L’Involucro – Quando il contenuto non conta

postato il 13 Lug 2010 in Main thread
da ad.6

“Il mio corpo non è che un involucro atto a contenere il mio tesoro più grande, ovvero la mia mente” – Daniele Marrone

Sarà qui esposta una mia personale esperienza riguardante il viaggio metaforico che ci induce a distogliere i sensi dal nostro contenitore materiale per proiettarli verso quegli altri mirabili contenitori che sono i nostri simili. Si tratterà quindi in breve di un contenitore particolare, del Contenitore, dell’Involucro.

Ci si immagini, per un momento, di intraprendere un avventuroso viaggio verso l’ignoto, con la sola consapevolezza di essere partiti e senza alcuna sicurezza sull’arrivo, solo un grande dubbio. Prendiamo le mosse da noi stessi, come sempre, dalla nostra consapevolezza oscura, e spostiamoci fuori di noi, utilizzando la scatola che ci racchiude quasi come fosse realmente una nostra parte. Così utilizziamo quel capo e quegli occhi per ispezionare l’ambiante circostante alla ricerca del nostro obiettivo: tutto è diverso da noi, alcune cose non si muovono, altre lo fanno, ma non hanno due occhi, altre ancora sembrano proprio fatti dal nostro stesso stampo! Molti di questi esseri vivono, agiscono, interagiscono e le loro risposte all’ambiente sono personali, per quanto prevedibili. Ma ecco che tra tali esseri che, immagino, definiremmo simili a noi e quindi “umani” la nostra attenzione viene attirata da una certa anomalia, una stranezza, un codice eccessivamente facile da decodificare. Ecco finalmente la meta della nostra indagine, la fonte del dubbio, l’incognita, è lei! Eccola che agisce secondo tutti i più immediati ed elementari stimoli esterni, percorsa da emozioni, da sentimenti non suoi e da questi sconvolta nel profondo, visibilmente. Ma siamo ormai all’esterno, nel mondo, e tutto quello che vogliamo è trovare qualcosa di familiare, che ci somigli: questa presenza ci turba un poco. E allora apriamo quel contenitore, scoperchiamo quell’involucro per trovare, come troveremmo cercando in noi stessi o in altri, quella cosa che veramente ci somigli! Ebbene, mistero e sgomento, perché questo è ciò che ci si presenta dinnanzi:. Non il punto fermo, che sta ad indicare il muro contro cui ci imbattiamo alla fine della ricerca, e men che mai i due punti, che indicano l’ingesso nell’ispezione come nella spiegazione. Non è, dunque, nemmeno uno spazio vuoto, nulla di tutto questo. Nulla. Solo in questo istante ci rendiamo conto che ogni riferimento a “lei” era fondamentalmente errato, perché l’unica cosa presente, l’unica entità appellabile è il solo involucro e giammai mente o coscienza. L’Involucro.
Ecco dunque svelato il dubbio! L’Involucro, del tutto umano, per la sua intrinseca vanità accoglie in sé le sensazioni dell’ambiente, quelle della gente, così canalizzandole in sé e fuori di sé risultandone in questo modo deformato. Piangerà quando la gente sarà triste, riderà quando sarà allegra, il tutto senza alcuna perseveranza né controllo (di chi, d’altronde?). A tale osservazione ci viene anche spontanea l’analogia con il neonato: non ancora del tutto formato, incosciente, essere puramente strutturale (in buona approssimazione) è un recipiente che accoglie in sé le sensazioni del mondo, le espressioni delle persone, le cause e gli effetti, spesso ripetendoli specularmente, ridendo al riso e piangendo al pianto. Ma quello non è un recipiente abbastanza giovane eppure è capace di percepire senza trattenere, di vedere senza guardare, di mostrare senza volere. Ed ecco allora lo scienziato esclamare: “Percepire e mostrare! Ecco un buono strumento di misurazione!”; ma è purtroppo gravemente in errore perché, sebbene l’individuo in esame sia solo un involucro vuoto, gli è comunque stata impressa dalla famiglia, dalla scuola, dalla società una certa qual forma tale da renderlo, per esempio, distinguibile, nei modi e nelle espressioni, da un ragazzo o da un albatro. È quindi una scatoletta con qualche semplicissimo orpello e qualche comunissimo nastrino, fatta con un materiale davvero banale, ma per il contenuto sappiamo bene che vana sarebbe una ricerca più accurata di quella appena svolta, semplice e gravida di significato.
Questa è stata dunque, per tratti per la cui brevità mi perdonerete, la mia indagine, volta ad inquadrare un individuo tanto singolare, tanto rilevante antropologicamente, tanto emblematico per riassumere in un solo tratto quello che siamo stati e quello che forse ancora siamo: contenitori riempiti di concetti ed impressioni che abbiamo elaborato, in maniera semplicissima od in maniera molto complessa, e fatto o creduto nostri.

[Ah, comunque, per chi non lo sapesse l’Involucro esiste davvero e diciamo che per discrezione non ne do un ritratto più particolareggiato. Se volete ulteriori particolari posso darvi nome, numero di telefono, carta d’identità e di credito. È stata, ad ogni modo, un’esperienza formativa ed interessante. Già!]

Un commento to “L’Involucro – Quando il contenuto non conta”

  1. avatar Azazello ha detto:

    Mi aspettavo che avresti parlato di questo argomento! e che bella trattazione!
    Beh, non mi resta che essere soddisfatto del MIO lavoro: aprendo questo blog ho permesso che i risultati una ricerca così approfondita, così curata venissero resi pubblici. Un bel lavoro!

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