La magica scatola di Georg Cantor.

postato il 4 Lug 2010 in Main thread
da Nigredo

∅ Questo è il niente.

{∅} Questa è una scatola informe che contiene il niente, ovvero una scatola vuota.

{∅, {∅}} Questa è una scatola che contiene il niente e una scatola vuota, ovvero che contiene solo una scatola vuota.

Reiterando il processo all’infinito, possiamo mettere una scatola dentro l’altra infinite volte, senza che nessuna di esse contenga effettivamente qualcosa che sia diverso da scatole che contengono altre scatole, una scatola vuota o il niente. A questo punto, agli occhi di chi identifica la scatola con il suo contenuto, appare naturale che questa infinita serie di scatole non contenga nulla. Tuttavia essa è molto utile, perché costituisce il fondamento della matematica moderna. Più precisamente, con i concetti di “niente”, di “scatola” e di “contiene” si possono assiomatizzare i numeri, come segue:

0 = ∅
1 = {0} = {∅}
2 = {0,1} = {∅, {∅}}
3 = {0,1,2} = {∅, {∅}, {∅, {∅}}}
4 = {0,1,2,3} = {∅, {∅}, {∅, {∅}}, {∅, {∅}, {∅, {∅}}}

Etc.

Il bello è che queste scatole – e di conseguenza i numeri – sono tutte ordinate: sappiamo che 0 è più piccolo di 1, poiché la scatola dell’1 contiene il nulla. Quindi, nel nostro scatolame, dire 1 < 2 vuol dire che la scatola del 2 contiene quella dell’1.

Il tipo di costruzione che genera la sequenza di cui sopra può essere portata avanti molto “oltre” definendo in questo modo quelli che Cantor chiamava ordinali transfiniti. Supponiamo di aver definito tutti i numeri naturali nel modo suddetto e facciamo un ulteriore “passo”: consideriamo – di nuovo – la scatola contenente tutte le scatole definite fino ad ora e la chiamiamo ω:

ω:={0,1,2,3,…}

Omega è anch’esso naturalmente dotato di una struttura ordinata come i suoi predecessori (l’ordinamento è dato, come prima, dall’inclusione: in poche parole Omega contiene tutti gli insiemi precedenti e per questo possiamo dire che è “più grande” di loro). Se prima avevamo gli ordinali finiti ω è il primo ordinale transfinito.

Ma possiamo andare ancora avanti: definiamo

ω+1:={0,1,2,3,…,ω}

che è ancora una scatola totalmente ordinata, ovvero confrontabile con tutte le altre scatole (prese due scatole qualunque, da 0 a  ω+1, posso subito confrontarle e dire qual’è più grande dell’altra) , poi

ω+2:={0,1,2,3,…,ω,ω+1}
ω+3:={0,1,2,3,…,ω,ω+1,ω+2}

Otteniamo così una nuova sequenza infinita. Osserviamo che anche la scatola degli ordinali che abbiamo costruito finora è dotata naturalmente di una struttura di scatola ordinata, più precisamente abbiamo:

1<2<3<4<…<ω<ω+1<ω+2<ω+3<…

Di nuovo possiamo andare “oltre” e dare un nome all’insieme di tutti questi ordinali:

2ω=ω+ω:={0,1,2,3,…,ω,ω+1,ω+2,ω+3,…}

E si può andare avanti come prima considerando ad ogni passo l’insieme di tutti oggetti costruiti fino a quel momento… ma vale la pena soffermarsi un attimo ad analizzare la sequenza di scatole che stiamo costruendo.

Nello schema esposto fin qui si procede alternativamente in due modi:

  1. dato un ordinale α precedentemente costruito, si aggiunge al suo interno un nuovo elemento dato da α stesso. La nuova scatola è quindi \alpha \cup \{\alpha\}, è una scatola ordinata ed è chiamata ordinale successore di α;
  2. data una sequenza ordinata e infinita di ordinali α123,…αn,…. di cui il successivo include il precedente si costruisce una nuova scatola come unione delle scatole della sequenza \alpha_\infty:=\cup_n \alpha_n. La scatola \alpha_\infty così definita si chiama ordinale limite della sequenza {αn}.

Con queste due regole si può continuare la sequenza definendo gli ordinali

3ω:={0,1,2,3,…,ω,ω+1,ω+2,ω+3,…,2ω, 2ω+1, 2ω+2, 2ω+3, …}
4ω:={0,1,2,3,…,ω,ω+1,ω+2,ω+3,…,2ω, 2ω+1, 2ω+2, 2ω+3, …,3ω, 3ω+1, 3ω+2, 3ω+3, …}
nω:={0,1,2,3,…,ω,ω+1,ω+2,ω+3,…,2ω, 2ω+1, 2ω+2, 2ω+3, …,3ω, 3ω+1, 3ω+2, 3ω+3, …,(n-1)ω,(n-1)ω+1,(n-1)ω+2,…}
ω×ω=ω2:={1,2,3,…,ω,…,2ω,…,3ω,…,nω,………}

Questo ci da una precisa idea di cosa siano i numeri, e di come li si possa contare. Ma ciò che è più divertente, con procedimenti più raffinati si possono contare anche gli infiniti, arrivando a stabilire come un infinito sia più o meno infinito di un altro. :D

Non sto a dilungarmi su come si sommino gli ordinali, vi basti sapere che succedono cose strane, del tipo: 4 + ω = ω, ma ω + 4 è diverso da ω :D, ma il concetto che con questo lungo preambolo mi premeva di esprimere, è che le scatole, quindi, sono responsabili di uno dei più grandi divari tra Matematica e Filosofia. La Filosofia infatti tende a concepire l’infinito come un assoluto totalizzante, un qualcosa che “includa tutto”, cosa che la Matematica non fa: Ci sarà sempre un infinito “più infinito” che includerà l’infinito di partenza. Ma ciò che è davvero infinito in questa trattazione è la potenzialità umana. Come spiegavo a Trudi l’altra volta, questo è un tipico esempio di “problema dall’infinita Potenza (intesa in senso aristotelico)”: Sebbene il processo in se non sia Atto, perché non concreto, inattuabile, completamente astratto e fine al nulla, esso da la possibilità di estendersi in ogni modo e in ogni direzione, potendo essere generalizzato o localizzato a seconda del contesto, e utilizzato come meglio ci pare. Eppure, nel momento stesso in cui lo utilizziamo, ne distruggiamo l’infinita Potenza, perché abbiamo operato una scelta: nel momento in cui cominciamo a contare abbiamo distrutto una conquista immensa: sapendo che prima o poi dovremo fermarci, abbiamo escluso dalla nostra visione quella totalizzante idea di infinito che finalmente, con l’aiuto delle nostre scatole, eravamo riusciti a concepire. Questo sistema estende le potenzialità della mente oltre ogni limite, rendendo immaginabile (e nitidamente, per giunta), l’inattuabile.

4 commenti to “La magica scatola di Georg Cantor.”

  1. avatar ad.6 ha detto:

    D’altronde, come ci insegna Russell, se parli di scatole non ha senso parlare di Tutto, dell’Insieme degli insiemi e di molte altre cose.

    Sulla parte filosofica dico solo che, secondo me:

    ω)Tutto è Atto e tutto è Potenza, basta solo capire di cosa. Tutto il procedimento di Cantor è atto di un dato ragionamento, di una certa astrazione e di tante altre cose che componevano il Cantor di quel tempo. Così, come “vedere” è l’atto di “avere gli occhi”, allo stesso modo quel processo può essere l’atto di cose come “il pensiero che Cantor aveva il giorno tot” o come “insiemi + vuoto + unione”.

    ω+1) L’inattuabilità è puramente inerente alla sua attuazione concreta; ciò non toglie che se ne possa avere un’attuazione astratta, come infatti si ha.

    ω+2) Se vogliamo, il più concreto tra l’Atto e la Potenza è quest’ultima, che è materia senza forma e non forma senza materia. Tuttavia la Realtà si compone di entrambe e nessuna delle due ha concretezza (Forma-Atto) materiale (Sostanza-Potenza) senza l’altra.

    ω+3) Chiaramente, quando utilizziamo questo sistema, mettendolo in atto, gli diamo una forma ed una strada, facendogli perdere le sue infinite potenzialità, appunto.

    ω+4) Le potenzialità della mente attraverso questo sistema sono da un lato numeriche (α pecore saltano nel campo, α+1 pecore saltano nel campo…), in modo che, seppure abbiamo a disposizione davvero tanti, ma tanti numeri, tutto risulti un po’ triste, dall’altro scientifiche (teorie basate su questo) e dall’altro ancora risiedono nella pura contemplazione dell’immateriale e del concretamente inattuabile, cosa comunque verificata dall’insieme dei numeri reali, che non ha alcun corrispettivo nell’universo materiale.

    ω+5) Per immaginare l’inattuabile penso, di solito, all’attuazione nel reale di un paradosso logico il che, secondo me, riporta ad un’inattuabilità immediata, diversa e più forte.

    Ok, basta. La Filosofia a lungo andare fa male!
    Comunque è davvero affascinante quel lavoro di Cantor!

  2. avatar Nigredo ha detto:

    Ω) Sì, tutto è atto di qualcos’altro, ma non è fine a quello che volevo dire, dato che, come dicevo a Trudy, pongo il concetto di “Problema” in senso lato come fondamento della mia filosofia (ma questo l’avevo omesso), e in quanto tale, lo considero il postulato fondamentale da cui spiegare il resto. Di conseguenza, sebbene anche il problema in se possa essere atto di qualcosa, il fatto che lo sia non mi interessa, dato che indagare la natura di un assioma ha senso solo quando si vuole giustificare perché lo si è adottato.
    2Ω) Certo, ma standomi esprimendo ad un pubblico di profani, suppongo che dell’attuabilità matematica del ragionamento non freghi niente a nessuno.
    3Ω) Sì, questo è un punto cardine della mia filosofia: Il fatto che l’infinito e l’assoluto a mio parere siano identificabili solo con l’atto puro o con la potenza pura. E dato che l’uomo è limitato dal tempo, per esso ha senso solo parlare di pura potenza. L’esempio che facevo a Trudy era: se guardi una tela bianca, puoi immaginarci tutto quello che vuoi, hai infinite strade da percorrere. Ma nel momento in cui cominci a colorarla, ne cambi la natura intrinseca, e sebbene cominci a guadagnarci qualcosa di “vero”, perdi la visione coerente e sublime dell’Assoluto.
    4Ω) Certamente. I suoi difetti invece implicano suicidio e pazzia quando Gödel dimostra qualche teorema sconveniente.
    5Ω) Credo non ci sia qualcosa di più o meno attuabile, inquadrato il contesto. Contare fino a infinito è impossibile esattamente quanto infilarsi un tir nel sedere senza morire. Tuttavia, riguardo al paradosso logico, c’è da specificare che, sotto certi assiomi il paradosso non è più tale. Immagino che tu ti stia riferendo a un paradosso logico in ZFC, che rappresenta tutto sommato la logica “intuitiva” con cui pensa l’uomo comune, anche il non matematico.

  3. avatar Azazello ha detto:

    Mi permetto di aggiungere che, per paradossale che sia, è più probabile infilarsi un tir in culo senza morire che riuscire a contare fino a infinito. Anzi, voglio andare oltre: secondo me, se internet continuerà ad esistere per qualche altra decina di anni, entro il 2050 su youtube lo troverete il video di uno che si infila un tir nel sedere senza morire.

    Se vi sta bene che muoia, invece, sono sicurissimo che qualcosa in giro c’è già adesso

  4. avatar ad.6 ha detto:

    Sì, mi riferivo appunto ai paradossi più semplici, come quello del mentitore, che non può essere riscontrato in alcun modo in realtà. Poi, chiaramente, si può dire che le proposizioni che portano a queste assurdità siano semplicemente formulazioni errate o imporre la squalifica delle frasi autoreferenziali (come facevo nel mio primo post!) o prendere più sfumature di verità e così più cose possono andare a posto. Fino a quando ignoriamo il nostro amico Curzio (Kurt)!

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