Giovinò mi fate sedere?

postato il 1 Mag 2012 in Main thread
da Bread

[Chiudiamo l’argomento del mese con un post del cazzo, che però almeno è un post, dato che non posto da troppo tempo posto questo post anche se è un post del cazzo e visto che l’argomento l’ho scelto io dovevo postare un post, visto che il post introduttivo è stato postato in ritardo, ora la smetto di dire post giuro. Lo faccio solo un’ultima volta: post!]

Vi sono dei luoghi che esistono davvero, altri che esistono solo nelle leggende e nell’imaginario collettivo e la cui esistenza non è verificata né riconosciuta dai più: luoghi come il Paradiso, l’Inferno, Asgard, Atlantide, il Valhalla.. o il C33. Le leggende narrano di quest’ultimo come di un pullman che porti da uno stazionamento che nessuno ha mai avvistato (le antiche cronache parlano di piazza Leonardo, ma nessuno vi ha mai trovato tracce del leggendario pullman) sino a Monte Sant’Angelo [Una sede dell’università, nel caso qualcuno non di Napoli abbia la sfortuna di leggerci]. Vi sono fermate che hanno sul tabellone la scritta “C33”, quelle più tecnologiche riportano anche l’orario a cui dovrebbe palesarsi ma, giunta quell’ora, la scritta scompare magicamente. Del pullman nessuna traccia.
C’è chi perde la speranza e va via scegliendo percorsi alternativi, chi prende altre linee. Ma c’è chi resta perché nutre la profonda convinzione che il C33 esista. Ebbene il C33 esiste.. io l’ho visto! Ci sono salito più volte, e vi narrerò di ciò che ho potuto vedere e sentire in questo luogo meraviglioso.
Le specie che popolano il Pullman sono fondamentalmente tre: “i vecchi”, “gli universitari in ritardo” e “i casi umani”.

-I vecchi. Dovete immaginarveli un po’ come gli zombie di un film splatter: salgono ad orde dimenando goffamente bastoni e carrelli della spesa colpendo chiunque e producendo bizzarri versi. Alcuni di questi sono stati decifrati e tradotti nella nostra lingua e suonano come “Un momento!”, “Faciteve chiù allà”, seguono poi diverse imprecazioni su “i giovani d’oggi”. C’è solo una frase che sanno pronunciare nella lingua corrente:”giovinò mi fate sedere?”. Se sentite questa frase, siete fottuti. Le alternative sono due: a) rispondere “sì” e farvi tutto il viaggio in piedi per cedere il posto a un vecchio che scenderà alla prossima fermata, b) rispondere “no” e venire divorati da un’orda di zombie inferociti, perché gli zombie non chiedono il posto.. lo pretendono!

-I casi umani. Questi sono di diverse specie che vanno dagli individui semplicemente bizzarri, a quelli completamente pazzi. In genere i pazzi si aggirano sul confine vomero-soccavo. Queti individui, nati da chissà quale amore incestuoso, parlano la stessa lingua degli zombie ed alcune volte si fermano a parlare imprecare con loro, maledicendo il conducente o il resto del mondo.

-Gli studenti universitari in ritardo. Questa categoria (che pure si divide nei suoi sottogruppi), così come le altre due, brama una sola cosa: il posto a sedere. Questi però hanno la sfortuna di non poter pretendere nulla, ma sfruttano la loro intelligenza superiore (superiore a quella degli zombie e dei pazzi, capirai..) per escogitare tattiche che li porteranno ad essere seduti. Due sono le strategie principali:

-Il posto alternativo. Vengono assaltati posti come, la ruota del pullman, oppure lo spazio tra l’ultimo sedile e la cabina del conducente, qualsiasi cosa può rivelarsi un potenziale sedile per l’universitario assonnato.[I posti alternativi, seppure scomodi, hanno il vantaggio di essere inattaccabili dai vecchi]

-La marcatura a uomo. Questa tecnica consiste nell’individuare la figura seduta che ha l’aria di scendere prima e piazzarsi lì vicino aspettando che questa scenda. Il successo di questa tecnica dipende dalla capacità dello studente di discernere “il tipo di via Epomeo” da quello del Vomero e del Parco san Paolo, capacità che si affina con gli anni.

Al ritorno il leggedario pullman fa un percorso diverso da quello dell’andata (probabilmente per far perdere le proprie tracce) e passa per il leggendario Rione Traiano, terra di spacciatori e cammoristi, di povera gente e di bambini tammarri. Questi ultimi salgono spesso sul pullman molestando i passeggeri con la musica tamarra dei loro cellulari.

Terminato il giro, il C33 torna nell’ombra: gira l’angolo ed è svanito. Non puoi dire se lo rivedrai mai più, ma sai per certo che esiste e che le voci al riguardo non sono solo leggende. Forse un giorno vivremo in un mondo in cui i C33 passano e la gente riesce ad arrivare in orario all’Università!

Lettera

postato il 26 Set 2011 in Cazzi e mazzi personali
da Azazello

[Questo post è stato scritto in pullman in una maniera perversa per cui non vedevo ciò che scrivevo, quindi perdonerete eventuali errori attribuibili alla cosa. Era anche un momento un po’… non saprei dirlo, ma comunque non ho avuto il coraggio di rileggerlo per controllare che non facesse schifo, però so che è importante per me e quindi lo posto ugualmente!]

Quelli che mi conoscono meglio tra i nostri due o tre lettori (ciao ma’, ciao pa’) probabilmente sanno che ruolo ha rivestito un uomo di nome Francesco Guccini nella mia vita. La cosa interessante, o forse triste, del mio rapporto con lui è che ho iniziato ad apprezzarlo molto prima di avere delle buone ragioni per farlo, più perché la mia mente di bambino era ignara dell’immenso panorama musicale in cui avrei potuto pescare le mie passioni infantili che non per effettivi meriti della sua musica, forse. Tutto è cominciato con un CD che si chiamava “L’Italia del Rock”, forse parte di una serie uscita in edicola, una compilation di brani che avevano (o non avevano poi tanto) fatto la storia della musica italiana, grazie al quale mi sono innamorato delle prime due canzoni di Guccini che abbia ascoltato: “La Locomotiva” e “Un altro giorno è andato”. Certo, sono stato colpito anche da altre canzoni di altri autori, come “Pablo”, “Stalingrado”, “Ho visto un re”, “Vengo anch’io!”, “El Pueblo Unido”, “Tammurriata Nera”, “Contessa”, ma quelle due erano tutto ciò che mi serviva per rendere sopportabile, anzi piacevole, le 17 ore di auto che separavano la mia casa di Heidelberg da quella di mia nonna a Napoli, un altro classico della mia infanzia.

Per alcuni (pochi) anni la situazione è rimasta quella: “L’Italia del Rock” era la mia principale se non unica fonte di musica e quelle due canzoni bastavano a soddisfare qualsiasi esigenza potessi avere in merito. Poi mia madre ha compiuto 40 anni ed ha ricevuto in regalo due dischi di Guccini: “Guccini Live Collection”, in due CD, e “D’amore, di morte e di altre sciocchezze” (c’è chi dice che “Radici” sia il più bel disco di Guccini, lui compreso. Queste persone non hanno capito niente e, chiaramente, non hanno mai ascoltato “D’amore, di morte, e di altre sciocchezze”. Lui compreso). Con queste due nuove fonti la mia esperienza in materia si è più che decuplicata, facendomi scoprire nuovi brani che avrebbero occupato i più bei minuti musicali della mia tarda infanzia (e della mia vita). Anche in quei momenti non capivo cosa stavo ascoltando, anche se se in certi casi potevo avvertire l’atmosfera che la canzone voleva dare, il suo senso: la placida dolcezza di “Vorrei”, l’incedere del tempo di “Lettera”, l’amarezza celata nel riso del “Matto”. Ho cominciato a crescere e a capire qualcosa di più di ogni canzone, sempre durante i lunghi viaggi in macchina coi miei genitori, poi ho potuto apprezzarne di nuove quando mia madre ha comprato “Stagioni”, “Parnassius Guccinii”, “Ritratti”. Ora, a tanti anni di distanza, amo ancora Guccini come un padre, al punto che ci sono sue canzoni che ascolto da una vita e che non conosco, non capisco e non mi sforzo di capire, perché sono lì da sempre, parte della mia famiglia, finché non mi accorgo di non sapere nemmeno di cosa parlano e provvedo.

Ma che gioia è stata scoprire, a partire da quegli anni, che l’uomo che tanto amavo per un affetto irrazionale, per imprinting, si trovava a buon diritto nella classifica dei miei musicisti preferiti!

Da capo, un’altra volta, mi sono innamorato della sua lirica così variabile nello stile, ma sempre unita nella chiarezza dei periodi, da una rustica sincerità narrativa. Ancora una volta l’ho sentito vicino, questa volta non come un padre con le sue favole, ma come un amico che mi raccontava di sé, dei temi che sentiva più vicini, dei suoi amori, delle sue delusioni, di come l’avanzare dell’età gli portava via forza, amici, gioie, amori, ma di come riusciva a superare queste cose, di come si può -e si deve- invecchiare serenamente, accettando il passare del tempo come necessario e naturale. Di come la vita meritasse di essere vissuta per le cose davvero importanti: l’amore, il sogno, la fantasia, la compagnia. Con lui ho reinterpretato eventi, riletto grandi romanzi romantici e non, da lui ho imparato, o forse in lui ho rivisto, un modo di vivere l’amore più quotidiano, meno irrazionalmente passionale, ma non per questo meno romantico. Con lui ho parlato di politica, ho rivissuto la vita dei grandi eroi della rivoluzione e ne ho scoperto la parte umana, ne ho vissuto il sogno e di esso mi sono emozionato, mi sono lasciato infervorare e sono tornato coi piedi per terra, sempre con lui. Nelle sue canzoni ho visto vasti paesaggi e grandi storie, ma anche l’intimo piacere di un momento a letto con la propria compagna, di una serrata al bar con gli amici. Ho provato la cosa più vicina a quello che può significare essere padre.

Dalla verità e l’incorruttibilità di Guccini ho imparato che si può dire no ai compromessi inaccettabili, ho scoperto che l’amore può non essere solo un dolore oscillante tra il petto e lo stomaco, ma un gioco, un tenero scherzo, per il solo giovamento degli amanti. Ho imparato ad aspettare con ansia l’incontro con una vecchia amica.

 

Ma forse la cosa più importante che ho capito ascoltando Guccini è che quasi tutto alla fine si risolve, in una maniera o nell’altra, e che vale sempre la pena di restare per vedere come va a finire.

Pull Man PULL THE POLLAME!

postato il 20 Lug 2010 in Main thread
da Bustaros

Devo dire che apprezzo questo tema.

Partiamo da qualcosa di semplice.

Io morirò giusto?

Ok perfetto  questo è un NON COLLEGAMENTO  perchè quello che  ho appena detto no centra un cazzo con quello da cui  sono partito.

Altro esempio: es.     A:Ciao Marco! E’ tua quella banana?   B:Mia nonna ha  colpito il portiere con una carota gigante

NON COLLEGAMENTO

Pensiamo ora ad altro,  ai collegamenti veri e propri.

Quelli pubblici,  quì nella nostra magica città di Gigipizzamarardonad’alessiomandolinocamorra possediamo  per esempio Pullman, Metropolitana e Funicolare

In particolare voglio parlare da quello che mi è più vicino..

Il Pullman:

Con la parola pullman (italianizzato in torpedone durante il fascismo) si intende generalmente un tipo di autobus che effettua servizio su percorrenze medie e lunghe. Il nome deriva da George Pullman, l’imprenditore statunitense che a metà del 1800 progettò e produsse un tipo di carrozza ferroviaria, divenuta poi famosa per il comfort offerto ai passeggeri.

(From Wikipedia    http://it.wikipedia.org/wiki/Pullman <– Collegamento)

Interessante è sapere che l’uomo che inventò tale mezzo di collegamento  odiato dai suoi dipendenti quando morto:

L’odio per Pullman rimase diffuso tra la gente e quando morì nel 1897, fu seppellito senza cerimonie nel cimitero di Graceland, di notte e in una bara di piombo in una struttura di cemento rinforzata con barre d’acciaio. Diverse tonnellate di cemento furono versate sulla bara per impedire che il corpo venisse riesumato e potesse subire le ingiurie degli attivisti più estremi.

(Wikipedia http://it.wikipedia.org/wiki/George_Pullman <–Collegamento)

XD Incredibile

I Pullman nella nostra città funzionano peggio della emerda di cane riscaldata nel microonde o peggio della colla stick che non ha mai attaccato manco il cazzo.

In questi giorni di caldo bestiale mi sono ritrovato dopo mesi a prendere il pullman:

Ore 12.22 Via Scarlatti lato EX-Mac Donald  temperatura che si aggira sui 38 gradi, io ne sento almeno 64,   abbasso la testa per toccarmi dietro il collo e sentire che ho il collo strasudato.

“MANNAGGIA A  CRISTO  E AL BIMBO DEL CAZZO CHE STA NEL SOLE DEI TELETUBBIES”

Una signora mi guarda malissimo dopo questa mia magica affermazione, per terra  noto  un gruppetto di  blatte che con un poncho e dei baffi finti ballano attorno ad un sombrero.

FINALMENTE  arrivo alla fermata dell’autobus e  mi fermo bestemmiando la madonna e il resto del mondo,  -C28 4 minuti-  Resto ad ascoltare i Megadeth

Scusate ero in bagno.

Allora dicevo..

Dopo 15 MINUTI ! DIOPAPERA! Arriva il Pullman io ormai ero diventato Michael Water, e non ho la minima idea di chi sia.

Si aprono le porte e dopo aver fatto salire tutti i terminali  (i vecchi) salgo finalmente.

Un getto tagliente e gelido  mi colpisce la  nuca, “Diocristo! Che cazzo è!?!?!”

Conducente:  Si muore di caldo eh?!?!     ” Si ma così la gente la uccidete”   Conducente:Eh ma fa caldo! (GRAZIE AL CAZZO CAPITAN OVVIO!)

Comunque  alla fine dopo 10 minuti di tragitto  sulle strade  sfasciate di città dentro al centro criogenia mobile scendo e lo sbalzo di temperatura mi  ammazza tanto che per un momento mi si annebbia la vista, basta poco per arrivare al portone e mettermi in salvo per fortuna.

DIOCANE XD

I collegamenti  che non funzionano che  funzionano male e le strade stesse che sono collegamenti sono totalmente scassate.

Chi ha il motorino come Spasko  sa bene cosa vuol dire ma non solo! :D Anche in auto si sono parecchi casini basta vedere la strada che va al Virgiliano.

Vi lascio con un video stupendo che spero sia abbastanza inerente all’argomento.

A PRESTO!

 

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