20 Novembre 1820, Pacifico

postato il 24 Apr 2012 in Cazzi e mazzi personali
da Vobby

Respiro.
Piccole gocce mi piovono sul capo, sospinte da un vento leggero.
Trascorrono i minuti.
Respiro.
Onde basse si infrangono sul mio dorso. La schiuma scivola fra le rughe della mia coda, fra le numerose cicatrici della mia fronte.
Respiro.
Una debole corrente mi carezza il ventre, l’acqua è tiepida.
La corrente potrebbe essere impetuosa e l’acqua potrebbe essere gelata.
E io me ne accorgerei appena.
Mi sveglio, respiro.
I battiti dei miei simili hanno turbato il mio riposo, il desiderio d’incontrare una femmina è irresistibile.
Anche alla mia età.
Nuotando in queste calde acque ho sentito diversi gruppi in movimento. Gruppi di giovani maschi, la forza della mia voce li ha fatti allontanare.
Sono irrequieto.
So che manca poco al momento di combattere.
Come decine di altre volte, mi preparo a sentire sulle mie zanne la carne dei miei rivali, a macchiare il mare del loro sangue.
Ho smesso da anni di ricordare la mia ultima sconfitta. E’ passato così tanto tempo, che oramai mi chiedo se sia mai avvenuta.
Respiro.
Non ha importanza: non perderò mai più.
Nessuno è più grande di me, nessuno è più forte di me.
Sento gli schiocchi di una voce maschile. La furia monta nel mio petto alla sola idea che un maschio non si sia allontanato, sentendo martellare il mio ruggito!
Ma va bene così. Non è giovane, è piccolo. La sua voce mi porterà dal gruppo di femmine.
Respiro.
Il vento si fa più forte in questa calda mattinata.
Sono affamato.
Le femmine sono ancora lontane, e nessuno le raggiungerà prima di me. E’ tempo di andare a caccia.
Respiro. Respiro. Inspiro.
Sbatto la coda sulla superficie e mi tuffo nel profondo.
Precipito.
Passano i minuti.
La luce si fa lontana.
Passano i minuti.
Sono immerso nella profondità delle tenebre. Smetto di vedere e comincio a sentire.
Schiocco.
Schiocco.
Odo il suono della mia stessa voce, che ritorna per raccontarmi ciò che ha incontrato.
Immense scogliere, indescrivibili canyon e colossali montagne.
Il mio regno. I suoi abitanti, le mie prede.
Vibro codate poderose e allargo le pinne nell’insostenibile peso del buio.
Posso andare molto più in basso.
Paralizzati dalla mia mera presenza, aggredisco i banchi di molluschi.
Ne divoro a decine.
Potrebbero essere centinaia, e comunque faticherebbero a saziare la mia fame.
Il mio immenso appetito.
Le femmine.
Altri appetiti mi dicono che non vorrò immergermi di nuovo.
E’ passata un’ora.
Potrebbero essere due.
Accelero, cercando pasti più sostanziosi.
Schiocco.
Schiocco.

Schiocco.
Lo sento.
Mi sente.
Fra gli anfratti rocciosi cerca di nascondere la sua colossale figura.
Sono l’unica creatura che è costretto a temere.
E ha ragione di farlo.
La mia venuta interrompe d’un tratto la sua dominazione in questi abissi.
Mio timido vassallo, affrontami.
Questi miseri sassolini non possono che graffiarmi.
Spalanco le terribili fauci e gli sono addosso.
Divello il suo nascondiglio e affondo le zanne nella sua molle carne.
Si avvinghia sulla mia testa.
Con il becco e gli artigli apre ferite sulla mia pelle.
Come se ormai ci facessi caso.
Non può resistere, lo ingoio che ancora si dibatte.
Lo schiaccio nella mia gola.
La sazietà, l’ennesima vittoria.
Schiocco, mi oriento.
Ascendo.

Passano i minuti.
Ascendo.
Zittisco, mentre i miei occhi tornano a vedere.
Emergo.
Soffio, inspiro: respiro.
La luce torna a riflettersi sulla mia bianca maestà.
Respiro.
Respiro.
Sazio, respiro.
L’altro appetito. Mi muovo nella direzione delle voci femminili.
Mi aspettano con ansia.
Passano le ore.

Respiro.
Avvisto il branco, il branco mi vede.
Avendo sentito del mio arrivo, nessun altro maschio ha provato ad avvicinarsi.
I piccoli dovranno imparare a temermi, ma per ora lascio che mi osservino incuriositi.
Le signore si lasciano avvicinare.
Ce n’è per tutte.

Non siamo soli.
Le orche non oserebbero attaccare ME.
Libero il più forte dei miei ruggiti, tale da atterrire i più giovani e stordire le madri.
La creatura sembra ignorare la mia voce.
Non posso crederci.
Nessuno è più grande di me.
Tranne la creatura.
Quest’essere mi oltraggia. Era da mezzo secolo che non avevo paura.
Mi avvicino con circospezione, fendendo il branco cerco di mostrare tranquillità.
La mia presenza. Tranquillizza tutti i presenti.
Ma non impaurisce la creatura.
L’abominevole essere scivola sull’acqua, poggiandosi su di essa come farebbe un albatro.
Sembra privo di peso, ma la sua massa è sconfinata. I fianchi solidi, bruni, mentre dal dorso, che non riesco a vedere, si spalancano ali gigantesche.
Mi provoca con un insopportabile brusio, mentre continua a ignorare la mia voce.
Dalla creatura si separano, come partorite, creature di dimensioni minori.
A loro volta, ignorano la mia voce. Una di loro mi si avvicina.
CHI SEI!?
Un’altra delle creaturine ha già raggiunto uno dei piccoli, che con naturalezza si era lasciato avvicinare.
Prima ancora che arrivino a toccarsi, vedo sgorgare il sangue.
Dal cielo becchi d’aquila più duri della roccia si conficcano nella mia schiena.
Le femmine sono sconvolte.
E’ più grande di me.
E’ più grande di me.
La madre del piccolo colpito emette un cupo lamento, e già sanguina a sua volta.
NESSUNO E’ PIU’ FORTE DI ME!
Mi precipito furiosamente sull’essere che ho di fronte. La mia testa sfonda le sue costole, i miei denti cercano di masticare questa durezza sconosciuta. Non sembra riuscire a reagire.
Nessuno è più forte di me!
Dal basso, mi scaglio sulla seconda piccola creatura. La forza della mia coda la riduce a brandelli.
Il mare si riempie di piccole e rumorose bestie che non so da dove siano venute.
Non importa.
Ho dominato troppe volte l’ombra dell’abisso per ritirarmi di fronte a questo coriaceo e immane sconosciuto.
Perché nessuno è più forte di me.
Oppongo morsi, colpi di testa e di coda alle spine che continuano a trafiggermi.
Temo per la mia vita.
Al mondo non sembra esserci nulla, se non il fragore della battaglia.


Respiro.
Sanguino.
Vittorioso, vivo.
Il mostro che affonda mi lascia nuove cicatrici.
La promessa di nuove battaglie.
Prevarrò.
Perché io sono Cachau il Grande Dente e sarò per sempre il re del mare!

Freeronin deve combattere

postato il 3 Mar 2012 in Cazzi e mazzi personali
da Vobby

Il titolo del post dice tutto. Ho semplicemente deciso di dare rilevanza pubblica a una vecchia disputa riguardante me e la mia amica. Siamo tutti d’accordo sul fatto che sia velocissima, alteticissima, che il suo personaggio in un certo senso, ormai, richieda che lei continui a correre. Eppure io, che con lei ci ho lottato tante volte, credo di conoscere perfino meglio di lei il suo potenziale e so che deve combattere. E’ compito di ogni essere umano arrivare fino al limite delle proprie possibilità ma lei, nonostante la sua acuta intelligenza, persiste in un atteggiamento di ottusa ostinazione che le impedisce anche solo di provare ad allargare i suoi orizzonti sportivi. In questo momento ho addosso i lividi che mi sono stati inflitti da una piccoletta, in palestra, qualche ora fa. Nei suoi occhi, nella sua concentrata, sofferta ma combattiva espressione ho visto chiaramente Freeronin (notando questa cosa mi sono distratto, venendo ulteriormente percosso).
So, lo sappiamo tutti, che lei picchierebbe molto più forte di chiunque altra. Perciò visto che da solo non ci riesco, smuoviamola insieme, e incitiamola tutti! Freeronin, combatti!

Un tremito nella forza.

postato il 28 Feb 2012 in Main thread
da Deluded Wiseman

Quando questo argomento fu proposto, in quella discarica tossica che sono le nostre menti si accese una lucina. Anzi, si può dire, esagerando in cinismo, ma poi neanche tanto, che qui si tratta di uno di quei vocaboli appartenenti alla ristretta cerchia di parole che, morte ormai le ideologie, le passioni, le speranze e quant’altro, è capace di accendere una lucina, anzi, un autentico fuoco di segnalazione nella pigra tenebra delle nostre menti. E quello che illumina, il suddetto fuocherellone, è un numero sinceramente indecoroso di ore passate con la testa immersa, in guisa di struzzo, in un universo che i più stolti direbbero futuristico, ma che i veri credenti sanno essere più antico delle stuppolaggini studiate al liceo.

“Farò un post su Star Wars.” Tagliamo corto, ecco quello che tutti abbiamo pensato. Avevamo già qualche ideuzza in mente. Almeno, quelli che non hanno dovuto spegnere lo schermo e andare fuori a prendere una boccata d’aria e schiarirsi le idee. Che cazzo sono i Midichlorian? Che bisogno ce n’era? Il panzone si è reso conto o no che è come far saltare fuori che la santità dipende dal quantitativo di Gesùene nel sangue? Basta, basta.

Bè, comunque è durato poco. “E’ ammesso un solo post su Star Wars.” Ecco quello che, invece, pensava Vobby. Un po’ come con quell’ultimo panzarotto sul vassoio che nessuno si azzarda a toccare per decenza, chè va bene 13 panzarotti, ma 14 veramente è un’esagerazione, certa gente non si sa dare un limite, guarda, nessuno si è più azzardato ad avvicinarsi al post su Star Wars. Insomma, se voleva farlo X poi mi dispiace, e se Y aveva in mente il miglior post su Star Wars della storia? Perché mettersi lì a fare un post sulle abitudini igieniche degli Ewok o azzardare teorie sulla traspirazione nelle armature degli Stormtrooper quando magari qualcun altro era pronto a spiegarci la verità sui Midichlorian?

Scusate, devo prendere una boccata d’aria.

Anche io, quando oggi mi sono seduto davanti al pc, totalmente privo di idee, per cercare di recuperare questa occasione di postare sprecata, non volevo fare un post su Star Wars. E non voglio farlo neanche ora. Forse il motivo dell’assenza di un post su Luke e compagni, non è da ricercarsi nella questione di galanteria da me previamente descritta, e comunemente nota come “o’muorzo r’a vergogna”, ma nel fatto che un post su SW è dannatamente difficile. Non voglio esagerare, chi mi conosce sa che sono, sì, un azzeccato, ma non dei peggiori; però fare un post sull’esalogia più celebre della fantascienza è un po’ come fare i conti con una parte della propria infanzia/adolescenza, con una porzione non trascurabile dell’immaginario pop mondiale o, volendo attenerci alla lettera dell’argomento, con quella che probabilmente è la cosa più simile alla religione fra i miliardi di minchiate nelle quali fluttuano i vostri neuroni. Proprio qualche giorno fa sentivo una ragazzina inglese di 14-15 anni scherzare dicendo di usare la Forza all’amica che tentava vanamente di recuperare una pallina da ping-pong sotto finita sotto un tavolo. Insomma, quante cose vi accomunano ad una ragazzina inglese di 15 anni, e, contemporaneamente, ad un esercito di ciccioni sociopatici,  di insospettabili ed affermati padri di famiglia e lavoratori con la spada laser nel ripostiglio, di bambinelli che si vedono uscire “cucchiai laser” dai cereali?*  E poi bisogna fare i conti con i Midichlorian. O, più in generale, con tutti i difetti e le debolezze che volete trascurare perchè i grandi amori vanno oltre certe piccolezze, ma che non potete davvero ignorare se iniziate a trattare con un minimo di serietà l’argomento. Sicchè, ripeto, questo non è un post su SW. Allo stesso tempo, non può non esserlo almeno in parte. Si dà il caso che, proprio sotto al mio monitor, faccia bella mostra di se un DVD di “Star Wars Ep. IV- Una Nuova Speranza”, edizione limitata in digitale e “video superiore”(sic). Come il Millennium Falcon verso quella strana luna, il mio sguardo viene ineluttabilmente astratto verso la copertina.

 

Quella specie di Nino D’Angelo che, dismessi jeans e maglietta in favore di una meravigliosa tuta da pseudo-karateka campeggia in primo piano con sguardo vispo e sveglio. Sì, proprio lo sguardo da Prescelto che porterà equilibrio nella Forza. La principessa Leia, che impugna un fucile laser, ma pare che stia cercando di fare benzina al self-service con scarso successo. Padre Pio che compare, più santinoso che mai, alla destra di Indiana Jones. Sì, Obi-Wan da Pietrelcina, proprio il viso che io, e non sto scherzando, per tutta l’infanzia ho associato a Dio nelle mie preghierine. Dietro questo ameno gruppetto, la prova vivente di quanto Qui-gon Jinn sia un pesce sopravvalutato stringe nelle mani l’arma più fica della storia della sci-fi, seppur in un’incarnazione ancora un po’ pezzente, del tipo che a guardar bene la versione giocattolo che mio padre di portò in dono dalla terra dei cheeseburger, ormai più di dieci anni orsono, è molto più realistica e accurata.

Eeeh, insomma, forse in questa copertina, epica e un po’ ingenua, maestosa ma un po’ arrangiata, i motivi per cui impossibile fare un vero post su questo film o sul background mistico dei suoi personaggi, per me è impossibile è.  Boh. Magari se me li rivedo tutti per la ventesima volta mi viene in mente qualcsosa di figo, vassapè.

*http://kelloggsmaniac.blogspot.com/2012/01/cucchiaio-laser-di-star-wars-in-regalo.html

 

Una forza insolita

postato il 8 Feb 2012 in Main thread
da Azazello

La forza di decidere, tanto per cominciare. Con cui intendiamo, naturalmente, non solo la capacità di costringere se stessi a scegliere tra diverse possibilità, quanto la forza materiale di supportare questa scelta e quella psicologica di rivendicarla con orgoglio – perché una scelta che non possiamo giustificare innanzi tutto a noi stessi sarà sempre una scelta sbagliata, indipendentemente dalle alternative tra cui l’abbiamo selezionata.

Poi la forza di accettare. Accettare la realtà per come è, senza lasciarci influenzare dalla sbiadita immagine di un sé ideale, ma soprattutto liberi dalla paura di non poter dimostrare a noi o agli altri la realtà di cui abbiamo preso atto. Un’accettazione attiva, che non sia mossa dalla disperazione per l’insuperabilità di un’inadeguatezza, ma dalla propulsione a edificare su una solida base di oggettività e consapevolezza un futuro che sia vivibile con serenità, un futuro accogliente.

Quindi, la forza di ammettere. Non un’ammissione sociale, ma formativa, che corrisponda al superamento della barriera opposta da pigrizia e modestia all’accettazione di noi stessi. Un’ammissione universale, ma anche specifica in ogni suo aspetto, che sia proiezione nel mondo della coscienza di sé e solo incidentalmente pubblicità per un pubblico poco introspettivo.

A questo punto, la forza di agire. Il vero e proprio superamento dell’inerzia, distruzione della cappa di stasi che si mostra tanto più placida e rassicurante quanto più deve nascondere i nodi con cui lega ogni cosa in una fermezza assoluta. Capacità, quindi, di superare l’illusione di stabilità continuamente presentata dallo status quo; di discriminare il futuro, ignoto perché ancora privo di definizione e limiti, dal prossimo presente, ignoto per ignoranza o per il rifiuto di accettarlo, e di scegliere il primo con forza, apprezzandone l’incertezza con il proposito di direzionarne lo svolgimento qualora necessario, senza il vincolo della pigrizia e dell’insicurezza.

Infine, la forza di essere. Perché non è facile costruire un futuro che sia soddisfacente o un sé che sia comodo, ma più che mai è difficile essere ciò che si è, al di là del tempo e dell’umanità. E senza essere, come si fa a diventare?

La forza di tornare indietro

postato il 3 Feb 2012 in Main thread
da ad.6

La forza. Anzi, la forza! Vi siete mai chiesti quanta forza ci voglia per scrivere un post? O, ancora, vi siete mai chiesti quanta forza ci voglia per non scrivere un post pur volendolo fare a (quasi) ogni costo? Ebbene, questo è ciò che principalmente mi muove o mi lascia fermo ogni mese, nel conflitto delle priorità della vita. Ma mi (ci) muove anche l’egoismo e tralascio i vari commenti più o meno scontati sul tema. Ho in effetti pensato a me e più volte mi sono avvicinato allo scrivere, al prendere appunti, mi sono avvicinato all’avvicinarmi. Il tempo forse l’avrei trovato, ma non il coraggio, non la forza di abbandonare tutto (anche il relax) per scrivere un post. La cosa può anche essere vista come responsabilità, va! Questo mi dà un conforto discreto, quando non del tutto soddisfacente.
Ok, la cosa che non mi piace dei libri è che non sono a prova di spoiler, mi spiego: non parlo del fatto che si possano leggere le pagine finali o sciocchezze del genere, ma parlo dell’inevitabile coscienza che la fine sta arrivando, cosa per cui sai che non ci sarà spazio per altro, che non accadrà più niente di tanto notevole. Il che è un fastidioso per quanto leggero spoiler. Tutto ciò è nato per la semplice considerazione che questo mio post sulla forza, che è anche un post introduttivo per l’argomento del mese, è breve e sta in una sola schermata. Ciò, assieme alla visione che da qui avete della fine del post, vi induce giustamente a pensare che ben poche cose sensate verranno dette. E, soprattutto, ben poche cose e basta. (A proposito di forza, questo sproloquio su spoiler&Co sembra tanto una forzatura, quanto la stessa “forzatura” lo è per il termine “forza”! Su qualcosa del genere sarebbe potuto uscire un buon post sulla forza).
Eh, “sarebbe potuto”! Ma allora, miei ottimi, visto il di cui sopra egoismo, vista la quantità di argomenti passati, vista la quantità di argomenti mancati (!), visto che mi era anche passato per la mente di usare la forza per fare una “scelta coraggiosa” parlando di tutt’altro, sarebbe bello se l’argomento di questo mese fosse il recupero di argomenti passati. Semplicemente lo scrivere un post su qualche argomento su cui avevate qualcosa da dire e non l’avete fatto. Chiaramente il mio argomento capita di febbraio, che è il mese della morte universitaria finale, ma il mio potere solo una volta ogni morte di papa ce l’ho. Quindi che sia!

Apologia della pigrizia

postato il 1 Feb 2012 in Main thread
da Cerbs

Io penso che la forza sia decisamente sopravvalutata. C’è troppa concitazione nell’esaltare una qualità che con eccessiva facilità viene offuscata da altre doti ben più rimarchevoli: per dimostrare ciò voglio che prendiate visione del seguente video.

Wimpy the Moocher

Ora, analizziamo con freddezza la situazione. Mi sembra evidente che il premio di personaggio più fico vada a Poldo, il quale dimostra un’astuzia comparabile a quella del servus callidus plautino; e tutto ciò a discapito di Braccio di Ferro, elemento a dir poco irrilevante in questa epica avventura che perde quindi l’occasione per esibirsi in tutta la sua fanfarona vanagloria, relegando dunque la sua forza nei confini dell’insignificanza, ad essa sicuramente più consoni.
Signori, per guadagnarsi un bell’hamburger non sono necessari muscoli d’acciaio: una buona verve di cazzimma e un pacioso atteggiamento di menefreghismo possono facilmente supplire alla funzione, ancorchè corredati da un tondo cocomero per pancia e da un buffo cappellino.

L’esperienza della forza

postato il 28 Gen 2012 in Main thread
da freeronin

Chissà cosa vuol dire sollevare un bilanciere di 472,5 kg; penso non si possa dire che in proporzione l’abbiamo provato, perché in casi del genere la proporzione salta: non si tratta solo di avere un’enorme potenza, ma anche di saperla utilizzare proprio tutta in quel momento e in quel gesto. È un’esperienza che solo una persona ha vissuto, e che, anche per lei, è per lo più irripetibile. Immagino si tratti di momenti in cui la concentrazione e la fatica lasciano un segno indelebile, pur collocandosi in un universo assolutamente distante da quello della vita di tutti i giorni: la pedana, le divise, la solennità delle procedure di gara, il pubblico, i giudici…
Usare la forza ci cambia, quando diamo fondo alle nostre capacità fisiche sembra di capire qualcosa in più di noi stessi: c’è stato un tempo in cui vivere era camminare per lunghe ore, correre, superare gli ostacoli, tirare la lancia, portare a casa la preda… ma adesso non sappiamo più che cosa significhi. Quando si comincia a vedere il limite delle proprie energie si ritrova un frammento di questa sensazione, una minima parte di quello che doveva essere la lotta per la sopravvivenza: il pugile che viene messo a tappeto non rischia davvero la vita con quell’incontro, ma intanto ha imparato a non dare per scontata l’integrità del proprio naso.
È incredibile quanto tutte queste sensazioni ci siano lontane. Adesso per noi il nostro proprio corpo è un mistero, non sappiamo precisamente fino a che punto ci possiamo fare affidamento, non abbiamo quasi mai provato a vederne i limiti.
I campioni, quelli che sanno guardare in faccia la fatica e vincerla tutti i giorni, probabilmente sanno molte cose che non sappiamo, e le nascondono dietro più o meno timidi sorrisi alla stampa. Ma anche, senza tante pretese, le vecchiette calabresi che fino a cinquant’anni fa camminavano 40 km per portare il pesce al paese. Certo, tutti abbiamo visto Phelps fare il record del mondo, ma non sappiamo, e probabilmente non sapremo mai, cosa lui abbia visto mentre il fiato gli terminava e doveva ricacciare comunque la testa in acqua. Nonostante avesse potuto disporre di un allenatore competente e di un intero staff di scienziati e di tecnici, era l’unico ad essersi mai davvero trovato in quella situazione. Sarà stato molto solo, non gli sarà rimasto che dialogare con le proprie fibre muscolari, trovarle stanche e convincerle a continuare a spingere, chissà come. Le avrà sentite dolere e avrà sopportato il dolore, avrà accettato il dolore e l’avrà affrontato continuando a esprimere forza, come se il dolore fosse ormai parte di lui.
Ed era forza gratuita, perché nessun bisogno vitale lo spingeva, pura e gratuita espressione di forza, che ci dimostra che parte di noi stessi ha ancora bisogno di quell’esperienza.

Zanne e artigli

postato il 2 Gen 2012 in Main thread
da Vobby

Il motivo per cui trovo deprecabile gran parte delle specie animali attualmente in vita è, in fondo, che sono un essere umano. Capita, quando si appartiene alla specie dominante, di chiamare “animali” tutte le altre specie e “natura” tutto ciò che non appartiene alla nostra civiltà. Lo spettacolo degli animali che popolano la natura dovrebbe affascinarmi e interessarmi in quanto altro da me.
E invece? Io, che appartengo alla specie che ha fatto dell’intelligenza e dell’articolazione sociale la chiave del proprio successo, piuttosto che godermi un divertente e sanguinario spettacolo di belve feroci che si squartano a vicenda di continuo, non posso fare a meno di scorgere nel mondo animale qualcosa che cerca di assomigliarmi. Il problema è questo: l’uomo è solo il più intelligente e sociale di tutti gli altri animali, il primo ad aver raggiunto il livello di intelligenza e socialità tale da potersi lasciare alle spalle cose come pelliccia e artigli. Non è emerso, purtroppo, come unico animale intelligente e sociale in un mondo di mostri sanguinari. Se così fosse stato, lo spettacolo offertoci dalla natura sarebbe molto più divertente. Invece, è come guardare il proprio sbiadito riflesso.
Per questo, a differenza degli animali odierni, i dinosauri meritano il mio amore più profondo e la mia stima più assoluta.
Il tirannosauro non era come il leone odierno, che vive circondato dei suoi simili, con i quali divide il lavoro, si scambia tenere leccatine e organizza tecniche di caccia. Macchè. Il superpredatore antico si era meritato la vetta della piramide alimentare aggiungendo zanne su zanne e tonnellate su tonnellate nel corso della sua evoluzione. Non versi espressivi, cortecce cerebrali sviluppate e annusamenti di culo vicendevoli, come fanno quei rammolliti dei predatori odierni.
Il predatore si riflette sulle prede: se si devono fronteggiare morsi in grado di asportare quintali di carne, bisogna difendersi ammassando muscoli, corna e corazze. Vogliamo mettere a confronto il triceratopo con il rinoceronte? E l’anchilosauro con cosa, il pangolino? Siamo seri, i mammiferi sono scarsi. Tentavi falliti di diventare homo sapiens, nulla più. La natura odierna delude, perchè per cercare il genio e la società conviene volgere lo sguardo verso noi stessi, mentre per la violenza, bè, è sufficiente dedicare uno sguardo fugace al mesozoico, e otterremmo lo spettacolo più soddisfacente possiibile.
Oppure, forse, no. Forse, dopotutto, i dinosauri ci sembrano tanto interessanti anche perchè ci dicono qualcosa di noi stessi.
Perchè esattamente come, pur essendoci liberati della pelliccia, abbiamo conservato il bisogno di coprirci dal freddo, se pure abbiamo perso gli artigli, siamo ancora in grado di ferire e uccidere.
Qualcosa nella nostra socializzazione ha fatto nascere il dominio, che ha asservito le intelligenze alla sua conservazione. Abbiamo usato il carbone per la polvere da sparo prima che per l’industria civile, l’acciaio prima per la spada che per la solidità delle nostre abitazioni.
La mia idea è che sia successo qualcosa di molto sbagliato agli albori della civiltà.
Ma quali che ne siano le cause, esse ormai non sono importanti; nei rapporti individuali e sociali, come in quelli politici e internazionali, la maggior parte delle volte è esattamente come per il tirannosauro e il triceratopo, che sapevano bene di doversi contendere la sopravvivenza in un furioso corpo a corpo: è una questione di forza.
Ebbene, visto che essa esiste ed è così centrale nel nostro mondo, tanto vale parlarne. Sia la Forza l’argomento del mese.
Tollererò, malvolentieri, non più di un post inerente Star wars.

 

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