Mi piacciono i treni, ovvero l’ennesimo post inconcludente di Vamina

postato il 6 Ago 2011 in Cazzi e mazzi personali
da VaMina

Preferisco il treno all’aereo, per varie ragioni. La prima è che il treno non vola. La seconda è che il treno non sta sospeso per aria. La terza è che non è privo di una certa poesia decadente (decadente riguarda soprattutto i regionali).
Si fanno interessanti conoscenze in treno. Una volta mia madre ha fatto amicizia con un intero gruppo di venditori ambulanti che dovevano raggiungere le rispettive postazioni sulle spiagge e mi ha anche comprato dei calzini, mentre un’altra volta io…
Fregati! Non c’è nessuna storia che riguarda me e i passeggeri del treno, in genere io li guardo sospettosa mentre ascolto gruppi dai nomi impronunciabili. Però la possibilità di fare interessanti conoscenze c’è.
Soprattutto se sei mia madre.
Mia madre vede il treno come un luogo meraviglioso, creato per permettere alla gente di socializzare e in genere di parlare un sacco e a lungo e con tutti. In verità mia madre vede tutto il mondo in questo modo.
Credo che uno sbarco alieno sulla terra avverrebbe più o meno così, se ci fosse nei paraggi mia madre:
Mia madre: ”Salve! Piacere, sono Giovanna”
Alieno: “Signora, noi siamo i rappresentanti del pianeta Vattelappesca, venuti sulla Terra per una missione”
Mia madre: “Venite in pace?”
Alieno: “No, signora*, siamo venuti per distruggere l’umanità e impossessarci del pianeta”
Mia madre: “Ah, è proprio un peccato. Pensi che una volta mio zio Elio, che era sposato con zia Fernanda, sorella di mia madre… sa, mia madre aveva undici fratelli, due maschi, nove femmine, ma in realtà mia nonna Filomena ha avuto tredici figli, però due sono morti piccoli. Tutte e due le mie nonne si chiamavano Filomena, quindi noi distinguevamo tra nonna Filomena di Napoli e nonna Filomena di Sant’Arpino..”
E così si eviterebbe un’incresciosa distruzione del genere umano, perché mentre mia madre parla della prima generazione, poi della seconda, poi della storia clinica del soggetto della storia e infine approda all’avvenimento di cui voleva parlare all’inizio, possono passare dalle 13 alle 27 ore. Intanto i governi di tutti gli stati sono stati avvertiti e hanno messo in piedi un esercito gigantesco che può fronteggiare la minaccia aliena.
Io ho ereditato dalla mia genitrice sia la capacità di parlare a lungo e senza riscontri da parte dell’interlocutore, sia quella di perdere il filo del discorso, più e più volte, come dimostra questa lunga digressione sulle sue abitudini sociali. Purtroppo ho ereditato anche la capacità di mio padre di non saper raccontare una storia e di non saperlo fare in modo da renderla interessante**, quindi, se volete vedere un film, non chiedetemene la trama, perché non solo parlerò di tutt’altro per mezz’ora e mi dimenticherò l’unico dettaglio che avrebbe potuto farvi capire il finale, ma vi annoierò anche mortalmente.
Tornando al punto di partenza, i treni sono indiscutibilmente meglio degli aerei. Pensate a quanti celebri film e libri sono ambientati in treno: Assassinio sull’Orient Express, Train de vie, altri che mi scoccio di nominare, altri ancora. Mentre quale film è ambientato in aereo? L’aereo più pazzo del mondo, e basta questo, perché è uno dei film più brutti che abbia mai visto. Non c’è proprio confronto. Non me lo immagino nemmeno Poirot che per indagare aspetta che la luce si spenga e che lui possa slacciarsi la cintura. Oltretutto, sul grande schermo, gli innamorati rincorrono i treni, non gli aerei, e nessuno sventola fazzoletti bianchi dal finestrino dell’aereo, se non vuole prima spaccare il vetro e poi morire anche.
Inoltre c’è questo fatto che gli aerei volano proprio. La visione delle nuvole non mi dispiace affatto, ma non compensa tutti gli svantaggi, l’atterraggio, il decollo. Il treno offre visioni di campi, città, paesini, fiumi, e in più non fluttua da nessuna parte e non vibra in maniera vomitevole. Non a caso sul treno NON ci sono sacchetti per il vomito a fissarti dubbiosi, della serie “mi prendi e mi inzozzi o ti contorci sul sedile e non mi prendi?”. Si avvicina l’hostess per chiederti se vuoi qualcosa da mangiare. No grazie, sto bene così. Ne è proprio sicura? Sì, davvero. Non vuole niente? Va bene, prenderò qualcosa, infatti la mia faccia verde stava cercando di esprimere fame, potrebbe darmi dei biscotti e un succo di frutta, così poi dopo posso usare il pacchetto vuoto per fare la seconda rigettata?
Sì, quando viaggio prendo sempre l’aereo, ma è una cosa che non mi piace affatto.

*Li sto immaginando educati, nel dubbio.
**Mia madre quando vuole sa raccontare abbastanza bene una storia, sono solo troppo-estremamente-eccessivamente lunghe.

Balocco…o non solo?

postato il 6 Ott 2010 in Main thread
da Cerbs

Questa tavola (che potete leggere cliccandoci su ed ingrandendola), tratta da quell’immenso capolavoro che sono i fumetti di Calvin & Hobbes, riassume quello che è il mio pensiero sui giocattoli.
Due semplici oggetti, così diversi fra loro come un dinosauro ed un aereo, nella mente di un bambino diventano associabili in qualsiasi modo, ancorchè inverosimile, ed accendono il variopinto fuoco della Fantasia.
Questa meravigliosa peculiarità del balocco lo distingue dai “giochi” propriamente detti, come il nascondino o l’acchiapparello (che sono comunque capisaldi nella vita di qualsiasi fanciullo perchè giocabili in compagnia), con le dovute eccezioni ( “Facciamo che…”); ma in particolare lo distingue dai videogiochi. Ora, essi sono una mia grande passione, tanto che la mia tesina della maturità puntava a mostrare come molti di essi non siano solo meri passatempi, perchè affrontano a modo loro tematiche molto care alla filosofia ed al mondo intellettuale; ma non posso non riconoscere che essi presentano al giocatore un prodotto “già fatto”, non dissimile da ciò che accade con i film ed i libri, su cui egli può solo limitarsi a riflettere senza partecipare alla sua costruzione.
Il balocco è sì un prodotto già fatto, ma plasmabile dalla infinitezza della mente delle persone a proprio piacimento: un personaggio buono può diventare malvagio, se così ha deciso di architettare la nostra fantasia, così come Paperino può diventare un agente segreto, per citare il post precedente.
In questo modo, si scopre che tutti noi abbiamo veicolato attraverso i balocchi quelli che erano i nostri progetti, le nostre emozioni, le nostre impressioni, architettando di volta in volta stupefacenti mondi in cui perderci felicemente; ad essi abbiamo affidato anche la risoluzione dei nostri problemi e delle nostre paure ( cfr. il classico orsacchiotto che il bambino stringe nel proprio letto), perchè essi trascendono il loro essere un semplice oggetto.
Mi sento libero di affermare che, mentre i giochi sono una opportunità per fare conoscenza e giocare in compagnia, e mentre i videogiochi sono un prodotto da apprezzare e con cui divertirci, il balocco diventa un SIMBOLO.
E quel che è più bello, può essere simbolo di qualsiasi cosa.
Il giocattolo è lo specchio su cui si riflettono la nostra fantasia e la nostra immaginazione.

Vi lascio con una canzone, tratta dall’album di Kevin Ayers “Joy of a Toy”. Potete ascoltarla, se vi sentite nostalgici.

My oh my oh my
Do you really have to cry?
Crying like a summer rain
Lady let me ease your pain.
Why oh why oh why
Don’t you spread your winds and fly?
Flying like an autumn wind
Lady did you lose a friend?

Don’t be sad and down

Take another look around
Maybe what you’ve lost you’ve found.

Don’t be sad and down
Take another look around
Maybe what you’ve lost you’ve found.

 

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