La poesia della scienza

postato il 22 Dic 2010 in Cazzi e mazzi personali
da Azazello

[Non sono del tutto sicuro dell’evoluzione di ciò che sto per scrivere, quindi perdonatemi eventuali incoerenze e i probabili, drastici cambi di argomento in corso d’opera. Cercherò di rendere palese il succo della questione al meglio di quanto mi è possibile]

L’ispirazione per il post che state per leggere viene genericamente dalle numerose vignette di xkcd, ma ho deciso di postare solo quando ho riletto questa in particolare (che non c’entra tantissimo, ma…):

xkcd n. 836

La cosa che più amo dell’autore di xkcd è la sua capacità di essere rigorosamente scientifico avendo contemporaneamente l’espressività propria di un vero artista. Infatti sembra che la scienza moderna sia condannata a non far parte della tradizione artistica, in quanto necessariamente fredda e incapace di stuzzicare gli animi dei lettori, che la sua unica valenza risieda proprio nel contrasto che generano la sua complessità e il suo rigore al confronto con il mondo caldo e caotico delle emozioni. Credo sia dovuto al fatto che, soprattutto in poesia, viene ampiamente sfruttato l’alone di mistero che circonda gli oggetti nel mondo fenomenico, così, se viene meno il mistero, sembra debba per forza venire meno la poesia. Io, al contrario, credo che la profondità e la complessità dell’animo umano non sarebbero sviliti dall’incorporazione della scienza, ma che ne sarebbero esaltati: fenomeni strettamente fisici come la luce emessa dalle stelle, l’azzurro del mare, il susseguirsi delle stagioni o l’alternanza di giorno e notte sono tra le più grandi fonti di ispirazione per la lirica vecchia e nuova, e francamente il fatto che essi siano dovuti all’emissione di enormi quantità di energia da un corpo in perenne trasformazione, ad assorbimento e dispersione della luce o al ruotare di enormi corpi celesti in uno sconfinato nulla non mi sembra che possa togliere nulla alla loro suggestività. L’essere umano ha sempre dovuto adattare l’arte alla propria esperienza della realtà, cercando la poesia in ciò che è e che potrebbe essere, o nel loro contrasto con ciò che non potrebbe mai essere, per cui non capisco come mai ci ostiniamo a ignorare completamente la nuova realtà che abbiamo, adesso, sotto i nostri occhi. È troppo chiedere un’arte un po’ più colta, ma colta veramente, che si rifaccia più al reale che alla tradizione imposta dai propri, necessariamente più ignoranti, padri? Possibile che inverosimile, impossibile e completamente campato in aria siano trattati con tanta leggerezza, senza cognizione di causa? Siamo davvero arrivati al punto da considerare la ricerca della verità (una volta tanto che serve a qualcosa) come un difetto da nascondere dietro alla maschera di una pigra, stravista tradizione di insipienza? Io auspico una letteratura che apra le porte alla scienza – anzi, alla realtà – e che sia in grado attraverso questa di rinnovare la propria magia, abbandonando gli stereotipi anacronistici da cui, al momento, è frenata, ma soprattutto auspico un mondo che sappia vedere la profondità dell’impeto che muove la ricerca e l’epicità dell’arsenale che la scienza ci mette a disposizione per emozionarci, ogni giorno, un po’ di più.

6 commenti to “La poesia della scienza”

  1. avatar ad.6 ha detto:

    Un’idea interessante, in effetti, ed andrebbe provata! Una delle considerazioni che mi vengono in mente, per quanto mi riguarda, è che io, per esempio, a varie cose preferisco la nostalgia, che è difficile da trovare in cose vere e presenti. Questo mi fa pensare proprio che l’arte si occupi dell’ignoto non solo per il suo fascino, ma, tecnicamente, perché di questo si possono dire senza ombra di dubbio più cose di quante se ne possano dire della realtà. A parte questo immagino che facendo una poesia del genere, sempre parlando di problematiche tecniche, una volta che un bravo poeta abbia detto qualcosa di vero sulle supernove nessuno potrebbe parlarne in modo veramente innovativo e diverso, dato che, in fondo, rimarrebbe comunque vincolato alla realtà!

  2. avatar Azazello ha detto:

    Sì, ecco, a proposito di questo, ieri sera avevo notato di non essermi spiegato per niente, ma ero troppo a pezzi per continuare. La grande quantità di “poesia” o “letteratura” e la totale assenza di riferimento ad altre forme d’arte potrebbe far pensare che io mi riferisca, appunto, solo alla poesia e alla letteratura, cosa che, come NON potete facilmente capire dal post, è (ovviamente! xd) sbagliata. Io ne avrei voluto fare (ma non l’ho fatto) un discorso generale che suggeriva (oltre a quello che ho finito per suggerire), e non solo in poesia, una maggiore accortezza nell’uso delle cose che permetta di evitare dissonanze irritanti come potrebbe essere quella di Watchmen che dicevamo ieri (il fatto della natura umana), che è un esempio perfetto di come vengano spesso confusi l’improbabile, l’impossibile e il del tutto campato in aria per via di… beh, ignoranza. Cioè, non voglio dire che non si debba più fare fantas-y/cienza, ma che se si decide di scrivere una cosa improbabile non bisogna metterci l’impossibile e che se si decide di scrivere di un impossibile in qualche modo coerente, non c’è spazio per il completamente campato in aria (cosa che invece accade quando DIO, che ha il Potere Totale sulla materia, non è in grado di modificare l’animo umano.
    Cioè, volendo spendere due parole sulla cosa specifica, si potrebbe anche giustificare dicendo che in tutto il film viene suggerita una cosa che è a. l’ineffabilità OPPURE b. l’impossibilità di Dio, e che nel primo caso questo spiega come il signor Blu non possa cambiare l’Anima-entità, esterna al piano del Reale sotto il suo controllo (come anche Dio). Però devo dire in tutta onestà che l’idea non mi sembrava quella.

  3. avatar Vobby ha detto:

    Penso che il motivo per cui arte e scienze sono viste come irrimediabilmente separate sia ben riassunto nell’ultima vignetta: le armi che mi sono fornite dalla scienza funzionano, la scienza moderna è caratterizzata dal fatto che funziona, e quindi, che serve. L’arte invece non serve a niente, non è in nessun modo utile. Inoltre, mentre la scienza è rigorosa e per funzionare deve necessariamente utilizzare determinati metodi, non esiste un metodo oggettivamente\universalmente ritenuto valido per produrre opere di valore artistico. Seguire fedelmente una regola può essere un modo di produrre opere d’arte, ma il non farlo non pregiudica il valore dell’opera (esempio banale: sonetto vs verso sciolto).
    Ma anche: la scienza, proprio perchè per essere tale deve servire,appartiene sempre all’ambito della tecnica. Ovvero, può esiste un modo più o meno efficiente per risolvere un problema, ma non un modo personale, soggettivo, di farlo. L’arte invece attinge profondamente al mondo interiore dell’artista, e mentre chiunque può eseguire efficacemente un lavoro utilizzando una macchina inventata da altri, le opere che seguono pedissequamente e acriticamente un modello appaiono aride e vuote. Poi sono d’accordo con te nel dire che si possa produrre arte su argomenti scientifici, e concordo anche con te sul fatto che sia fastidioso vedere compiere questa operazione senza un minimo di nozione di causa. Ma forse i numerosi e a volte grossolani errori sono un fenomeno dovuto al fatto che applicare il rigore scientifico a un’opera d’arte limita la libertà dell’artista: non è vero che il signor Montgolfier ha sconfitto le leggi della fisica, non lo credeva Vincenzo Monti, ma è bello dirlo (mentre è brutto rappresentare velociraptor alti 2 metri, se erano grandi poco più di un pavone! Che c’è di male a chiamarli Deinonychus??)

  4. avatar ad.6 ha detto:

    Eh, cosa c’è di male! Semplicemente che “velociraptor” è una parola perfetta per degli esseri immortali che ti devono inseguire e sbranare, mentre “deinonychus” lo è un po’ di meno :D! Arte!
    Per quanto riguarda l’utilità dell’arte, in verità è utile in più modi, non evidenti quanto quelli della scienza, casomai, ma anch’essi molto rilevanti: ce n’è un mare, tra i quali la stessa arte per l’arte, utile, oltre che a “se stessa”, anche a chi la fa. Poi, se ammetterete che la Matematica fa parte delle Scienze (giusto perché mi trovo), ci sarebbe da dire che è ricchissima di strade equivalenti e tutte diverse atte a rappresentare le stesse cose in maniere nuove e fantasiose. Ovviamente se un tizio riesce a dare 17 dimostrazioni del Teorema Fondamentale dell’Algebra, allora ci sarà qualcosa di personale in quel lavoro! Interessante, quindi, che alla Matematica venga apposto un valore estetico e, subliminalmente in modo quasi equivalente, un valore di inutilità: la seconda cosa falsa perché niente è inutile (ed in particolare la Matematica lo è un po’ meno di altre cose) e la prima cosa un po’ vera perché è bello ciò che piace, un po’ perché è una disciplina abbastanza gestaltica. Ma non c’entra più niente con il senso della vita del nostro Dr. Manhattan!
    Comunque adesso ho capito ed in effetti l’improbabile, l’impossibile e l’improponibile, diciamo, dovrebbero essere gestiti con maggior cura, soprattutto se si vuol dare una coerenza un poco più che ingenua alla propria opera! Chi sa se riuscirà mai a creare la vita! Queste sono cose che mi hanno sempre seccato!

  5. avatar Vobby ha detto:

    Popper non sarebbe d’accordo col definire la matematica una scienza (io si, in realtà, ma non so se saprei cavarmela in un dibattito col filosofo) ma a parte questo, anche come scienza essa è piuttosto particolare, perchè sta tutta nell’intelletto, a differenza di, ad esempio, ingegneria o chimica che si riferiscono sempre a degli oggetti precisi. Però no, secondo me non c’è granchè di personale nel trovare 17 modi diversi per dimostrare il teorema fondamentale dell’algebra: lui poteva essere l’unico uomo capace di farlo, perchè era più bravo\portato\capace di tutti gli altri, ma non perchè lo era diversamente. 2+2 farà 4 qualsiasi sia la mia cultura, la mia personalità, il mio umore, la mia epoca, mentre solo ed esclusivamente in un dato luogo e momento una certa persona è capace di produrre proprio quella opera d’arte.
    Sull’utilità: posso avere piacere a produrre o a fruire dell’arte, magari alcune opere possono spingere ad ad assumere determinati comportamenti, avendo un ruolo sociale, ma in ogni caso per via immediata l’arte si riferisce sempre al mondo interiore, non a quello materiale, diversamente dalla scienza che, come mi sembra pensiamo tutti, deve fondamentalmente servire. Ma forse sembra che io voglia screditare l’arte, tutt’altro: trovo bellissimo il fatto che esista un’attività umana così elevata e nobile da non essere subordinata a nessuna funzione, serva di nulla, prodotto puramente spirituale ed allo spirito destinata, voi no?

  6. avatar ad.6 ha detto:

    Capisco che tutto ciò non c’entra più nulla con il trattare con coscienza la scienza e la realtà nelle opere creative, col Dr. Manhattan e con la “natura umana”, ma…
    Da una parte direi che il linguaggio dell’uomo è in continua evoluzione e con esso, seguendo le fasi storiche, anche il suo modo di esprimersi negli ambiti più disparati. In questo caso la pittura, per esempio, dà l’idea di parlare con il linguaggio del suo tempo e la stessa cosa accade per la scienza, che non si limita a dire cos’è la realtà (cosa peraltro impossibile), ma semplicemente cerca di razionalizzarla secondo schemi umani. Questa cosa è molto chiara per la pittura, che ha un linguaggio palese e di facile interpretazione, meno chiara per “una” materia ostica e volutamente asettica come la scienza. Oggi sarebbe impossibile dimostrare dei teoremi come lo fece Gauss con il suo linguaggio per forza di cose non moderno e sarebbe assurdo cercare di trovare coerenza nei numeri naturali tramite assiomi come fece Peano: erano cose che, se vogliamo, solo quelle persone in quel tempo ed in quel luogo avrebbero potuto fare.
    Circa i risultati, la scienza non si limita solamente a questi, perché essa, come dicevo, è interpretazione e linguaggio: la meccanica quantistica ha una decina di formulazioni tutte totalmente diverse e tutte assolutamente equivalenti! Equivalenti nei risultati, ma creative, innovative ed esplicative ciascuna del proprio senso e significato della natura! Che “2 + 2 = 4” sia una cosa vera è “realtà” e pura convenzione di simboli, la sua definizione, la sua creazione, il suo significato, la sua dimostrazione, possiamo dire, questa è la scienza.
    Sull’utilità direi che la “purezza” dell’arte non sia una cosa passibile di generalizzazione. L’arte è iniziata perché utile (come i graffiti nelle grotte), è continuata perché imposta (le piramidi e le mura) e perché fonte di guadagno (gli artigiani e i fabbri). Le scuole di pittura erano scuole, per l’appunto, ed insegnavano mestieri a chi voleva apprendere; i mestieranti venivano poi chiamati, se erano bravi, da qualche nobile, da qualche re o da qualche papa e riuscivano anche a diventare famosi. Ovviamente gli artisti migliori e più originali riuscivano ad esprimere nelle proprie opere se stessi, la condizione propria e quella del loro tempo, ma quelle stesse opere erano in principio utili al loro sostentamento, poi utili a chi le commissionava e alle nazioni e alle religioni. La questione non va generalizzata, ma per i più (ed anche per molti dei più grandi) era proprio così. Ovviamente neanch’io scredito l’arte, ma la libertà è un vezzo (o un diritto) del mondo di oggi.
    Ultima cosa. A parte il fatto che se non vivessimo una vita “applicata” poco ci resterebbe da vivere, comunque resta il fatto che non so quanto sia pura l’arte, che è pur sempre fisica quanto il mangiare (pur coinvolgendo altri sensi), quanto sia libera, essendo da sempre serva se non del potere almeno dell’ego e del principio di auto-affermazione dell’artista stesso, quanto sia “prodotto spirituale” (da definirsi), visto che esistono opere maggiormente slegate dalla materia e più protratte verso l’azione e l’altro o quanto sia destinata allo spirito, anche se ormai, ora come ora, su questo ci si potrebbe anche mettere d’accordo.

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