Che ruota di trasferta..

postato il 4 Dic 2012 in Cazzi e mazzi personali, Il rubricone musicone rotolone
da Bread

[In questi giorni riascoltando a caso i chillers e i uait lais ripensavo agli ultimi concerti che sono andato a vedere fuori e mi è venuta voglia di radunare due o tre persone a caso per prendere il primo treno per un concerto qualsiasi in un qualsiasi posto. Questo post sono una serie di banalità che mi sono venute in mente ma volevo scriverle lo stesso..]

 

Io sono sempre stato una di quelle persone che si lamentano del fatto che a Napoli non viene mai nessuno a suonare. Mai nessuno a parte gruppi italiani (che comunque scendono abbastanza raramente se non sono di Napoli) o vecchi mostri che vengono a farsi un giro a fine carriera quando ormai non ce la fanno più. Me ne lamento e penso: “ma che cazzo perché quei maledetti milanesi devono avere concerti sotto casa ogni settimana e io invece devo farmi un viaggio interminabile?!”

 

Poi però realizzo che a me quel viaggio interminabile piace, forse anche più del concerto stesso. Alzarsi presto per arrivare alla stazione con lo zaino pieno di bottiglie avvolte nel giornale, mangiare per due giorni i panini gusto colla del McDonalds perché costano poco e già il viaggio ed il concerto ti hanno svuotato le tasche; perdersi in macchina in mezzo a posti del cazzo, aspettare il pullman al freddo per tornare dal concerto che è stato spostato in un luogo improbabile all’ultimo momento, sono tutti aspetti che in realtà mi piacciono davvero. Poi ci sono anche le sorprese inaspettate, tipo scoprire che la camera d’albergo che hai pagato un prezzo tutto sommato basso in realtà è una suite, o che ci sono i cani all’ingresso del concerto proprio quando non hai portato una certa cosa; scoprire che la location del concerto è un castello fighissimo o uno stadio enorme, e che ci sono fuochi e luci che avresti difficilmente visto al Palapartenope. Senza contare il fatto che poi puoi atteggiarti dicendo “io sono andato a vedere i pinomauri fino a [inserire posto lontano]” e far rosicare un discreto numero di persone che invece non ci è andata.

 

Ciò detto, se ogni tanto qualcuno venisse a Napoli io potrei vedere il doppio dei concerti spendendo la metà e sarei contento; però se vivessi in un posto in cui posso vedere più o meno tutti i gruppi che ascolto perché prima o poi ci passano mi perderei il gusto della trasferta. Quindi tutto sommato il maledetto milanese medio che va a sentire mezzo mondo sotto casa sua non lo odio così tanto, perché io vado a vedere più posti alla facciaccia sua!

Compilation random: canzoni che mi fanno mangiare il cazzo.

postato il 8 Nov 2012 in Cazzi e mazzi personali, Il rubricone musicone rotolone
da Deluded Wiseman

Come un elenco telefonico in quei programmi strani con uomini nerboruti che stabiliscono record improbabili, il mondo si divide in due categorie. Non cascherò nel facile gioco delle citazioni Leoniane, ma andrò dritto al punto.

“Il mondo si divide in due categorie: chi ha la pistola carica, e chi scava. Tu scavi.”

Chè, ci credevate pèdavvero?

No, sul serio. Sapete quali sono le due categorie di persona davvero rilevanti?

Quelli che cercano le scalette dei concerti venturi su internet, e quelli che non lo fanno. Questa è una storiaccia vero, che al confronto Guelfi-Ghibellini e Autobot-Decepticon, erano delle amichevoli di curling. Per quanto mi riguarda, dipende dai casi. Se vado a vedere un gruppo che mi piace molto e conosco bene, DEVO cercare di leggere la scaletta: solo così potrò sfruttare il tempo che manca al lieto evento del concerto per fare i conti con le imperdonabili mancanze che sicuramente avrò scoperto consultando la setlist. Questa cosa mi ha salvato la vita: la prima volta che vidi gli Airon Meiden, essi decisero di suonare tutto l’ultimo album e giusto una manciata di pezzi storici. Io lo sapevo, ebbi vari mesi per metabolizzare la notizia, e riuscì a godermi il concerto. Se avessi scoperto la sera stessa che The Number of the beast era rimasta a casa, potete immaginare che non sarei qui a parlarvene. Se, invece, vado a vedere un gruppo che conosco poco, mi piace farmi un idea di quello che portano in tour; sai com’è, vorrei giusto sincerarmi che il gruppo electro-punk che vado a sentire non abbia scelto di fare un tour di cover di Amedeo Minghi. Per il resto, non c’è niente di meglio che sentire una canzone per la prima volta a un concerto, con la gente che salta, le luci, il votta votta, il sudore, la canzone che si muove sul palco insieme ai musicisti…bellissimo. Ma. MA. Ma io mi mangio anche il cazzo, però. Mi mangio il cazzo a vedere la gente emozionata che canta a squarciagola mentre penso “chissà come si chiama sta cosa” e cerco miserabilmente di muovermi al ritmo sconosciuto di una canzone ignota, mi mangio il cazzo a sentire una canzone e pensare “vabbè, quando fanno *inserire nome del pezzo quello là, quello famoso*?”, solo per poi scoprire, magari anni dopo, che ho snobbato con ignorante impazienza proprio un pezzo da greatest hits dell’umana stirpe. Qualcuno direbbe che lo faccio perché sono un azzeccato, che

5) Non metterò i titoli qui.

Nell’anno veramente boh, decisi di recarmi con dei compagni di classe al festivalbar, quello che facevano ogni anno a  piazza Plebiscito. Beata gioventù. Alle inutilmente e scandalosamente presto meno un quarto, sono già in piazza. Sul palco, un gruppo che non riconosco sta facendo il soundcheck. Stranamente, noto un paio di gruppetti di persone un po’ diversi dal resto del pubblico che assistono esaltati all’evento, non ultime un paio di ragazze pisellabili anzichenò. Ma la canzone la conosco! La passavano su Mtv e non mi garbava, ma analizzandola senza le immagini disturbanti che la accompagnavano sullo schermo, mi accorgo che non mi dispiace troppo. Magari la voce è un po’ effeminata, ecco.

Un video sul Tubo è l’unica cosa che testimonia l’esistenza della penosa esibizione in semi-playback dei Muse al Festivalbar 2006. Io, francamente, non ne ho alcun ricordo.  Mi piace pensare che loro abbiano “suonato” dopo Jovanotti, l’ultimo che vidi esibirsi prima di fuggire causa pioggia. Preferisco non pensare all’ipotesi di averli snobbati così tanto da non serbarne memoria alcuna. Ad oggi, i Muse sono uno dei miei gruppi preferiti e il mese prossimo pagherò fior di danari per assistere a un loro concerto. Supermassive Black Hole è, ovviamente, in scaletta.

PS: alla fine si trattava di un soundcheck, pure in playback.  Sicchè, 5°posto per i Muse.

Beccatevi il video dei Muse al suddetto Festivalbar 2006, orrendocapelluti per l’occasione.

Muse

 

4) E’ più carino che si capisce alla fine della storiella che, inevitabilmente, finirò per narrare a ogni posizione della classifica.

Dicevo, i Muse sono uno dei miei gruppi preferiti. E infatti, nel giugno del 2010 mi sono sobbarcato dieci ore di treno per andare a Milano a vedere un po’ cosa avrebbero fatto con il S.Siro a disposizione. Non che me ne fregasse molto, ma c’erano 3 gruppi spalla. I primi sono italiani, e salgono sul palco nel disinteresse generale. Oltreutto, sono un po’ strani, sono abbastanza grandi d’età. Poi, si infilano dei passamontagna e attaccano a suonare questa musica assurda, scandalosamente vintage ma grintosa, tecnicamente ineccepibile, travolgente. Fichissima lei, fichissimi loro. “Oh ma chi so ‘sti tipi?” Il mio amico mi spiega che sono il tastierista degli Afterhours (che io però vedo suonare tastiere, sassofono e flauto traverso. Anche nello stesso pezzo )e altra gente, che riadattano colonne sonore di poliziotteschi italiani anni ’70. Uà. Dov’erano stati finora, così lontani dalle mie orecchie?

Per fortuna, un concerto dei Calibro 35 è godibilissimo anche non sapendo nulla della loro musica; per questo, nella magnarcazzo parade sono solo quarti. Ad oggi, i Calibro 35 hanno appeso ben due concerti a Napoli, ma per fortuna le terza volta è quella buona, li ho visti, hanno fatto tutte le canzoni più belle, e sono felice di averli conosciuti laiv. Una piccola nota di gioia nel disastro che sarà questa classifica

Nell’impossibilità di reperire video decenti dei Calibro che si esibiscono davanti a migliari e migliari di disinteressatissimi fan dei Muse, vi schiaffo la semi-tiletrack dell’ultimo album dei calibri, giusto perchè oggi ce l’ho in testa.

Calibro 35

 

3)Almeno secondo me.

Al concerto dei Subsonica, nel 2008 c’ero finito proprio per caso, con un biglietto aggratisse. Non mi dispiacevano, ma non li conoscevo bene né mi interessava farlo. Sinceratomi che avrebbero, probabilmente, suonato “L’Odore” e “Tutti i miei sbagli”, mi presento alla Mostra d’Oltremare a cuor leggero e senza troppe aspettative. Loro sul palco sembrano sapere il fattaccio loro, ma io non mi gaso più di tanto: aspetto che facciano le canzoni che mi gustano, e non mi cago molto il resto. Soprattutto, non mi cago “Veleno”, “Up Patriots to Arms” e “Il mio dj”. Anzi, se non fosse per i dannatissimi e indesiderati video correlati  del tubo, non avrei saputo niente della loro presenza quella sera perché, davvero, non me le ero proprio cagate.

Ad oggi, ho visto i Subsonica quattro volte, pagando, eventualmente anche treno e alloggio. Tutte le volte che hanno fatto “Veleno “ e “Up Patriots to Arms”, mi sono gasato come un furetto anfetaminomane. “Il mio Dj” è assente dalle scalette dei Subsonica da ormai 5 anni.

E quindi, ladies&gentlemans, “Il mio diggei”, per voi in questo sconfortante “video” con la foto della (mediocre anzichèno) copertina di Microchip Emozionale.

2)Smettila di guardare qui.

Al concerto dei Rage, ‘ndovina? C’ero finito per caso. A dirla tutta ero in vacanza a Los Angeles, un giornale buttato per terra mi ha detto che quella sera i RATM festeggiavano il loro compleanno con i Muse di spalla e così, un’interminabile corsa in taxi e mezza scaletta dei Muse (lo avevo detto che la corsa era interminabile?) dopo, sono in mezzo a un fracco di personaggi unici, perlopiù gente from da ghetto che fumava da enormi pipotti o mi invitava a sfondare gli impenetrabili cordoni di steward agguerritissimi per accedere al parterre, oppure comunisti americani (wut?!), e tutti insieme aspettiamo che i Rage salgano sul palco a sputare fango(o funk) sull’ imperialismo a stelle e strisce.

Il concerto è grandioso, la gente si gasa e inizia a pogare intorno a dei falò improvvisati, o forse non tanto, vista la pervicacia con cui venivano riaccesi quando gli agguerriti steward  di cui sopra li spegnevano (nel caso ve lo foste chiesti, alla fine gli steward hanno vinto: hanno spento il fuoco e sono rimasti in piedi sulle ceneri, fermi e minacciosi, a impedire che venisse riacceso. Inutile dire che la gente ha iniziato a pogare intorno a loro.) Quando ho visto strane scene tipo qualche migliaio di ammeregani che sul finale di canzone(che poi avrei scoperto essere Know Your Enemy), a pugno alzato, alluccava qualcosa che io non capivo bene ma che pareva essere quel tipo di cosa poco gentile sul sogno americano che non ti aspetteresti di sentir urlare in uno stadio californiano, ho avuto l’impressione di essermi perso qualcosa. Anche quando ho sentito, in mezzo ad una canzone “I’m the Nina, the Pinta, the Santa Maria” ho avuto l’impressione di essermi perso qualcosa, tipo il cervello, e invece si trattava di “Sleep Now in The Fire”.  Che è meno bella di Know Your Enemy, ma ha un video epico, quindi beccatevelo.

RATM, Wall Street, cos

1)Davvero.

Il concerto gratuito di Elio e le storie tese a piazza Dante, nel boh ottobre del 2007 è stato, per vari motivi legati alla gente con cui ci sono finito (abbastanza per caso, sì), uno dei momenti fondanti della mia adolescenza, nonché della mia storia politica, avendo lì conosciuto il bancariello di Gastronomia Proletaria, che ancora oggi costituisce la stella polare del mio personale firmamento politico. Conoscevo poco del gruppo, ma mi comportai, quella sera, come uno spettatore attento e volenteroso, ascoltando con interesse un sacco di pezzi che non conoscevo e che amai da subito, o dopo poco.

O almeno credevo di esserlo stato. In un impeto controllatorio puramente masochistico, ho scoperto dopo anni che quella sera, su quel palco,mentre io chissà a che cazzo stavo pensando, è stata data voce alla sofferenza e alla disgrazia di centinaia di uomini e donne sfortunati attraverso la narrazione in musica della tragica storia di un eroe dei nostri tempi. Di uno di noi. Di Gimmi Il pedofilo.

Ho visto un’altra volta gli Elii, ma quella volta non suonarono “Gimmi I.”.Del resto, io neanche la conoscevo ancora, quindi forse ho solo evitato di far raddoppiare il già cocente rimorso che mi brucia nel petto ogni qualvolta penso a come ho fatto orecchie da mercante mentre davanti a me si eseguiva un pezzo che, per i suoi significati sociali, politici e soprattutto umani, non esito a elencare fra i pezzi che mi hanno formato nell’uomo probo e integro che sono oggi.

Qui, per voi, un esibizione laiv all’Mtv Day del 2003, quando ancora ci andavano i gruppi forti. A giudicare dal fatto che i milioni di spettatori ripresi nel video sembrano disposti a disimpagliarsi solo per giocare col cazzo di pallone gigante, non me la sento neanche tanto di prendermela col signor Mtv day se ha deciso di chiamare Club Dogo e Sonohra, o come cazzo si scrive, invece di Eelest e Bluvertigo. “Ma hai messo tutti video non live, metti il live proprio ora che noi volevamo la versione studiocol Ruggeri nazionale!”. Zitti, uomini di poca fede, e mirate come, contro ogni vostra menagrama aspettativa, il provvido intervente del Mangoni e del suo inglese accidentato salvano egregiamente la siuation.

Ps: il mio gompiuter non vuol proprio farmi mettere per bene gli ultimi video che devo inserire, quindi per ora metto i link in maniera zingara, e poi correggerò quando gli dei della multimedialità mi saranno favorevoli.

 

 

 

 

 

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