Questa cosa è vecchia di almeno 5 anni, e non so se è il mio post sull’argomento xD

postato il 3 Mag 2011 in Cazzi e mazzi personali
da Lellida

Il falso ideale è quella cosa, quella persona che ti attira come il profumo di un gelsomino attira l’ape golosa. Il punto di riferimento, il modello “troppo-bello-per-essere-vero” ti ha catturato. Hai sgranato gli occhi, l’ hai visto in azione nel suo “habitat”, l’ hai guardato gesticolare il quotidiano, relazionarsi con gli altri, hai captato o meglio, sei riuscito a captare lo sguardo sicuro che solo chi è degno di poter essere un modello sa fare; il tutto restando fermo, immobile, con gli occhi sgranati. Dovevi “imparare” ad essere come lui, il “falso ingannatore”, il punto d’arrivo. E t’accorgi che dopo soltanto poche ore di compagnia, le gesticolazioni quotidiane si sono incarnate in te. L’ hai fatto. Hai alzato i pugni agitando le braccia per esclamare “evviva” sincero a mo’ di moviola, ed ecco che ti dicono che stai facendo esattamente come lui. T’inondano do parole indirettamente dispregiative contro il “tuo punto di riferimento” (e negherai fino alla morte che non lo è, è stato e sarà mai). Ma tu non l’ hai voluto, è stato lui ad attirarti al fiore come una pianta carnivora fa con una mosca. Il punto è che questa pianta è carnivora agli occhi degli uccelli che non ci si poggiano perché ha le spine, fuori,ma questa pianta, a discapito delle sue parenti è molto amica delle mosche; tanto che queste ci si fanno il nido, dentro. Il succo dolcissimo che ti attirato, è uno che ti costa molto poco: lo trovi in tutte le persone buone, ma visto che costa poco è un po’ raro da trovare. Si chiama comprensione con un pizzico di sincerità. Come tutte le cose belle quasi introvabili, questa ti ha proprio preso. Un solo sorriso e cinque minuti di conversazione bastano ed avanzano per poter conoscere a fondo una persona, se lo si sa fare. Credo che alla mosca siano bastati per sapere che la pianta poteva offrirle un nido sicuro e consigli pregiati costruiti sull’esperienza. La mosca non è mica stolta, una casa ed un consiglio sono troppo in confronto a quanto chiede in cambio: due orecchie ed una bocca sincera.

Questa specie di metafora mi è servita per mascherare la realtà, ché esposta in tutta la sua crudezza e nudità farebbe brillar gl’occhi. La verità è sempre bella quando fa il nostro gioco. Come la verità, così la comprensione e l’altruismo. In presenza della pianta carnivora le sue parenti (e sottolineo sue al femminile) non oserebbero mai dire che le sue spine pungono troppo o che pungono per nulla. Ma non appena la pianta va via… ecco che le carte in tavola cambiano, e si cambia gioco. Perché tutto ciò? Perché rompere il guscio dell’uovo quando non c’è ancora il pulcino dentro? Perché far finta di offrire appoggio e sostegno quando poi non si ha altro che sabbia di mare? Una base poco solida per costruirci qualcosa, no? Arrivo al punto: perché far credere ad una persona di avere qualcuno che ti da uno slancio in più per poi offrirle una parola buttata al vento e mille altre nascoste in un cassetto? Quando si cercano soltanto due orecchie, niente di più, non si trovano mai, e quella volta che le si ha scovate in mezzo al deserto di una moltitudine di granelli insignificanti che solo perché il vento li ha alzati di un centimetro da terra, credono di aver visto il mondo, si conservano caramente. Anche chiuse nel cassetto più remoto con la chiave più banale della scrivania più fisicamente lontana da te, si nascondono. Sono tesoro prezioso ed invidiato.  Due orecchie che t’ascoltano sono il succo più dolce che possa mai attirare la mosca più golosa ed affamata di comprensione.

Morire per delle idee…

postato il 13 Feb 2011 in Main thread
da freeronin

[Metto le mani avanti perché mediamente ho una scarsissima sensibilità allo spoiler: non mi sento di dire che c’è uno spoiler di “Delitto e Castigo”, ma c’è un riferimento abbastanza chiaro a quella che credo essere una delle tematiche di fondo del romanzo, ma che, d’altra parte, compare all’inizio del libro]

“immagina che tocchi a te innalzare l’edificio del destino umano allo scopo di rendere gli uomini felici e di dare loro pace e tranquillità, ma immagina pure che per questo sia necessario e inevitabile torturare almeno un piccolo esserino, ecco, proprio quella bambina che si batteva il petto con un pugno, immagina che l’edificio debba fondarsi sulle lacrime invendicate di quella bambina – accetteresti di essere l’architetto a queste condizioni?”

(Ivan Karamazov)

Il più delle volte non osiamo confrontarci con il fatto che la nostra vita, e quindi anche la nostra conoscenza, sia finita e circoscritta.

Non riusciamo a rassegnarci al fatto di essere destinati a perire, non tanto nel corpo, quanto nella cosiddetta anima, nella nostra individualità. Religioni, idee e valori, e la loro realizzazione nella storia umana, rappresentano per noi un modo di proiettarci in un tempo in cui non saremo più o non eravamo ancora, un surrogato dell’eternità che sentiamo esserci stata negata.

Qualcuno si sente pronto a sacrificare la propria vita  o quella degli altri, a qualcun altro non capita di uccidere o morire, ma di donare ugualmente la propria esistenza a un’idea, vivendo per essa.

Ugualmente, dal punto di vista concettuale, noi comuni mortali spesso iniziamo a parlare con una persona partendo già con l’intenzione, o addirittura con lo scopo, di convincerla della nostra idea, o, magari, più pragmaticamente, di trascinarla a una manifestazione perché faccia numero per la nostra causa. Dico ugualmente perché ugualmente in quel momento stiamo trattando l’altro, e noi stessi, come nulla più che uno strumento con cui possiamo realizzare quello che crediamo un mondo migliore.

In ognuno di questi casi, quando ci rifiutiamo di mettere in discussione in alcuna maniera la nostra idea le abbiamo offerto in sacrificio uno dei lati fondamentali del nostro essere uomini, ci siamo trovati a credere che la nostra idea valesse più dell’uomo, più della vita e della personalità umana.

Credo che se davvero in ogni momento tenessimo conto che una vita è tutto quello che abbiamo, nonché la nostra unica certezza, rifletteremmo un po’ di più prima di regalarla a un supposto valore, a un’idea creata dall’uomo che, in quanto tale, non dovrebbe poter valere più di un uomo.

Forse può valere tanti uomini, l’umanità…

[spoiler]Assumersi con piena consapevolezza la responsabilità di sacrificare anche solo una persona, ritenuta inutile o dannosa per la felicità e il benessere dell’umanità, ci farebbe vacillare, e il povero Rodion, che pure sembrava sicuro del suo ragionamento, ne sa qualcosa.[/spoiler] Noi quando anteponiamo un’idea a una persona non abbiamo nemmeno la certezza che un determinato sacrificio sia indifferente o utile al raggiungimento della felicità, della pace e dell’armonia universale.

Certo, sto portando alle estreme conseguenze un ragionamento che la maggior parte delle volte, come ho detto prima, ci porta solo ad essere spocchiosi e a non rispettare l’altro, piuttosto che ad ucciderlo davvero, ma credo anche che questo non sia del tutto privo di importanza, considerando che noi stessi e le persone che abbiamo intorno sono il riferimento etico più solido che abbiamo.

Se dio non esiste, ma è nella mente e nel cuore di chi vi crede, non possiamo solo per questo ignorare dio e vivere come se non esistesse, perché dio è costantemente presente nella nostra società, e siamo comunque quotidianamente costretti a confrontarci con questo dio. A che ci servirebbe, a quel punto, la nostra certezza matematica che dio è fisicamente e ontologicamente inesistente? A che ci servirebbe ostentare con fare irrisorio la verità che abbiamo in tasca, che dio non esiste?

Ci servirebbe solo sforzarci di trovare il modo di aprirci a questo dio e di dialogare con lui, perché, alla fine dei conti, non è in gioco una generica eternità, bensì la nostra vita e quella degli altri.

 

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