La guardi, è già lontana

postato il 6 Apr 2011 in Main thread
da Vobby

“Bene, ora comincio a scrivere la tesina!” e invece no.

Raramente mi è capitato di pensare all’ignoto come a un’informazione. Certo, ci sono stati episodi in cui mi ha sfiorato un’interpretazione simile, ad esempio durante i compiti di chimica, ma in quei casi più che l’ignoto percepivo il vuoto pneumatico. L’ignoranza di un numero pressocchè infinito di nozioni fa parte della condizione umana. Tuttavia, in qualunque momento della nostra vita abbiamo la possibilità di apprendere qualcosa su alcune parti di questo infinito, basta interessarsi.
Questo vale per qualunque materia e campo di studio, se si è disposti a faticare. L’ignoranza di informazioni che vogliamo ottenere, insomma, è una condizione assolutamente temporanea (salvo morte improvvisa. Ma in quel caso non sei ignorante, non sei affatto).

Esiste invece un altro infinito, sul quale si potranno fare diverse congetture, ma di cui in fondo non si potrà mai, in nessun modo, scoprire niente: è l’universo delle esperienze non vissute.
Mi sono reso conto di essermi perso qualcosa dopo la maturità. Ero in ottimi rapporti non tutti i miei compagni di classe, con 4-5 di loro mi sento e vedo ancora, ogni tanto (una volta negli ultimi 5 mesi,se escludiamo incontri casuali di 5 minuti. Non odierò mai abbastanza Simona e Rossella), ma non li ho mai frequentati quando ero al liceo, non ho mai visto nei miei compagni il mio gruppo di amici. E la cosa mi ha intristito, quando ne ho compreso la portata. Alle ultime feste di compleanno mi rendevo conto che nonostante volessi bene a tutti, con pochi avevo davvero qualcosa da condividere, al di fuori dell’esperienza scolastica. La cosa si fece particolarmente palese alla festa che seguì la maturità. Mi divertii moltissimo, intendiamoci, ma anche allora ebbi momenti di lieve malinconia constatando che quasi tutti avevano in progetto, di lì a poco, di fare vacanze insieme, di provare le stesse facoltà, di prepararsi insieme per i test d’ingresso, di uscire insieme la sera dopo, di dormire uno a casa dell’altro quella notte stessa. Non era un caso che fossi sempre fra gli ultimi ad andar via dalle feste di classe. Volevo assorbire fino in fondo la vicinanza di persone che,lo sapevo, avrei visto poco fuori dall’aula. Per lo stesso motivo in fondo ho sempre preferito stare alternativamente con i miei compagni e con Mirb. Lei conosce alcuni miei compagni e compagne, e molta gente di classe sua era sempre presente alle feste di classe mia. Io non la invitavo a venire con me però, non credo di saper definire bene il motivo, in un certo senso desideravo respirare appieno un’atmosfera che sarebbe stata diversa con la sua presenza.
Perché non mi impegnavo a frequentarli fuori dalla scuola? Probabilmente perchè ho capito che avrei voluto farlo solo alla fine dei tre anni trascorsi al Genovesi. Credevo bastasse l’aula, per stringere legami con la classe. Sono davvero pochissimi i luoghi in cui mi sono sentito più a mio agio, più felice, più sereno che nella mia classe. Per stare bene lì non ho mai dovuto fare niente di meno nè di più nè di diverso da ciò che mi piaceva. Dopo un breve periodo di assestamento, ognuno acquista il suo ruolo in una classe, no? A quanto pareva, amare le materie umanistiche, essere indecente in quelle scientifiche(che poi è solo quasi vero), scroccare pizzette nell’intervallo, offrirne una una volta l’anno, sbattersi con la capoeira, la lotta e i bicipiti (lol), essere costantemente distratto, tanto da giocare a pokémon nelle ore di inglese, dimostrare cordialità e disponibilità con tutti, era più che sufficiente per farsi voler bene. Se sono stato sul cazzo a qualcuno, non me ne sono mai accorto*. Già ampliando l’area delle frequentazioni la cosa cambiava: per diversi motivi, come il mio ginnasio all’umberto, la mia abitudine a non restare molto tempo sotto scuola dopo le lezioni, la mia avversione alle occupazioni, la mia scarsa stima per alcuni personaggi piuttosto popolari, non ho conosciuto molte persone fuori di classe mia. C’è da dire poi che raramente sono stato granchè estroverso. E’ probabilmente a causa di tutto ciò che non sono quasi mai uscito con i miei compagni a Piazza del Gesù: sentivo di avere un posto e un ruolo nella classe, non sotto l’obelisco.
Basta come spiegazione?
No, perchè il mio atteggiamente era stato radicalmente diverso in passato. Nel Febbraio del 2007, quando ero in quinto ginnasio, andai alla festa di carnevale a casa di Elena, mia cugina. Lì conobbi in una sera un numero enorme di persone, e attraverso alcune di quelle ne conobbi tante altre nel giro di pochi mesi. Mi ero tuffato di testa in un nuovo mare, in niente simile a quello in cui ero abituato a nuotare, senza alcuna remora. Non ebbi alcun problema a tagliare i ponti, nel giro di settimane, con i miei amici delle medie, che ancora frequentavo, e con i miei amici dell’umberto e del mercalli. Tornando sul tema iniziale, nel febbraio del 2007 non ebbi nessuna difficoltà ad abbracciare ed esplorare l’ignoto, cioè quella che sarebbe stata la mia vita accanto a persone diverse da quelle a cui ero abituato. Per coronare il tutto, visto che da qualche tempo frequentavo altri miei compagni di classe delle medie e i loro amici genovesini, trovandomi assai bene, decisi definitivamente di cambiare scuola. In quei mesi iniziali del 2007 (fra gennaio, quando passai le mie prime serate a piazza del gesù, e marzo, quando ormai avevo iniziato a conoscere il gruppone del sannazzaro e il gruppo college) salutai con poche cerimonie anche tutto il buono che avevo avuto fino ad allora.
Come spiego questa diversità nel mio atteggiamento? Come spiego, e quindi come giustifico il fatto che, nonostante sapessi che buttandosi nell’ignoto si potesse trovare un’immensa felicità, non mi gettai fra le braccia di classe mia e del genovesi, riprendendo a frequentare la piazza come all’inizio dell’anno, ma con i miei nuovi compagni?
Semplice:in quinto ginnasio ero infelice. Avevo una sete infinita di cambiamento. Non mi sentivo a mio agio all’umberto, non ero mai stato davvero realizzato nel gruppo delle medie, non mi sentivo granchè apprezzato. Non piacevo alle ragazze, cazzo. Nell’ignoto di quel carnevale gettai la maschera e rovescai il mio mondo. Non cambiai la mia personalità, fui più profondamente, e con più sicurezza, me stesso. E questo Vobby così uguale a come era sempre stato, per qualche incredibile e meraviglioso motivo piaceva come non era mai piaciuto a nessuno. Per questo non mi dimostrai altrettando aperto all’ignoto di classe mia: ero felice nella mia ignoranza. Vivevo da poco una nuova vita, non volevo per nessun motivo abbandonarla, nè cambiarla in nessun modo.
E forse sbagliai. Perchè io non mi pentirò mai di nessun momento passato con roberta, con le pagine sparse, o a casa di luca, o di lalla, ma allo stesso tempo mi rendo conto che un piccolo sforzo in più, per fare un minimo di luce su quel mondo che non conoscevo, e per farmi illuminare da esso, potevo farlo. So che sono stato felice in questi anni, sono sicuro che non avrei potuto esserlo di più, ma non saprò mai se avrei potuto esserlo diversamente, conoscendo meglio altre persone pure tanto belle e generose, che si sono sempre dimostrate disposte a volermi bene.
Sono anche stato così imbecille da riuscire ad assentarmi alla rimpatriata che io stesso avevo proposto mesi fa, perchè controllai con un giorno di ritardo la mail di facebook, e per questo non ho scuse, mi sa.
Un mio compagno mi disse che io e lui non ci saremmo mai più visti, dopo quella festa di fine anno. Per ora ha ragione. Ma mi sono ripromesso di smentirlo, e la voglia di farlo non è diminuita.

*Eventuali lettori compagni di classe, non desidero essere smentito, grazie.

Cólto alla sprovvista

postato il 3 Apr 2011 in Main thread
da Azazello

[Questo post inizia con tre brutte notizie: la prima è, come avrete potuto notare, l’infausto annuncio di una cattiva notizia; la seconda è che uno dei nostri autori ha deciso di ritirarsi; la terza è che tocca a me scegliere un argomento e che, essendo stato colto alla sprovvista, mi toccherà sceglierlo in fretta traendo ispirazione da quello che capita, cosa che non ha sempre funzionato granché (come ricorderete)]

Eccoci qui, all’alba di un nuovo argomento. Vi farò innanzi tutto una confessione: mentre scrivo queste righe non sono ancora a conoscenza di quale sarà, ma spero proprio che l’ispirazione mi raggiunga prima della fine di questo post oppure prima della nozione che scrivere un post senza sapere di cosa parlare è fuor di dubbio un’attività poco saggia. Dedichiamoci, dunque, alla scoperta di questo brillante argomento partendo dalle cose che sappiamo per certe:

  1. Esso sarà, fuor di dubbio, un argomento non inerente al cibo. La cosa si è rivelata inadeguata e problematica in più di un’occasione, per cui non mi pare intelligente commettere per la terza volta lo stesso errore (già due…);
  2. Esso non richiederà attività o attenzione aggiuntiva, intensificata o esterna, per i nostri autori, al di là della mera scrittura del post. L’idea, infatti, si è rivelata sempre interessante, ma spesso di difficile realizzazione e difficilmente ha dato i risultati sperati, con grande disappunto mio e di altri, e insomma stiamo ancora tutti aspettando che qualcuno scriva il seguito delle vicende del nostro buon Andrea;
  3. Esso non sarà, a dispetto delle aspettative, un argomento dalle infinite possibilità. Infatti sappiamo che quando si può dire troppo di qualcosa, quella cosa è poco interessante. In realtà NON lo sappiamo, ma ho pensato bene di addurre una motivazione che potesse apparire in qualche modo intelligente a un occhio poco attento;
  4. Esso avrà a che fare con le “I”, quelle che hanno i puntini quando sono scritte minuscole. Io penso che la “I” sia una lettera maestosa e più che degna di nota, ma che sia sottovalutata in favore di altre più rozze e tristi vocali quali potrebbero essere la “A” o la “O”;

Siete liberi di cercare di indovinare in quale momento del post ho deciso che l’argomento sarebbe stato:

 

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