A loaf that attempts to twist its own fate

postato il 19 Nov 2012 in Cazzi e mazzi personali
da Azazello

La reciprocità non è del tutto naturale. Non è ovvia, anche se spesso si commette l’errore di agire come se lo fosse, e questo ci mette nella strana posizione di comportarci male con le persone che ci trattano bene -e viceversa- pur essendo completamente in buona fede. Ma questo ci serve solo a capire dove andrò a parare, perché io pensavo di parlare solo di dove vado a parare, il che ovviamente significa che non vado a pararci, ma parlo proprio di quello, quindi andrei a parare altrove… insomma: questa premessa serve a rendere l’argomento del post anche la sua conclusione, dando coerenza a quello che ho scritto nella premessa. Ovviamente se non l’avessi messa non si sarebbe posto il problema, ma poi il post sarebbe stato breve e insomma, uno posta una volta ogni sei mesi, almeno lo deve fare per bene.

La reciprocità non è del tutto naturale. Siamo tutti concentrati su noi stessi, ovviamente, e questo ci porta a non notare dei piccoli gesti troppo impercettibili per superare la nostra soglia di obbligo a ricambiare, ma che magari invece bastano a cambiare una giornata. Non preoccupatevi, capita anche ai migliori, e in fondo il senso di questi gesti è proprio quello. Ma ci arriveremo.

La reciprocità non è del tutto naturale. È difficile ricambiare l’entusiasmo di qualcuno o un gesto fatto a distanza di tempo e spazio. A volte nemmeno ce ne sarebbe bisogno. Ma si può facilmente ricambiare qualcosa di carino che il mondo ha fatto per te facendo qualcosa di carino per il mondo!

Ecco, siamo venuti a parare qui. Tra le cose più apprezzabilmente sorprendenti della mia breve vita ricordo: una ragazza che dispensava un’infinità di sorrisi dolcissimi in gita scolastica; l’entusiasmo per le più piccole fesserie di un chitarrista stonato come una campana; un biscotto inaspettato. E allora perché queste piccole cose che mi hanno tanto rallegrato, e che sono completamente gratuite da dare e da ricevere, non dovrei fornirle al mondo che le ha fornite a me? Se un sorriso è bastato a mettere di buon umore me, perché non sorridere sempre a tutti?

Vi giuro che funziona. La giapponese a cui ho offerto un biscotto quest’estate, in cima alla discesa che ci avrebbe portato alla penisoletta di Cabo Finisterre (Fisterra per i fanatici del galiziano), mostrava una gioia tutta particolare, un misto di stupore, diffidenza, vera gratitudine… E a me non è costato niente. D’altra parte io sono sempre alla ricerca di modi per contribuire al benessere della società che siano il meno invasivi possibile per la mia misantropia difensiva e per la mia timidezza, e si direbbe che questa strategia funzioni. Che storia.

Una facile missione palingenetica

postato il 29 Feb 2012 in Main thread
da Vobby

Decidendo arbitrariamente che la questione che voglio sottoporre a voi, stimati colleghi autori, e a voi, numerosi e affezionati lettori, abbia qualcosa a che fare con il primo argomento trattato su questo blog (no, non lo sbiancamento anale, il due), passo subito ad illustrarvi i termini del problema.

Il due è ovviamente duplice e perciò eminentemente ambiguo. E’ composto da due (!) membri e, comprendendoli, li supera. E’ qualcosa di altro da loro, ma non può prescindere da essi. Un due può essere la coppia uomo-donna, il dinamico duo di batman e robin, il cioccolato e la nocciola che formano i pan di stelle. Loro hanno unito efficacemente i due termini riuscendo a diventare una nuova, originale e sublime unità.
Capite bene però che per quanto la sintesi fra uomo e cioccolato possa funzionare benissimo, ed essere anzi appetibile (e appetitosa), quella fra batman e nocciola lo è un po’ meno. Sembrerebbe quindi che ci siano degli uno destinati a non formare mai dei due. Forse però questa è solo apparenza. Forse a batman può piacere la nocciola, ed è proprio questo il nocciolo (sono stato appena punito con crampo folgorante al bicipite femorale sinistro) della questione.
Gli uno di cui parleremo, introducendo così la nostra missione palingenetica, sono la società e il piacere.

A me (e a diversi altri) sembra che il piacere sia stato sacrificato sull’altare della società.
Esso, il piacere, è eminentemente egoistico. Il suo sentimento è un luogo solitario, che se certamente è raggiungibile in due o tanti, è sempre singolarmente esperibile. Esso ha perciò alcuni problemi di compatibilità con la dimensione collettiva della società: fuori di casa mia, ci saranno probabilmente altri individui in competizione con me per la conquista di diversi oggetti del desiderio. Probabilmente ce ne sarebbe per tutti, ma se di biscotti, per esempio, ne voglio tanti, perchè il mio desiderio è illimitato, come faccio a vivere in una società in cui i biscotti devono essere per lo meno parzialmente distribuiti?

Si è pensato di risolvere il problema con la morale. La morale è semplicemente la domesticazione del principio del piacere ai fini della vita collettiva. Pensate a Socrate, che nei dialoghi platonici cerca di convincerci che il bene sia diverso del piacere: il suo tentativo è quello di diffondere una morale diversa tanto dall’etica della moltitudine, per sua natura incline al conflitto, tanto a quella dell’aristocrazia, incline alla sopraffazione in base alla legge del più forte. Perchè il pericolo di lasciare troppo spazio al perseguimento del piacere all’interno della società è questo: che il mio privato desiderio di godimenti carnali (i biscotti) diventi nello spazio pubblico perseguimento di potere e dominio violento (per avere così tutti i biscotti che voglio).

E quindi, continua Socrate, subire ingiustizia è meglio che commetterla ed essere puniti è meglio che sfuggire alla legge. E’ doloroso, ma che importa, il dolore non è il male, perchè non è il piacere a essere il bene.

Inaspettatamente, la morale interessa ambiti diversi oltre ai biscotti: il sesso, la famiglia, il galateo, l’etichetta… per arrivare alle usanze religiose e al rispetto della legge.

Sembra funzionare, ma c’è un piccolo problema: privandosi del piacere si potrà forse condurre una vita all’interno di una società, ma in questo modo, evidentemente, questa vita non sarà piacevole.
La monogamia, ad esempio, e l’istituzione familiare nel suo insieme non sono qualcosa di naturale (checchè ne dica una certa legge), e possono provocare ogni tipo di frustrazioni, sfocianti anche in turpi atti di violenza.

Perciò, ecco sintetizzati i termini del problema: la morale costituisce un limite al libero sviluppo e alla libera espressione delle nostre facoltà. Stesso dicasi per le leggi, convenzioni con carattere autoritario. Ma è proprio grazie alle convenzioni, morali e legali, che è possibile la vita pubblica.

E’ possibile la società edonista? Quale società può evitare di porre limiti alla libera ricerca del piacere? Questa società è diversa da un caotico inferno di violenza e sopraffazione, che di piacere ne porterebbe solo a pochi?

La domanda è difficile, ma confido nel vostro genio! Dopotutto la questione è cruciale e merita ogni sforzo per essere risolta. Fatto questo, potremmo essere tutti più felici.

P.S. Forse ho sintetizzato un po’ troppo, ma ho il sospetto che sia un bene… Dopotutto, se non da risolvere, è un problema semplice da spiegare.

 

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