Non aprite quella porta!

postato il 30 Giu 2011 in Main thread
da ad.6

(O, alternativamente, “I miei no”)

Premetto che questo discorso, per la sua vastità e per la mia quasi fretta, non potrà che essere parziale. Vediamo cosa ne esce.

 

 

La parte popolare, ovvero “I credenti”.

“No alla fede”: facile da dire, plausibile da accettare, popolare tra i giovani. Più difficile, probabilmente, è la giustificazione di questo no. Partiamo dal fatto che non si può scegliere di credere, non è concesso dire “Va be’, facciamo che ci credo” perché mancherebbero le fondamenta stesse della vera fede. Né, chiaramente, ha senso credere per convenienza. La fede è una porta aperta sul baratro dell’irrazionale. Da una parte, certo, le correnti irrazionaliste hanno in qualche modo esaltato il salto fideistico, capace, come pochi, di andare “al di là del sensibile”, di cogliere l’essere nella sua totalità fuggendo dalla gabbia del mondo, ma dall’altra parte se c’è una cosa sicura questa è proprio il mondo materiale, il che rende ardito ed anzi folle una qualsiasi tensione verso l’esterno, se esistesse, e verso l’immateriale. La fede è dunque una breccia nella razionalità e nella ragionevolezza, come tutte le cose che non hanno un perché e non possono averlo. Il no alla fede è un no alle scuse, alle spiegazioni che non hanno spiegazioni, alle persone che dicono, fieri, “perché è così”.

Non voglio per questo dire che la fede è causa di tutte le sciocchezze che si fanno al mondo, ma sono quasi sicuro che il danno che provoca non sia nullo. La fede, come le cose simili ad essa, provoca, fondamentalmente, pigrizia intellettuale, sterilità dei dialoghi e, cosa immane, genera una quantità di credenze, superstizioni, false deduzioni che non può essere quantificata. La gente che crede nell’ottimismo, nella sfortuna, nei maghi, in Satana, è tutta figlia (a parte che della sua ingenuità) di una società che dà per scontate molte cose, sospendendo interamente il giudizio. Le fiabe cui si crede da bambino lasciano il posto all’inevitabile disillusione dell’adulto, il che non vuol dire assolutamente che l’adulto abbia smesso di sognare, di immaginare follie, di creare mondi, ma che abbia smesso di crederci. E a tutte le fiabe si rinuncia, meno che ad alcune, talmente radicate nella storia dell’uomo che questi risulta ancora un bambino davanti ad esse.

Quindi i credenti sono più disposti degli “altri” a prendere per vera una favola che, per quanto veritiera, non ha prove.

Tuttavia il discorso è molto più complicato, perché la fede è un limite quando si tratta di ragionare, di libertà, di obiettività, ma è una forza non trascurabile in molti altri casi. È uno dei modi che hanno le persone in qualche modo deboli di andare avanti, credendo all’impossibile, è a volte uno stimolo per aiutare il prossimo. Tuttavia il fedele continua a non compiere azioni per merito suo, ma per grazia d’altri. Egli è sempre, in un modo o nell’altro, suddito di Dio. (Discorso teologicamente non corretto, perché l’uomo non obbedisce, ma sceglie, ecc.)

Insomma, non mi affiderei con grande entusiasmo ad un fedele, certo non per ragionamenti su temi abbastanza ampi, non sulla politica, non sulla medicina, non sulla psicologia. Ora esagero un po’, ma un poco temo i fedeli.

 

Perché andate in crociata?

È il volere di Dio! L’ha detto Papa Urbano II!

(Senza mai dimenticare buona parte delle altre religioni, ovviamente).

 

 

Ed ora la parte impopolare, ovvero “I nuovi credenti”.

E neanche tanto nuovi. Qui parlo, in qualche modo, del secondo no, autonomo e (credo) analogo al primo. “No alle droghe”: difficile dirlo, oggi come oggi. E perché mai, come sopra, dire no e di che tipo di no si tratta? Le ragioni sono molteplici, ma la radice, coerentemente con questo post, è una: la droga (e, se vogliamo, una generalizzazione delle droghe alle cose che danno una certa dipendenza) è un’altra delle porte che danno sullo sconfinato mare dell’irrazionalità. L’irrazionalità e l’irragionevolezza, dunque, per questi nuovi credenti. Cerco un modo per star bene e lo cerco fuori di me e questo, parliamo ancora nel concetto, certo non mi glorifica ed anzi, a mio parere, mi umilia, perché mi rende nudo e bisognoso più di quanto non sia già per mia natura. Non parlerò, per la grande noia che mi dà il tema, di come tutto ciò nuoccia fisicamente a se stessi e agli altri(!). Invece ascoltare le scuse addotte e credute talvolta sinceramente dai fumatori di tabacco, esempio visibile, gli infimi livelli delle giustificazioni, il solo proferire, ascoltare, pensare o abituarsi a pensare cose del genere è dannoso per il singolo e per la società intera.

Ecco, analogamente alla fede e contrariamente a quello che probabilmente può sembrare, io non sono contrario a che la gente faccia le proprie scelte, che la gente creda o che la gente apra altre porte; la mia è una contrarietà nel principio, una contrarietà alla base, perché non tutte le cose sbagliate sono vietate (né, assolutamente, devono esserlo) e perché non tutte le cose non giuste sono propriamente sbagliate. Tuttavia ciò non toglie che si possa provare repulsione e si possa giustamente dire no. Giustamente. Ed eccoli, allora, i fedeli che tentano forse così di smaltire il dolore della vita. Ed il dolore della vita non è sempre il dolore fisico, non è sempre la depressione e non sempre la tristezza, perché è, per queste persone, quella sottilissima noia (spessore variabile secondo i casi) che si insinua e ti convince che hai un bisogno di qualcosa e che lo devi estinguere. Cosa? Altro. E così i nostri iniziano a confidare e a credere, vanno alla ricerca del tempio, del dio ed infine lo trovano. Parliamo di convertiti e di gente da convertire, di riti che si consumano, che si consumavano prima nell’ombra, poi sempre più alla luce del sole. Il corpo di Cristo. Amen.

In effetti è proprio questo che mi fa dire il mio no esistenziale ai metalli pesanti e a quelli leggeri: le porte saranno diverse, ma la strada è la stessa. E non parlo della strada della morte, della strada della perdizione o di quella del dolore, ma parlo della strada di chi accoglie in sé le varie gradazioni dell’assurdo. Quella strada che ammortizza gli scrupoli ed amplifica l’incoscienza autoindotta, la strada che porta i giovani a finanziare spensieratamente gli arsenali, i traffici, i lager della malavita organizzata. “Lol, ci fumiamo l’erba dello zio di Tizio! È lì che la prendono!” e invece fumano i capelli, le unghie e la pelle degli uomini e delle donne uccisi con i loro soldi. Strano non capirlo. Strano non pensarci.

D’altra parte è ovvio. Se la religione è l’oppio dei popoli (e non solo questo, non solo), allora diventa accettabile per una sorta di simmetria perversa, l’affermazione temibile e in qualche modo vera, per quanto possono esserlo le metafore: l’oppio è la religione. E quando Dio parla non vedi niente.

Ok.

E i giudizi morali? Non pregiudizi, ma giudizi morali ce ne sono alcuni. Non pesanti perché, punto primo, io sono convinto (per quanto possa essere forte una convinzione) che nessuno ha veramente colpa per ciò che fa, e, punto secondo, anche in un concetto allargato di colpa questa sarebbe comunque inferiore ad altre. Un giudizio è che certo ci sono gli errori, ma che le persone possono fermarsi e cambiare idea.

 

La porta che si apre.

Ed una volta aperta la porta? Niente di che: la si richiude. Sì, sono porte che si aprono spingendo e quindi per chiuderle (da dove le hai aperte) devi tornare un po’ indietro e tirarle. Un po’ più di fatica, molta fatica, una fatica immensa, perché come la strada prima era in discesa ora è in salita. Conviene? Certamente sì. Lo farò? Ditemi voi. Non per altro sono tutte porte aperte verso l’irrazionalità.

Il corpo di Cristo.

Amen.

 

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