[Un’importante premessa: questo post, al momento della sua scrittura (le 06:14 del mattino, non più di quattro o cinque ore dopo la pubblicazione del precedente post, probabilmente uno dei momenti storici in cui è meno possibile supporre che qualcuno stia postando su un blog riferendosi al precedente articolo), aveva una discreta probabilità di essere il secondo sull’argomento “Due”, il che, come potete facilmente immaginare, è una bella responsabilità. Ho vagliato varie ipotesi su cosa sarebbe stato appropriato trattare, prima fra tutte quella di scrivere un post sul post precedente, una seconda opinione sull’argomento; ma, mi sono detto, perché non cogliere il suggerimento di chi mi ha preceduto sfruttando l’ambiguità due–due? o anche: perché non trarre ispirazione da wikipedia? e perché, a questo punto, non parlare della Dualità insita nel Principio (unico per sua stessa natura)? tra queste e tante altre opportunità che ho vagliato, per quanto forte fosse la tentazione di cogliere l’una o l’altra, ho scelto quella più onesta nei confronti dell’imponenza dell’argomento (“Due”) di questo mese, vale a dire la seconda a venirmi in mente in ordine cronologico dopo la lettura del precedente post (giuro che è vero)]
Ve l’aspettavate? Nemmeno io. Ma la vita è così, una sorpresa continua.
Pensando che niente si debba dare per scontato, ho ritenuto opportuno fornire una copia dell’opera in questione per chi non ha avuto la fortuna di leggerla (o di ricordarla). Vi consiglio di leggere PRIMA il fumetto e POI il post, che vi spoilera brutalmente il contenuto. Ma veniamo a noi!
PKNA#2, dal titolo “DUE”, è, come forse era facile immaginare, il quinto numero della serie PKNA (Paperinik New Adventures), fornitaci da Disney Italia tra il 1996 e il 2000 in 3 (numeri 0-0, 0-2, 0-3) + 49 (numeri regolari dall’1 al 49-50) + 4 (speciali estivi) = 56 pratici, comodi, ampi e soprattutto inconservabili albi nel formato dei comics americani (non so se sia una definizione assoluta, io la uso in contrapposizione al formato in volumetti dei manga giapponesi. Per chiarirci: questo contro quest’altro).
Nei tre numeri zero vengono presentati i personaggi intorno a cui ruoteranno le tre (parallele) saghe principali della serie: gli Evroniani, alieni viola che si nutrono di emozioni e schiavizzano interi popoli una volta sottratto loro il bene dell’intelletto; il Razziatore, un predone del tempo che, come la dicitura “predone del tempo” vi ha suggerito, ha la facoltà di viaggiare (dicevo) nel tempo e la usa per depredare (appunto) le diverse epoche dei loro tesori, con la sua controparte legale, la Tempolizia, che, sempre in tema di nomi calzanti, è appunto una polizia con giurisdizione sul Tempo; Xadhoom, ex scienziata di Xerba (pianeta ormai sotto il controllo Evroniano) che ha dato una svolta alla propria carriera diventando energia pura in forma umanoide, abbandonando poi il campo di ricerca dell’energia ecosostenibile per dedicarsi a quello della vendetta violenta e spietata, i cui prerequisiti sono facilmente soddisfatti dalla possibilità di emettere energia sotto forma di raggi distruttivi ed esplosioni. Già da questo breve riassunto dovrebbe risultare chiaro che PKNA è denso di dualità (come, d’altra parte, qualunque storia che contenga dei buoni e dei cattivi, ma tutto fa brodo), ma per arrivare al punto devo introdurre un altro personaggio: Uno. Uno è un’intelligenza artificiale creata da Everett Ducklair, costruttore dell’omonima Ducklair Tower, quartier generale di PK, nonché genio assoluto dell’ingegneria (tutte, ma in particolare quelle volte a creare mostruose macchine da guerra assassine), marzialista, monaco tibetano e deus ex machina nel tempo libero. Come dicevo, invece, Uno è un’intelligenza artificiale estremamente perfezionata che funge da spalla per il protagonista, fornendogli intelligence, armi e compagnia quando serve. Naturalmente il rapporto tra i due (visto? due!) è profondo e sfaccettato, ma non siamo qui per parlare del rapporto che c’è tra Uno e PK. Ducklair, quando creò la Ducklair Tower (che, per la cronaca, è imbottita di ordigni portentosi e distruttivi) affidò a Uno il compito di gestirla, ma, tenendo giustamente presente che Uno è un computer, pensò bene di creare un’altra intelligenza artificiale che funzionasse in background, pronta a prendere il controllo in caso Uno si guastasse. La chiamò, per replicare la fantasia della prima occasione, Due. La storia ci porta a conoscere Due attraverso un percorso, forse, proprio del genere thriller: una serie di crimini informatici (che arriva a sfociare nel terrorismo) tormenta la città di Paperopoli e PK, insieme all’amico Uno, indaga sulla loro natura. Attraverso le diverse tappe dell’indagine il lettore, come il protagonista, viene portato a vedere un Uno (che, essendo una macchina, non dovrebbe essere in grado di “sbagliare”) prima meno efficace, poi indebolito, addirittura sbadato: viene instillato (e poi confermato) il sospetto, nel lettore avveduto, che forse l’avanzatissima IA non si sia guastata, ma che abbia per qualche ragione deciso di prendere una direzione, secondo i nostri canoni, “malvagia”. PK, dal canto suo, si convince che Uno stia dando di matto a causa dell’eccessiva stanchezza causatagli dalla sua precedente avventura e decide di fare qualcosa per fermarlo. La storia raggiunge il climax con Pikappa che, pur di fermare Uno prima che la situazione gli sfugga di mano, decide di spegnerlo staccando la corrente alla Ducklair Tower. Ma torniamo un attimo indietro. All’inizio dell’albo vediamo un personaggio incappucciato ricevere una brutta notizia, poi lo rivediamo all’aeroporto di Paperopoli e ancora nella Ducklair Tower, dove si rivela essere nientedimeno che l’inventore sul cui lavoro poggia l’intera saga di PKNA: Everett Ducklair, tornato a casa per scongiurare un orrendo pericolo. L’interazione di Uno con Everett è l’elemento di separazione tra le impressioni del lettore e quelle di Pikappa: il papero vede un Uno distratto, sbadato, disattento e conclude che il suo amico verde deve essere stanco; il lettore vede un Uno in pieno possesso delle sue facoltà “mentali”, eppure furtivo, bugiardo e talvolta iroso. L’intreccio di queste due linee si risolve a pagina 56: Uno viene presentato apertamente ostile al lettore e al protagonista, a conferma dei sospetti di entrambi, ma si rivela essere… Due! Una creatura dalle infinite potenzialità computazionali costretta a restare nell’ombra, a subire la tortura di un’attesa infinita, in compagnia dei suoi stessi pensieri, senza la possibilità di agire in alcun modo. C’è chi non lo sopporterebbe. Va da sé che questa situazione ha portato Due a vedere in Uno il proprio nemico naturale, sia in quanto oggettivo ostacolo tra se stesso e la libertà di agire, sia, da un punto di vista molto più emotivo, in quanto elemento di concentrazione di ingiustizia divina (Ducklair-iana). Segue una simpatica scena di combattimento fra Everett e Due che culmina con l’arrivo di PK e la cancellazione di Due grazie alla prontezza del papero e all’intervento mistico dell’inventore. Due, tuttavia, ritornerà in PKNA#8 (“Silicio”) dove sarà approfondito maggiormente l’aspetto dell’odio verso Uno, poi in PKNA#30 (“Fase Due”) (insieme a un esercito di Evroniani intenzionati a disintegrare Paperopoli) e poi boh, non mi ricordo.
“Due” affronta (beh, ci presenta, forse a tratti inconsapevolmente) temi molto disparati: l’equivoco che sfocia nella paranoia (PK e Uno), la responsabilità dei propri errori passati (Everett), il valore della fiducia (PK e Uno, nella risoluzione), la tragedia dell’impossibilità di avere accesso alla realtà (in altre parole, una mente che non può agire, ovvero Due), l’invidia come causa di odio sproporzionato (…), l’ingerenza sempre maggiore che l’informatica ha nella vita a tutti i livelli e i rischi ad essa connessi. Il tutto nella leggera atmosfera tipica delle opere Disney, condito da scene di azione e inquadrato in un’indagine avvincente. Il maggior pregio di PK è proprio questo: riuscire a trattare temi profondi, anche duri, con l’innocenza di un fumetto per ragazzi, senza perdere in qualità o avventurosità.
E poi lo scudo Extransformer è proprio figo. E questa frase non serve a portare il numero totale di parole del post a esattamente 1337, per niente.