possibilità di altri contatti umani, preferì proseguire gli studi da solo nella fattoria di famiglia. Essendo scemo, non imparò assolutamente nulla.
I genitori, costernati dalla creatura che avevano prodotto, pensarono fosse il caso di dare un senso alla sua esistenza. Dal momento che il figlio sembrava non avere proprio nessuna qualità, stavano giusto per sopprimerlo, incitati a gran voce da tutto il paese, quando il vecchio bue di famiglia si ammalò e morì. Perciò decisero che il figlio, prima di essere abbandonato nel deserto, avrebbe potuto rendersi utile trainando l’aratro. Nei due anni che seguirono, John tirò l’aratro, continuamente frustato dal padre, infuriato per la sua debolezza. Gli vennero 3 ernie.
Decise allora che era il caso di cambiare vita. Fuggì dalla fattoria e si rifugiò in un call center in un villagio a pochi chilometri di distanza, dove lavorò come lettiera del gatto del direttore. Una volta lì, volle dare una svolta alla sua vita sociale, e provò a iscriversi a facebook. Ma i centralinisti, che già lo odiavano, gli giocarono un brutto tiro:gli propinarono un contratto farlocco, con il quale egli si impegnava a combattere un match di wrestling con uno scimpanzè nano con la rabbia, armato di cavatappi.
John sopravvisse ancora una volta, ma perse un occhio, e non solo: scendendo dal ring, inciampò e si fratturò un’anca. In preda alla più totale disperazione, semi impazzito, corse e corse, caracollando, e fuggì da tutti e da se stesso e arrivò fino al mare. Si sdraiò sulla riva, sperando che l’acqua potesse portar via le sue sofferenze. Si addormentò. Al risveglio si trovò una balena spiaggiata sulle palle.
Aveva ormai sviluppato un odio particolare nei confronti degli animali.
Nella città dove si trovava in quel momento arrivò il circo. Quella particolare compagnia circense era divenuta eccezionalmente famosa per il bellissimo numero di Jumbo, l’elefante addestrato più simpatico e giocoso mai visto prima. Ebbeno, John decise che avrebbe ucciso quella bestia, subito prima della sua entrata in scena! Avrebbe rovinato la giornata a tutti quegli spettatori, la cui felicità gli riusciva insopportabile! Dunque, armato, si intrufolò fra le gabbie degli animali. Lo trovano un quarto d’ora dopo, masticato e poi sputato, per l’orribile sapore, nella gabbia dei leoni.
“Non era possibile -realizzò- che io riuscissi a fare del male a un elefante: sono troppo insulso!”.
Ma non si diede per vinto!
Rimuginò a lungo su come ottenere la sua vendetta sull’uomo e l’animale, che tanto fino ad allora lo avevano bistrattato.
La sua folle mente partorì il malvagio proposito: “Ci sono! so come fare! – urlava raggiante – riuscirò a rendere triste e vuota la vita delle persone, e lo farò umiliando il più amato animale di sempre: il Tirannosaurus Rex!”.
Ebbe la pessima idea di pronunciare questa frase ad alta voce; il suo corpo, così schifoso, rischiò di non reggere la magnificenza compresa nelle ultime due parole, e John quasi morì d’infarto.
Ma, purtroppo, sopravvisse ancora.
Ed è vivo ancora oggi! Ha dedicato la sua vita al più riprorevole degli scopi, sta cercando di danneggiare l’immagine del Tirannosauro, convincendo tutti che la magnifica belva non assaliva e squartava prede vive, preferendo invece nutrirsi di carogne!
Questo è EVIDENTEMENTE sbagliato! Solo una mente così intrinsecamente sofferente e patetica poteva partorire un simile errore! Non si hanno zanne di trenta centimetri per nutrirsi di cadaveri, per dio! Gli studiosi di tutto il mondo, che hanno a cuore la felicità della gente e la miticità della preistoria, stanno dedicando i loro sforzi alla confutazione di queste immorali teorie.
Guardatevi dall’individuo abietto che è John Horner! Non lasciatevi contagiare dalla sua tristezza!
L’idea di un T-Rex spazzino sarebbe davvero scandalosa.

 

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