Assurdo!

postato il 30 Set 2010 in Main thread
da Nigredo

Per me una delle definizoni più singolari di “assurdo”, nonché una delle più suggestive, rimane quella di “concetto che era ritenuto fantastico e impossibile fino a poco tempo prima e a cui si è fatta l’abitudine”, definizione questa che inquadra abbondantemente quasi tutte le scoperte del nostro secolo. Se ci fermiamo un secondo a riflettere infatti, noteremo che è quantomeno assurdo pensare che stiamo scrivendo e immettendo dati (al fine di una fruizione collettiva) in un posto che fino a prova contraria non si sa nemmeno bene dove sia, e che è pieno di parole che neanche esistono in termini reali, materiali. Ciò che vediamo, tocchiamo, esiste frammentato, in una forma pseudosimbolica incomprensibile a noi umani e che nulla porta seco della natura con cui noi la immaginiamo. Una persona che fosse vissuta diciamo 40 anni fa (e non esagero) vedendo un computer probabilmente si sarebbe chiesta, del tutto lecitamente “dove va a finire” tutto quello che digito, abituata al fatto che la sua macchina da scrivere, sebbene automatizzi una procedura lenta come la grafia manuale, comunque rende immediatamente “tangibile” ciò che si elabora. Spiegare che ogni tasto premuto scatena reazioni indicibili che si concludono in uno stream di dati frammentato e spedito in posti diversi del mondo, a cui però ognuno può miracolosamente “riaccedere” per mezzo di parole chiave che riescono in pochi decimi di secondo a recuperare tutto quanto, a ricomporlo e a visualizzarlo sullo schermo (che è un aggregato denso di milioni di lampadine) può risultare quantomeno controintuitivo. Ma la cosa che ritengo più assurda non è la (naturale) reazione di stupore che un uomo del passato potrebbe avere per tutto questo, quanto la (altrettanto naturale) reazione di scontatezza che tutti noi ci riserviamo di avere al cospetto di queste cose. Obiettivamente, credo infatti che nessun uomo sul pianeta allo stato attuale delle cose abbia la conoscenza completa per descrivere nei minimi dettagli cosa accade dal momento in cui premerò il prossimo tasto al momento in cui tutto questo sarà accessibile dalla rete, da tutti voi, da ogni posto del pianeta. Un informatico potrebbe descrivermi nel dettaglio i protocolli che si occupano di spezzare tutti questi dati, di comunicarli da un computer all’altro e il modo in cui detti computer trattano i dati e li interpretano, ma il come tutti i suoi flussi di dati possano passare poi attraverso un cavo gli sembrerebbe in definitiva una magia. Allo stesso modo, un elettronico potrebbe descrivermi in maniera accurata come degli stati logici e delle cifre possano essere trasformati in segnali elettrici e trasportati a grande distanza, senza però avere la minima idea di come questi, passando per una serie di trasformazioni incredibili, possano diventare immagine, testo. Un bravo ing. delle TLC probabilmente saprebbe dirmi come far passare un segnale in pochi millesimi di secondo da casa mia a una deteriorata centralina telefonica di Bangkok, senza avere la minima idea di cosa quel segnale trasporti. Eppure, tutti noi diamo per scontato che questa magia – sostantivo che incarna bene tutta una serie di processi che non hanno spiegazione – possa avvenire. Ci accontentiamo di dire che “è ovvio che succede, perché c’è una tecnologia che provvede a questo”, senza renderci conto che questa affermazione è intrinsecamente vuota, una sorta di religione con la certezza dell’esistenza di Dio.

E infatti, la cosa più assurda delle religioni, secondo me, non è il supporre senza alcuna prova l’esistenza di qualcuno o qualcosa, quanto l’idea che, qualora questo qualcosa esiste, esso costituisca una spiegazione soddisfacente al perché dei fenomeni. “Il mondo esiste perché l’ha creato Dio”, e allora? Il problema non è il “chi”, quanto il “come”! Una spiegazione non può essere ritenuta tale se non da indicazioni esaustive sulle meccaniche che regolano le trasformazioni, gli eventi, lo svolgersi dei fenomeni studiati. Allo stesso modo è assurdo che un fisico possa ritenere di aver capito come funziona l’universo basandosi sulla validità di formule che tuttavia non può capire, nel senso più immaginatorio del termine. Egli prevede l’andamento degli esiti di vari esperimenti, alla perfezione, senza riuscire minimamente ad immaginare come quei dati possano coerentemente fondersi con l’idea che ha in testa di “particella” vista come una pallina di gomma, che dovrebbe scomparire e ricomparire qui e là. L’assurdo, l’assurdo vero, è che ogni giorno che passa è un giorno di progresso, di conquista, che altro non fa che portarci più vicino all’inconcepibile, ad una trama di conoscenze imbrigliate talmente complicata che mai avremo la capacità di spiegarci completamente il perché qualcosa accada, eppure questa convivenza forzata con l’inconcepibile fa sì che della sua presenza non ce ne accorgiamo nemmeno. Anche solo guardando il pavimento e chiedendomi “come faccio a camminare?” potrei dare adito ad una serie di dissertazioni che mi porterebbero dall’anatomia alla scienza dei materiali, alla statica, alla quantistica, alla neurologia. Noi letteralmente VIVIAMO nell’assurdo, e non riusciamo a farci caso. In termini filosofici, la grande conquista che il nostro tempo e la nostra esperienza odierna ci hanno dato è secondo me che la conoscenza intesa in senso classico, come “comprensione della natura di un fenomeno” non vuol dir nulla, perché è una condizione irrealizzabile: conoscere la natura di un ente qualunque che non sia ideale è impossibile. Ovvero, la conoscenza è necessariamente conoscenza sommaria. L’atto di conoscere in se presuppone un’approssimazione, un dare per scontato una quantità così strabordante di cose che alla fine, della natura intrinseca del nostro ente sappiamo ben poco. È come vedere un lago in lontananza, piccolo eppure ben delineato, e accorgersi che, mano a mano che ci si avvicina ad esso, ci si ritrova avvolti in uno strato di nebbia sempre più fitto, invalicabile. Più approfondiamo la conoscenza di qualcosa più la nostra idea di conoscenza diventa vaga, senza senso. Paradossalmente, più conosciamo più non conosciamo, guadagnando dati oggettivi al prezzo della capacità di interpretarli. Questo, per me, è davvero assurdo.

…E ora scriverò “a” 16 volte per arrivare a mille parole di post.

a a a a a a a a a a a a a a a a.

 

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