Lo scioperato o la riappropriazione del capitale finanziario

postato il 21 Nov 2012 in Main thread
da Vobby

Guidati dal valoroso ******, detto il Rosso, famoso rivoluzionario di professione, il folto gruppo di Minatori si appropinquava alla casa di *****, noto Scioperato.
Era costui un individuo davvero particolare, che aveva scelto di vivere ai piedi di una collina, ai margini della civiltà, a causa di alcuni problemi di socializzazione: non si spiegava affatto perché la gente si ostinasse a lavorare qualcosa che non fosse la terra. Ai suoi occhi, in effetti, niente di diverso dal cibo, dal sonno o da altri bisogni basilari era degno di nota.
Il Rosso era amico di vecchia data della famiglia dello Scioperato, che si era distinta per alcune eroiche imprese compiute nei tempi andati, come quando diversi suoi membri di erano impegnati per scacciare dall’estremo occidente le multinazionali del carbone o in occasione della temibile invasione degli Sciacalli, avvenuta in seguito all’esondazione del fiume orientale, cui opposero strenua resistenza.
Le intenzioni del Rosso furono subito chiare: il suo proposito era di reclutare lo Scioperato in un’azione rivoluzionaria di cruciale importanza, destinata a cambiare le sorti della regione. Si trattava di una missione che sarebbe stata svolta da soli avanguardisti scelti, ovvero il gruppo dirigente del sindacato dei Minatori, il Rosso (la cui presenza era però richiesta anche su altri fronti di lotta) e lo Scioperato stesso.
Quest’ultimo, in principio, era piuttosto scettico: non aveva mai avuto remore nel vantarsi dell’eroismo dei suoi antenati, ma non ne aveva mai dato prova egli stesso. Il Rosso, tuttavia, insisteva nel volerlo includere, mosso da un’inspiegabile fiducia in lui.
Il richiamo dell’avventura prevalse. D’altro lato, essa si prospettava straordinaria, ed era impossibile non aderire alla giusta causa dei sindacalisti: il loro nemico, una potentissima banca d’affari proveniente dalle capitalistiche lande del Nord, si era impossessato dell’impresa pubblica M.O.M., Miniera d’Oro della Montagna, la cui gestione era precedentemente organizzata secondo i progressisti criteri della Mitbestimmung. I manager della Banca, corrompendo il burocrati locali e finanziando alcuni sindacati gialli, avevano dapprima diffuso perizie false sull’esaurimento dei filoni e, successivamente, sulla base di esse avevano convinto il governo a intraprendere la strada della privatizzazione, di cui si era ovviamente avvantaggiata, distribuendone la proprietà ai suoi soci. Appropriatasi della Miniera con l’inganno, la Banca aveva poi finanziato l’acquisto di nuovi, distruttivi impianti e macchinari altamente inquinanti, che avevano letteralmente divelto la Montagna permettendo comunque all’azienda di licenziare tre quarti dei dipendenti, incrementando ulteriormente i profitti. Infine, la Banca aveva speculato sull’attivo della miniera, vendendo derivati e cartolarizzando eventuali esternalità negative, piuttosto che reinvestire i profitti che in attività che avrebbero permesso ai Minatori licenziati di tornare a lavorare. I vari manager ormai si erano disinteressati della miniera, passando gran parte del loro tempo a contare le pile di denaro che continuavano ad accumularsi nei loro forzieri, che avevano imparato a conoscere a menadito, godendone avidamente.
Insomma, un gran brutto affare multimiliardario.
La faccenda forniva però un’inaspettata occasione ai nostri sindacalisti rivoluzionari: se fossero riusciti a violare il caveau della Banca, situato nella profondità della Montagna stessa, i cui cuniculi essi conoscevano come le loro tasche, avrebbero potuto impossessarsi di una ricchezza straordinaria, destinata a finanziare per decenni la lotta di classe nel paese.
Le difficoltà che i nostri eroi dovettero affrontare non possono essere raccontate in dettaglio, ma meritano almeno una rapida carrellata.
Durante il viaggio di andata verso la Montagna, essi si trovarono a dover combattere le temibili orde dei Crumiri (che certe saghe successive chiameranno “Crumiretti”), i quali continuavano a lavorare nelle montagne nonostante lo sciopero generale indetto dai sindacalisti rivoluzionari, ricevendo così piccoli favori dai padroni.
Grandi difficoltà ideologiche furono date loro dall’incontro con extracomunitari di colore, che pure continuavano a servire i padroni pur di ottenere un salario da fame, per nutrire le loro povere famiglie. I sindacalisti opposero loro una rocciosa resistenza.
Grandi problemi furono dati loro dagli Hippie, ecologisti profondi che vivevano nei fitti boschi nei pressi della Montagna, i quali riuscirono a trattenere a lungo i minatori, corrompendo il loro fiero spirito con le loro feste a base di liquori artigianali e cannabis, tutta naturale e coltivata indoor.
In tutti questi frangenti fondamentale fu il ruolo dello Scioperato il quale, inaspettatamente, seppe trovare un proprio ruolo risvegliando l’eroismo del suo sangue. Il suo aspetto innocuo lo tenne sempre alla larga di sguardi indiscreti, dandogli così la possibilità di reperire quante più informazioni possibili sui sistemi di difesa che la Banca utilizzava per proteggere il suo tesoro. Venne così a conoscenza di una grossa falla nelle difese informatiche della banca stessa, che avrebbe potuto fornire ghiotte occasioni di attacco da parte dei Minatori, se solo essi fossero stati abili a muoversi nella rete.
Essenziale si rivelò quindi l’alleanza con ****, un popolare giovanotto con la passione della pirateria informatica.
Fu lui a violare le difese che la Banca, troppo sicura di sé, da tempo dimenticava di aggiornare. Inutile dire che la sua partecipazione all’impresa contribuì non poco a rinsaldare l’alleanza fra le organizzazioni tradizionali di lotta e il mondo dei social network.
La vittoria dei Minatori, del Rosso e dello Scioperato sulla malvagia Banca d’affari diede i risultati sperati: come insegnano le appendici di saghe più recenti, il capitale di cui i minatori si erano riappropriati fornì effettivamente un sostegno non indifferente alla rivoluzione mondiale, consentendo di erigere più solide difese di fronte al Male che, presto, si sarebbe riaffacciato all’orizzonte.

Oggi, sabato 15 ottobre 2011

postato il 15 Ott 2011 in Cazzi e mazzi personali
da Vobby

“Avevano iniziato a considerare il governo degli USA come una mera appendice dei propri affari. Ora sappiamo che il governo esercitato dalla finanza organizzata è altrettanto pericoloso del governo della malavita organizzata”.

Michael Moore? Naomi Klein? Qualche manifestante di Occupy Wall Street? No, Franklin D. Roosevelt.
Argomentare oggi questa attualissima affermazione non è necessario, dal momento che la sua veridicità è immediatamente notata dal cittadino anche solo vagamente informato dell’attualità economica e politica.
Piuttosto, va aggiunta una seconda determinazione al governo della finanza: esso, prima e più che pericoloso, è assolutamente antidemocratico. E anche questo è immediatamente evidente, perché non ci vuol molto a capire che dove governano i finanzieri non governa il popolo.
Spostiamo lo sguardo dalla Grande Depressione per posarlo sull’attuale crisi del debito che si sta verificando in Europa.
Perché la finanza eserciti le sue funzioni di pericolosità e antidemocraticità deve innanzitutto farsi governo. E l’istituzione che naturalmente è portata a esprimere la volontà della finanza è certamente la banca, luogo di incrocio e base per le operazioni di borsa.
Se la banca è centrale, se la banca centrale è indipendente dallo Stato, cioè da qualsivoglia controllo pubblico sul suo operato, e quindi dipendente solo dai privati che attraverso essa operano, se la banca centrale indipendente ha il compito, scritto a chiare lettere nel suo statuto, di limitare l’inflazione, cioè di decidere la quantità di risorse che lo Stato può gestire per intervenire nell’economia e, infine, se questo già di per sè completo potere di controllo sulla moneta e sulla politica monetaria in generale è esercitato non già su uno Stato, ma su di un’organizzazione sovranazionale che di stati ne comprende 27, possiamo stare pur certi che il governo della finanza (pericoloso e antidemocratico, ripetiamolo) è assicurato.
Insomma, la Banca Centrale Europea è un portentoso organo di governo-ombra, per quanto dopo tutto eserciti questa sua funzione alla luce del sole, essendo decisamente maldestri e inutili i tentativi fatti dalla casta politica per nascondere questo fatto: le ricette anticrisi prescritte dalla BCE sono eseguite in tutti i paesi interessati con grande solerzia e senza alcun dialogo. Opposizione e maggioranza fanno fronte comune davanti agli ordini della finanza.
La più coraggiosa delle politiche potrebbe fare poco di fronte alla BCE, mancando gli strumenti istituzionali per controllarne l’operato. Tanto meno può agire la classe politica a cui siamo ormai assuefatti, politica debole, politica serva, che preferisce chinare la testa di fronte al denaro piuttosto che alzarla insieme alle grandi masse di persone.
Il fatto che a una banca (una banca!) sia sufficiente inviare una lettera al capo del governo per far scattare sull’attenti l’intero parlamento di fronte a proposte (ordini) francamente irricevili mi lascia disgustato. Indignato.
Una banca non può decidere la politica economica del mio paese, una banca non può mettere mano alla mia costituzione. Non glielo si deve permettere.
E quali sono poi questi ordini? Privatizzazioni, tagli della spesa, ovvero meno pensioni e riduzione degli stipendi, deregolamentazione dei contratti di lavoro e quindi, in sostanza, questo: ancora meno potere allo Stato, ulteriore trasferimento di risorse, quindi di potere, dalla sfera pubblica a quella privata. Abbiamo di fronte una tecnostruttura che perpetra sè stessa e il suo potere.
La civiltà, la legge, devono ritirarsi per lasciar crescere la giungla dell’economia incontrollata.
Oggi, sabato 15 ottobre 2011, folle di cittadini si stanno riunendo in diverse grandi città dall’oriente all’occidente. Il loro scopo è quello di rompere le catene che legano le mani della politica di fronte all’economia.
E’ quello di riaffermare una mutilata e offesa sovranità.
Di far riguadagnare terreno alla democrazia.
La manifestazione di oggi costituisce insieme il culmine di una grande stagione di mobilitazione e l’inizio di una lunga lotta sociale e politica.
Se non saranno le forze di questo movimento a costruire il futuro, a farlo sarà la banca, il governo della finanza.
Sappiamo tutti da che parte stare: “we are the 99%!”
Speriamo in bene, e muoviamoci per realizzarlo.

P.S.: dedico questo articolo a mia sorella Anna, ormai da qualche ora arrivata a Roma per la manifestazione. Se verrà anche solo sfiorata da una manganellata, mi toccherà dare alle fiamme la capitale.

 

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