Perì tou anthropou

postato il 17 Lug 2010 in Main thread
da Viandante Solitario

Quando penso al collegamento, istintivamente penso a ciò che unisce, a ciò che permette l’unione di vari elementi, alla creazione di un insieme omogeneo che contenga in sé somiglianze e differenze. Dato che faccio parte di un gruppo di amici, ovviamente il mio primo pensiero va a voi ed ai miei amici più cari, ma prima di costituire un gruppo formato da vari elementi, varie menti e varie sensibilità, noi facciamo parte di una grande comunità: la comunità dell’uomo.

Il caro Diogene di Sinope, nella filosofia classica, è forse colui che ha posto di più l’accento sulla ricerca e sulla definizione di “uomo”, definizione che con Socrate, Platone ed Aristotele raggiunge il suo acme, per poi decadere con la filosofia medievale. Sarebbe interessare capire come l’uomo si è evoluto, cosa ci permette di affermare:”Sono un uomo” (inteso non come maschio, ovviamente). Non voglio creare un post che possa minimamente risultare noioso, quindi mi limiterò a tracciare un breve percorso che permetta però di far emergere il mio parere al riguardo. E poi, la filosofia è dialogo, è riflessione e dibattito con un interlocutore, quindi credo che sia più stimolante parlare di certe cose di persona, come è capitato spesso d’altronde.

Kant, attraverso le tre Critiche, ha delineato un ritratto dell’uomo molto interessante. L’uomo è quell’ente che non solo riesce a conciliare il mondo dell’esperienza con le  facoltà a priori di cui è dotato, ma che ha la facoltà di rielaborare l’ente esperito dandosi delle regole logiche, morali o riguardanti il mondo della sensibilità e dell’arte. Grande importanza ha la nozione di sensus comunis, ovvero l’idea di una facoltà a priori che permetta di discorre e comunicare con qualcuno riguardo qualcosa; l’uomo pensa e riflette se c’è un interlocutore che legittimi la sua attività di pensatore, anche quando riflettiamo in realtà parliamo col nostro animo. La comunicazione è il ponte tra l’uomo e l’altro.

Con Einstein, Freud, Pirandello e Gadamer viene sottolineato un altro aspetto molto importante. Il giudizio su qualcosa è un giudizio non solo condizionato dall’hic et nunc, ma è un’interpretazione; ovviamente un giudizio del genere è un giudizio relativo, che cambia, vive e cresce con noi come fa la nostra ombra;”l’unica verità è che la verità cambia” come cambiano gli eventi e come cambiano noi.

A questo punto possiamo dire che l’uomo è un ente pensante, che ha delle facoltà a priori ed è capace di interpretare e reinterpretare il mondo in cui è immerso. A questo punto mi si potrebbe dire che ho dimenticato di menzionare la fitta rete di emozioni e sentimenti che condizionano la vita dell’uomo. Anche se non sono un biologo, credo che anche alcuni animali, se non tutti, abbiano la capacità di provare sentimenti, anche se quelli dell’uomo sono a mio parere più complessi e profondi. Per ragioni di tempo non mi soffermerò sul complesso mondo delle passioni umane, anche se le ho incluse in quel sostrato metasensibile, quel mondo dell’io che distingue l’uomo dagli altri animali. Ovviamente l’interpretazione è data dall’azione combinata di pensiero pensante e mondo interiore.

Bene, l’uomo è, come abbiamo visto, un ente complesso. Ma come mai? Secondo me è il bisogno di porsi delle domande e di creare e seguire un cammino a rendere l’uomo ciò che è; paradossalmente è la sua caducità, la sua fragilità a renderlo infinitamente potente (e spesso pericoloso), e, se volete, speciale. Questo cammino, a mio parere, diventa realmente efficace nel momento in cui l’uomo arriva alla massima consapevolezza di sé, vera forza e strumento che egli da a se stesso per ricongiungersi ad un mondo da cui per troppo tempo si è separato.

Qualche tempo fa ho scritto una poesia al riguardo, anzi più di una. Se vi interessa posso postarla. E’ una poesia a cui tengo molto, forse la più importante che ho scritto. E poi, anche io cerco l’uomo come Diogene.

Così parlò il viandante solitario

8 commenti to “Perì tou anthropou”

  1. avatar ad.6 ha detto:

    *perì toû anthròpou
    Comunque credo, credo, che se l’uomo fosse immortale risulterebbe ancora più “speciale”, no?
    Invece posta pure le tue poesie, perché non può farci che piacere, chiaramente! Devi solo stare attento alla categoria in cui le posterai! Per essere qui dev’essere attinente all’argomento attuale, per le altre si devono un po’ considerare vari fattori ^^.

  2. avatar Viandante Solitario ha detto:

    Grazie per la correzione, come vedi il greco non è (e non è mai stato) il mio forte. Per quanto riguarda le poesie, beh il tempo di capire dove posso postarle e magari ve le faccio leggere.
    Invece non sono molto d’accordo con la tua tesi; se l’uomo fosse immortale potrebbe diventare molto più pericoloso di quanto non lo sia, quindi le sue facoltà cambierebbero di segno. Oltre ciò, l’uomo smetterebbe di vivere l’attimo con tutto il gusto con cui egli lo vive; sapere che prima o poi ciò che hai non ci sarà più ti spinge a goderne al massimo. Sei d’accordo?

  3. avatar Azazello ha detto:

    Secondo me non è “vivere l’attimo con gusto”, la caratteristica che rende diverso l’uomo, ma la capacità di “vivere” qualcosa, con o senza gusto che sia: sono abbastanza sicuro che un gatto o un cammello vivrebbero l’attimo con altrettanto gusto, se avessero un intelletto. Anzi, la capacità di vivere l’attimo con gusto mi sembra un’eredità dell’istinto di sopravvivenza, quindi un modo come un altro per animali più complessi di percepire e reagire alla caducità della vita: da questo punto di vista, non è nemmeno una differenza, in termini strettamente qualitativi. Se l’uomo fosse immortale, allora sì che sarebbe diverso, appartenendo non alla più complessa categoria di bestie simili tra loro, ma generando una nuova categoria di individui che dell’istinto di sopravvivenza non hanno bisogno, rivoluzionando completamente il suo modo di relazionarsi con qualsiasi cosa :D

  4. avatar ad.6 ha detto:

    Mh, mh. Non so. Io dicevo che sarebbe stato “speciale”, perché essere immortali in un mondo mortale vuol dire essere un po’ speciali. Poi boh. L’uomo, immortale tra cose mortali, potrebbe dedicare la propria vita a creare cose piccole ed effimere, di una bellezza che gli manca; oppure potrebbe pensare al mondo, dato che comunque le cose sarebbero transitorie rispetto a lui! Ci si godrebbe la propria casa, il proprio pianeta come una confezione di Choco Crave®, sapendo che più prima che poi finirà.
    Ad ogni modo la verità è che, se aggiungiamo all’essere umano il solo attributo dell’immortalità (inclusa eterna gioventù) lasciandolo così com’è, dopo non troppo tempo si avrebbe la noia totale! Dopo 100 anni? Dopo 1000? Dopo 1.000.000? Arriverà. Ipotesi di difficile attuazione, quantomeno.

  5. avatar Viandante Solitario ha detto:

    Non credo che se un gatto avesse un intelletto vivrebbe l’attimo con gusto come fa l’uomo; l’uomo non è solo intelletto, il gusto dell’attimo a mio parere è dato da quelle facoltà metasensibili che egli ha sviluppato e che forse nessun’altro animale mai svilupperà. Ad.6 ha sollevato un interessante questione, ovvero il rapporto uomo immortale-noia. Immagino Shopenhauer mentre riflette sulla noia e sull’immortalità dell’uomo, lo vedo scrivere un’aforisma del tipo:”La nascita dell’uomo è la sua condanna perchè non può morire in modo naturale, isolandosi così dagli altri animali”. L’apatia data dall’uomo a questo punto lo spingerebbe paradossalmente a non vivere e questa teoria, come ha detto ad.6, non è un’opzione, un’alternativa che non può manifestarsi, ma è questione di tempo, un tempo che è infinito e quindi ineludibile.

  6. avatar Vobby ha detto:

    Eri partito parlando di comunità umana.. non sarebbe stato più inerente al tema corrente analizzare i motivi che hanno spinto l’uomo a unirsi, collegarsi (appunto), a intessere la raffinata filigrana delle società, e magari dei motivi per cui questa si trasforma così spesso in aggrovigliata matassa? Ovviamente questo commento non è una critica, è solo una scusa per scrivere questa cosa di filigrane e matasse.

  7. avatar Nigredo ha detto:

    “Mh, mh. Non so. Io dicevo che sarebbe stato “speciale”, perché essere immortali in un mondo mortale vuol dire essere un po’ speciali. Poi boh. L’uomo, immortale tra cose mortali, potrebbe dedicare la propria vita a creare cose piccole ed effimere, di una bellezza che gli manca;”
    Il problema è che, come dicevo a Trudy qualche giorno fa, nella mia concezione dell’uomo il tempo fa da Eterno Guardiano: Tutto ciò che spinge l’uomo a creare, ad agire “al momento” e non “dopo” è il fatto che non ha l’eternità davanti. Se si pone una domanda, la risposta deve cominciarla a cercare subito, o non finirà mai l’opera. Il tempo e l’idea della morte sono ciò che rende possibile la trasformazione da potenza in atto a livello umano. Quello che intendo dire è: perché creare una cosa, quando ho tutta l’eternità per poterlo fare? Credo che la noia sarebbe tale da condizionare anche l’attimo nel suo piccolo: “Che mi godo a fare queste cose, che durano un tempo discreto, quando devo ancora ammazzare il tempo per un tempo infinito?” Non a caso, in alcuni scritti riguardanti la pietra filosofale si parla di una presunta seconda pietra, generata insieme alla prima, che può dare la morte nel momento in cui l’alchimista decida di assumerla: un rimedio veloce per sfuggire alla condanna dell’eternità.
    Piuttosto, io farei un’osservazione prettamente tecnica a Trudy, che non è una critica, ma un’ esortazione a organizzare meglio la sua mente. Mi hai parlato di almeno sei, sette delle tue poesie, ma la cosa curiosa è che di almeno di quattro o cinque hai detto che sono “forse la più importante che ho scritto.” Credo che “la più importante”, in quanto superlativo relativo, sia un attributo che dovresti evitare di applicare così spesso, se non altro per non svilire la tua stessa produzione (o comunque per non creare pericolose contraddizioni nelle teste dei tuoi fruitori).

  8. avatar Viandante Solitario ha detto:

    Non ricordo di averti detto una cosa del genere, Nigredo, ma probabilmente se l’ho detto è perché le poesie di cui ti avevo parlato erano le più importanti in quel momento, oppure perché ovviamente alcuni componimenti sono più importanti di altri. Ad ogni modo cercherò di essere più attento nell’usare il superlativo in modo da non creare confusione. Grazie del consiglio. Per rispondere a Vobby….in effetti sono espressioni molto fiche xD

Lascia un commento

 

Fatal error: Class 'AV\Telemetry\Error_Handler' not found in /membri/.dummy/apps/wordpress/wp-content/plugins/altervista/early.php on line 188