Insulti alla letteratura

postato il 20 Mag 2011 in Main thread
da Vobby

Si tratta di due cosi piuttosto vecchi. Fanno entrambi cagare, ovviamente, anche se forse un po’ meno di come mi ricordassi. No, che dico, il primo forse è un poco meglio di quanto pensassi, il secondo molto peggio. L’ordine cronologico dovrebbe essere invertito, ma trovavo coerente con il blog e l’argomento corrente postare una sorta di discesa verso lo squallore adolescenziale. Il primo coso (non è veramente un componimento..) è l’inizio (non continuato) del mio romanzo (lol) medieval-fantasy (chi fu a suggerirmelo?), il secondo è la mitica (?) divina commedia by Vobby (perchè?).Tutto scritto almeno 4 anni fa. Il primo è (cerca di essere, fallendo) un vero e proprio inizio di capitolo, il secondo consta solo della geniale (no) trama che avevo ideato. Noterete che i due… testi sono (poco, pochissimo) influenzati dal fatto che avevo cominciato pukulan e letto un libro di Piero e Alberto Angela in cui accennano a delle cose su come è fatto il cervello. Poi bè, mi piace l’Iliade, ma questo lo sapevate già. Ok, ho finito di rileggere anche il secondo coso, forse col finale si solleva un po’, anche se la prima parte vi farà davvero venir voglia di morire. Ci sono citazioni a caso di Benni, due per la precisione.

Romanzo medieval-fantasy: Presentazione del protagonista :
I tre uomini entrarono con calma senza preoccuparsi di chiudersi la porta alle spalle.
Indossavano una cotta di maglia coperta da un lungo mantello bianco, le armi appese ai fianchi.
Uno di loro, presumiblimente il capo, era stato il primo a varcare la soglia e guardava dall’alto in basso il giovane che li aveva fatti entrare. Il soldato era enorme, i suoi passi avevano fatto rimbombare il pavimento.
Gli altri due erano rimasti vicino all’uscio, in attesa, con un’aria vagamente sprezzante disegnata sui volti. Seppur robusti, erano comunque mingherlini al confronto del primo uomo.
Il giovane aveva un’aria piuttosto sorpresa. Indossava anche lui una sorta di mantello, ma decisamente lacero e vecchio.
Il primo uomo parlò piano, con una voce del tutto priva di tono: “in questa casa c’è uno dei libri messi all’indice. Lei deve consegnarcelo e seguirci in caserma.”
La sorpresa sul volto del giovane era ora più evidente; comunque rispose tranquillo: “qui non c’è nessuno di quei libri. Io non so neanche leggere.”
Il soldato rispose con la stessa lentezza di prima: “se non collabora, dovremo portarla in prigione per poi farla giustiziare, la prego di essere ragionevole.”
Dimostrando grande ragionevolezza, il giovane tirò un energico pugno alle palle del soldato. Peccato per la conchiglia. Senza fare una piega, l’uomo rispose con uno spintone che scaraventò il giovane su un mobile alle sue spalle, mandandolo in frantumi.
Il giovane si alzò con velocità sorprendente, scattò verso il soldato, che fu troppo lento per difendersi: il montante gli asportò gran parte della faccia. Lo il movimento del braccio in avanti aveva fatto cadere il mantello del giovane dietro la spalla: i due soldati rimasti vicino la porta, poterono vedere la singolare arma del giovane: indossava un guanto di cuoio lungo fin sopra il gomito, sul quale era avvolta e cucita una cotta di maglia. Sulla parte della cotta che copriva il pugno, erano attaccati vari piccoli chiodi, ganci, e schegge metalliche. A queste era rimasta attaccata la faccia del soldato.
L’uomo cadde a terra con un tonfo. Uno dei due uomini rimasti indietro estrasse un grosso spadone da sotto la cappa. L’altro, superato un primo momento di stupore, impugnò una mazza ferrata e si scagliò contro il giovane gridando:” ti ammazzo piccolo verme infed..” il giovane lo zittì con una rapida tibiata all’altezza della testa. Il rumore della gamba contro l’elmo fece intuire che anche gli stinchi erano protetti da un’armatura.
Il giovane, in mezzo fra i due aggressori svenuti, fissò il terzo soldato, e si rivolse a lui dicendo: “ora tocca a te.”
“sta fermo” gli rispose quello “io non..” ma smise di parlare per concentrarsi sul pugno che arrivava. Portò lo spadone davanti al corpo appena in tempo per parare il pugno metallico. Il giovane piegò il braccio di scatto e con un solo movimento fluido diede una gomitata alla spada, spostandola di lato, aprendo la guardia del nemico. Il soldato staccò una mano dall’arma per parare il secondo pugno; i due avambracci corazzati si scontrarono facendo scintille. Senza perdere tempo il soldato mosse lo spadone con un solo braccio verso il giovane, che fu costretto ad indietreggiare. Ora era il soldato ad attaccare, menando fendenti. Il giovane ne evitò uno, due, al terzo si abbassò sulle gambe per poi gettarsi sulla vita dell’avversario, atterrandolo.
Gli si sedette sopra e tirò due pugni mirando alla testa, il primo venne incredibilmente parato, il secondo centrò la tempia. Nonostante la protezione dell’elmo, il soldato perse conoscenza.
“bene” disse il giovane fra sé. Si alzò,aggiustandosi il mantello. Controllando che gli altri 2 soldati fossero davvero privi di conoscenza, notò un libro fra i pezzi del mobile fracassato. Lo raccolse, e controllò il titolo:”oh c’era davvero un libro proibito qui dentro..” lo prese e se lo mise in una tasca interna al mantello, poi corse via dalla casa, fendendo i curiosi attirati dal frastuono. Appena il giovano varcò l’uscio, il soldato con lo spadone si alzò massaggiandosi la testa. “uno così potrebbe fare al caso nostro. O darci problemi” borbottò fra sé. E corse ad inseguirlo.

Divina commedia by Vobby, trama:
Allora, nel mio libro i protagonisti siamo io e mf, magari cn nomi diversi, ma i caratteri sono quelli.
La storia comincia cn una scommessa fra lucifero e Michele, ke devono giocrsi qualcosa, magari potere o anime. Fatto sta ke se la giocano cn noi 2. in sostanza ci daranno potere e conoscenza. A me daranno poteri bestiali, tipo wolverine se vogliamo, e mi faranno visitare l’inferno. A lei un potere piu nobile ovviamente, simboleggiato da una spada, le faranno visitare il paradiso. Dopo queste visite, coi nostri poteri decideremo come comportarci ein base al nostro comportamento noi “decideremo” il nostro destino nell’aldilà. Se andiamo su vince Gabriele, se andiamo giù lucifero. Chiaro no? Io visiterò l’inferno e scoprirò che nn è esattamente cm dice dante, è qualcosa di terribilmente figo, in cui pestano come dannati, in cui ci si abbandona ai piaceri, e i demoni infernali ke presiedono cerchi e bolgie altro non sono ke anime piu forti di altre modificatesi all’inferno col passare del tempo secondo il loro carattere e la loro esperienza diciamo. È ovviamente un luogo di punizione, ma i puniti sono solo destinati a contendersi i piaceri, piu o meno cm hanno fatto in vita. Tipo i golosi sono condannati a combattersi l’un l’altro x il cibo, e cerbero è il piu grosso e cattivo di tutti, il piu bestiale, e fa il culo a tutti e mangia di piu, perciò è il capo, funziona in sostanza la legge della giungla, ma almeno in parte tutti riescono a raggiungere i loro piaceri, e ci sono momenti di piacere generale concessi da lucifero. Al paradiso ci devo lavorare, ma se le ambientazioni dell’inferno sono paludi foreste o deserti , in paradiso i vari cerchi sono simili alle varie interpretazioni delle città perfette nei secoli in cui l’uomo ci ha tanto fantasticato. Lì tutti vivono in pace e armonia e si scambiano dotte opinioni, e nn ci sono criminali eccetera e domina un generale buon senso. Sostanzialmente, all’inferno ci vanno quelli in cui ha prevalso la parte animale della psiche, quella presente nel paleoencefalo, in paradiso quelli ke hanno usato di piu la corteccia cerebrale. Io sarò attirato dall’inferno, mi piacerà, anke xkè essendo forte e sapendo bene come funziona il rapporto tra ciò ke sono nella mente e ciò ke sono all’inferno lì sarò piu forte degli altri, farò il culo a cerbero in un incontro spettacolare, e a lui fotterò le chiavi del palazzo di Semiramide ke domina nel cerchio dei lussuriosi, e chiaverò con lei. Mf invece bè, nel paradiso vedrà un po’ l’agorà ke vorrebbe fosse pagine sparse. Io con le mie particolari facoltà sulla terra me la farò cn un bordello di puttane, perché essendo piu bestia potrò dominare anke tipo gli ormoni, mf invece andrà ancora meglio a scuola, avrà vari riconoscimenti, magari scrive un libro, vasquez e la professoressa delle medie le dicono ke è troppo brava e bella, tutte quelle cose che credo piu vorrebbe. Poi però succederà un avvenimento particolare che ci farà riflettere. Io scoperò tantissimo, ma come un animale, trascinato dalla voglia e non dal desiderio d’amore e questo non mi piacerà, lei invece si renderà conto di star camminando a tre metri da terra, e soprattutto che tutto kuel sapere non vale niente senza lo sforzo da fare per ottenerlo. Intanto ovviamente avremmo litigato. Ci riappacifichiamo accomunati dai dubbi. Visto ke dubitiamo di ciò ke ci hanno concesso, ci scambieremo i poteri, a me la spada a lei gli artigli. E andremo nell’aldilà, ancora una volta, per prendere a botte lucifero e Michele. Loro perderanno perché non capiranno ke la nostra forza non deriva dall’essere bestiali o ragionevoli, come loro, ma da qualcosa di molto piu tipicamente umano della ragione, ke è il valore, e l’amore soprattutto,che non è istinto, non tende a qualche bene superiore, è forza generatrice, è passione, è infinitamente piu potente di inferno e paradiso messi insieme. Non sono loro le divinità che comprendono la natura umana, ma quelle dell’epica, almeno x la mia natura, infatti mentre combatterò con lucifero la spada , nel momento di maggiore difficoltà, si trasformerà nello scudo di achille, ela sua impugnatura nella lancia di frassino che solo l’eroe può impugnare. Almeno il mio processo psicologico sarà questo, quello di mf nn lo so ancora, è difficile, magari ne parlo con lei… la cosa sicura è che frantumerà le armi di Michele come il mio scudo frantumerà le corna di lucifero, quando lui mi si scaglierà addosso. La tesi del libro sarà che l’amore non è proprio di dio, ma dell’uomo. Che il cattolicesimo fa schifo perché non incita al valore e non esalta davvero la natura umana, ma la relega a inferiore rispetta a una divinità, è nell’epica che gli eroi ferivano dei, e noi lo faremo. Probabilmente quello che ci farà schifo dell’aldilà e la mancanza di calore umano e amicizia e amore,xkè angeli e demoni non ci hanno capiti e ci giudicano o bestie o dotti professori. La verità non sta nel mezzo, ma nel tutto.

Idea nuova n°1: all’inferno non puniscono i peccatori, cm abbiamo detto, ma in paradiso si! le città perfette hanno delle terribili prigioni! Troppa giustizia e poca speranza, nell’aldilà.

Nota di Vobby del 20 aprile 2010, cioè 2 anni e mezzo dopo la scrittura di questo testo: fa proprio cagare! È un insulto alla letteratura! Però il contenuto mi piace, e sono felice di averlo ritrovato qui nascosto nei meandri delle cartelle condivise. Un saluto al Vobby futuro! Tanti auguri per tutto!

La maschera di Achille

postato il 14 Nov 2010 in Main thread
da Vobby

L’ultima volta che dissi che Achille è un personaggio stratificato mi si rispose : “ma hai letto orgoglio e pregiudizio??”.
Accetto l’obiezione, ma continuo a pensare che l’Achille che viene di solito insegnato sia un tantino più banale di quello che è in realtà.

Mi spiego: Achille cerca la gloria, è furia pura, non sa resistere al desiderio di impugnare un’arma, è il più valoroso degli eroi, ha un punto debole abbastanza del cazzo (ma questa è una caratteristica tipica degli eroi calendariali. Ci sarebbe tanto da dire sul dionisiaco piede di toro, su Lew Law Gyffes, sui calzari di Hermes.. magari un giorno ci posterò su), eccetera eccetera.
Ma questo Achille non nasce all’inizio dell’Iliade, per quanto abbia molto in comune con l’Achille raccontato nel resto del ciclo troiano, il che dimostra come la maggior parte della mitologia riguardante l’eroe in questione sia successiva alla stesura e alla diffusione del poema epico ( nascevano miti su Achille e altri eroi ancora in età romana imperiale).

La versione che noi conosciamo di come nacque il punto debole di Achille, il suo tallone, ci arriva da Stazio. E’ lui che ci informa che Achille venne immerso nel fiume Stige dalla madre, ma non possediamo fonti greche che ci riferiscano di questo aneddoto.
Infatti diversa è la versione delle argonautiche: secondo Apollonio Rodio Teti, di giorno, ungeva il figlio nell’ambrosia, mentre di notte lo passava sul fuoco, bruciandone le parti mortali. Una notte Peleo, che aveva capito in che modo erano morti i suoi precedenti sei figli, fermò la moglie quando il rito era appena iniziato, e lei fuggì, confondendosi nelle acque per non fare più ritorno. Per questo motivo solo il tallone del piccolo era rimasto ustionato, ma il padre riuscì a curarlo con l’aiuto del centauro Chirone, che trapiantò nel piede di Achille l’astragalo (osso del tallone) del gigante Damiso (era Damisio?), che era molto valente nella corsa. Anche il nome di Achille è spiegato con questo mito, dal momento che Achille significa “senza labbra”. Il nome si riferisce al fatto che il Pelide crebbe senza venire mai allattato. Fra l’altro, Omero non fa mai riferimento all’invulnerabilità di Achille, tanto che, nei pressi dello Scamandro, egli viene anche ferito dall’eroe Asteropeo, che scagliando due lance contemporaneamente riesce a ferirlo al gomito.

Achille è il nome di un personaggio mitologico composto da miti diversi, un po’ come Odisseo, il cui mito sembra avere origini addirittura nella Britannia celtica (no, Omero nel Baltico è comunque una troiata, sto facendo riferimento a Robert Graves e al suo libro “Greek Miths”). Gli accadono diversi episodi analoghi ad altri eroi di diverse aree geografiche, ed è oggetto nella stessa Iliade di  una ripetizione (che è l’elemento tipico del mito e del rito), tuttora oggetto di studi:

http://it.wikipedia.org/wiki/Etiopide

La stessa caratteristica appartiene anche ad altri eroi: la tomba di Ettore nell’età  classica si trovava vicino tebe, e il mito eziologico di questo fatto è assai probabilmente posteriore a Omero. Paride viene chiamato indistintamente con due nomi, di cui solo il secondo, Alessandro, è di origine greca, e la stessa Ilio ha due nomi diversi.

Nella mitologia bisogna fare attenzione ai nomi più che alle storie e alle città alle quali sono legati.I miti esistono da prima di Atene, ma gli ateniesi li hanno modellati a loro piacimento. Con questo approccio possiamo notare che Apollo del topo a più a che fare con il dionisismo di tanti dionisi di miti classici, Perseo e Teseo sono lo stesso eroe, dal momento che entrambi i loro nomi derivano da “Pterseus”, distruttore, che il mito classico di Eracle, in cui l’eroe è vittima delle angherie di Era, non ha alcun senso dal momento che il nome stesso del figlio di Zeus significa “Gloria di Era”, e tante, ma proprio tante, altre cose.

Tornando ad Achille, l’eroe che tutti conosciamo e amiamo nasce solo ed esclusivamente dopo la morte di Patroclo.

Quando Fenice e Odisseo  vanno alla sua tenda per cercare di riportarlo in battaglia falliscono miseramente, e questo accade nonostante portassero innumerevoli doni, che l’eroe omerico medio accetterebbe senza problemi. Achille rifiuta le città, le donne, le armi, i tripodi, l’oro e tutto il resto, perchè è deciso nel proposito di lasciare le spiagge di Troia il giorno seguente, perchè tutti quei doni, e quella gloria che egli potrebbe conquistare a Troia, sono niente in confronto alla vita, alla moglie e ai figli che troverebbe tornando a casa.

Qui c’è un passaggio importante: dopo l’offesa ricevuta da Agamennone, Achille va a piangere a disperarsi sulla spiaggia, ed è lì che dalle acque gli appare la madre, la quale gli vaticina gloria eterna ma vita breve in guerra, l’esatto contrario a casa. Miti successivi all’Iliade fanno comparire questo episodio prima ancora dello scoppio della guerra, descrivendo così il Pelide come un individio che dal principio non desidera altro che gloria, sangue e violenza. Questo episodio però esiste nell’Iliade, e nel poema Achille sceglie la vita.

L’eroe diventa la macchina da guerra che il mondo attorno a lui gli richiede di essere solo dopo la scomparsa dell’amico. L’assedio diventa una questione personale, e poco contano onore, gloria, eroismo ed etica della vergogna.
Calcante aveva predetto che Ilio sarebbe caduta solo se il figlio di Peleo avesse preso parte alla guerra. Achille decide di indossare la sua stessa maschera, quella maschera di violenza cieca e invincibilità, solo ed esclusivamente per vendicare l’amico. Aveva scelto diversamente, stava tornando a casa! E’ un personaggio tragico prima che la tragedia nasca!

Achille è una maschera, e come tale può essere indossata da altri: ci prova Aiace, che fa una pessima fine cercando di essere all’altezza del cugino, ma ci riesce invece il figlio stesso di Achille, Pirro, soprannominato Neottolemo dai Mirmidoni una volta dimostrato il suo valore in guerra.

Pur non avendolo mai conosciuto, egli si diceva guidato dallo spettro del padre, che è un modo come un altro per dire che ne aveva indossato le vesti, quella maschera di sangue modellata per lui dal destino.

 

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