Giocando col Caos

postato il 15 Ott 2010 in Main thread
da ad.6

Eccoci qui. Dato che, come sempre, mi trovo a scrivere allo scadere del periodo, non potrò trattare, forse per fortuna, di tutti quei giochi comuni che mi baloccarono da piccolo, giusto perché avete già parlato di quegli stessi balocchi o di oggetti e pensieri molto simili.
Allora vi rendo noto per prima cosa che, per quanto patologico possa sembrare, il mio ultimo dialogo con il tale esercito (con l’ufficiale, in verità) di incredibili lotte galattiche comandato in segreto da me (segreto anche a me, ritengo, dato che non ne sono molto sicuro!) è stato poco più di un anno fa, quando ho trovato il tempo di respirare dopo gli esami del primo anno. Ovviamente, sapendo di aver creato e distrutto il loro mondo più volte, di aver sconfitto svariate volte un Nemico che non poteva essere altro che me stesso per avere una potenza che fosse (quasi) pari alla mia, di aver infine deciso di lasciar andare quel mondo ad uno sviluppo temporale più o meno variabile a seconda del naturale corso della mia volontà e della sue caratteristiche intrinseche, ho così deciso, come avevo fatto varie altre volte, di dare precise istruzioni per agire anche senza di me per un po’ di tempo e che li avrei ricontattati presto.
Non mi si dica niente: così sarà.
Ma volevo parlare di un’altra cosa, perché sono conscio che per parlare dei “Balocchi” dell’argomento attuale devo nominare oggetti tangibili (più o meno, aggiungo, per poter scrivere quello che scriverò).
Quindi…
Mi baloccavo con l’ignoranza. Da quando sono piccolo mi diverto ad interpretare le cose, creando le storie più sconclusionate, perché l’interpretazione è fantasia, ma pensando e credendo quanto di più ragionevole possibile. All’inizio credevo che nulla avesse una spiegazione (non era forse veramente così?) ed allora ne inventavo una io e me la dicevo, pur essendo consapevole della scarsa concretezza delle mie invenzioni. Le luci del semaforo, in questo modo, venivano alternate a seconda della volontà di due omini (che avevano un nome preciso che ormai non ricordo più): quando prevaleva la volontà dell’omino più potente, allora diventava verde, quando invece diventava rosso la questione era spiegata dal fatto che lui fosse in vacanza, non potendo ragionevolmente perdere contro l’altro; il giallo era la disattenzione pre-vacanza, mentre, quando il rosso permaneva, io lo spiegavo a mia madre: “Mamma, **** è in vacanza!”. Invece i colori avevano senso, perché il rosso era chiaramente un fuoco che non permette a nessuno di passare, il giallo un fuoco che comincia appena ed il verde è, ovviamente, un prato fresco e libero. E poi le stelle brillavano perché avevano qualcosa da dirmi, il sogno era la realtà e la realtà il sogno, la volontà degli altri creava e la mia era. Tuttavia non ho mai realmente visto quello che immaginavo ed ho sempre creduto reale buona parte dei miei sogni, il che ha contribuito a crearmi molta confusione. Così mi baloccavo molto con tutti i punti oscuri della realtà, dalle macchine che camminavano da sole ai gechi che si arrampicavano sui muri di casa mia. Quando ho poi scoperto che tutto quello che mi chiedevo aveva risposta, devo dire di aver provato molta tristezza. Era finito il tempo delle domande cui potessi dare qualsiasi risposta.

Tristezza di un bambino che non può più creare

Mi baloccavo col caso. Da quando sono piccolo, senza mai smettere, quando era il momento esatto(?), assistevo ad una serie di eventi qualsiasi, casuali, e giocavo col caos che li aveva generati, lo ricomponevo e lo spiegavo. Così ho previsto di un anno l’inaspettata divisione dal mio migliore amico, di due anni l’arrivo di un’altro ragazzo particolare e di tre anni l’interruzione di quest’ultima amicizia a casua di un imprevisto che lo riguardava! Tutto ciò guardando, una sera (ero in quarta elementare), le automobili che si susseguivano davanti alla nostra. (Tra parentesi, l’interpretazione è sempre fatta sul momento e portata avanti secondo gli andazzi casuali delle cose). Ed ancora mi baloccai col caso quando, per alcuni giorni, immensi stormi di rondini riempirono il cielo di casa mia, quando, appena scomparvero, iniziò una pioggia torrenziale durata una ventina di giorni, con un cielo sempre nuvoloso, quando dopo la pioggia vidi la notizia dell’Etna che aveva ripreso ad eruttare; dedussi allora che sarebbe dovuto esserci un terremoto di lì a breve e così fu. Questo gioco, quindi, capita ancora spesso e mi dà notizie positive o negative sul mio futuro. Tutti divertentissimi balocchi.
Ma c’erano i giochi che non avevano regole e funzionavano, tanti, balocchi che diventavano giochi, che non avevano corpo ed erano tutto, che prendevano forma nella mente ed acquistavano concretezza in un oggetto qualunque.
E cosa resterà di questi giochi se non hanno più menti per prender forma? Solo gli oggetti che ne hanno ospitato lo spirito, trasformandosi e trasfigurando. Dei balocchi.

6 commenti to “Giocando col Caos”

  1. avatar Azazello ha detto:

    Secondo me questo post è molto bello.

  2. avatar ad.6 ha detto:

    Ah, grazie!
    (In verità sono sempre stato in dubbio su quanto sia dovuto il ringraziamento ad un complimento, ma alla fine, tempo fa, giunsi alla conclusione che la cosa da ringraziare sia l’aver voluto esprimere l’apprezzamento, cosa che si sarebbe potuta omettere).
    Ad ogni modo un post con pochi commenti dà l’impressione di essere poco letto (anche se io, per esempio, leggo tutto senza lasciare sempre commenti). Sarà vero ç_ç?

  3. avatar Vobby ha detto:

    Tranquillo, l’abbiamo letto tutti. Sei una persona particolare.

  4. avatar ad.6 ha detto:

    Diciamo che non è esattamente quello che volevo sentire, ma diciamo che va bene (a patto che si legga comunque tutto di tutti).
    Ok, stop ai non-commenti.

  5. avatar Nigredo ha detto:

    Guarda, l’unica critica che potrei fare a questo post è il pessimo gioco di parole che si può fare col titolo. Per il resto, è ineccepibile.

  6. avatar ad.6 ha detto:

    Eh, lo so. Infatti il titolo originale era “Giocando col Caso”, subito cambiato per non dare nemmeno lontanamente l’idea sbagliata. Evidentemente la dà comunque, ma più di così non avrei potuto cambiarlo.

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