Autore: Deluded Wiseman


Biografia

Deluded Wiseman nasce a Napoli nel1992 d.C, arrecando immensa felicità e giubilo ai suoi onesti genitori. Sfortunatamente, per fuggire alla mafia russa, alle calcagna del padre di DW per un affare di spaccio di coriandoli di ghisa, la famiglia Wiseman(?) è costretta a trasferirsi in un degradato ghetto, situato dove nessun uomo è mai giunto prima, chiamato "Villaggio Coppola". Qui, nonostante l'affetto dei suoi familiari e dei suoi amici(leggi "del suo vicino di casa e di un altro paio di derelitti"), DW conduce una vita difficile e violenta, imparando presto la cruda arte della sopravvivenza nelle strade di Villaggio Coppola. Poco tempo dopo, grazie ai cd della madre, conosce i Led Zeppelin, che, malauguratamente, si riufiuteranno di portarlo con sè in tournè. Il rifiuto segnerà la mente del povero DW, provocandogli una violenta ed astiosa passione per il ruochenruol. Forgiato nel fuoco di mille battaglie, e guadagnatosi il rispetto delle gang della zona villaggiocoppolana (in particolare pescando telline e imparando ad andare in bici senza rotelle), DW, all'eta di anni 6, si trasferisce nella metropoli partenopea. Qui incontra una serie di loschi individui, dei quali è meglio non fare nomi, e che, nei modi più tragici, faranno parte a lungo della sua esistenza. Diviso fra una carriera di rispettabile studente e la tossicodipendenza da fumetti(alla quale si aggiungerà quella da carte magic, per fortuna presto debellata), DW si trascina stancamente fino all'estate dei suoi 13 anni, estate in cui scoprirà, in una settimana di fuoco, l'esistenza delle ragazze(quelle vere, non quelle dei video, di cui era già un medio conoscitore) e dell'heavy metal, nella figura degli AironMeiden. Il nostro comprese subito quale delle due cose lo avrebbe abbandonato e lo avrebbe fatto soffrire, e quale, invece, gli sarebbe stata sempre affianco, notando, con dispiacere, come quest'ultima fosse proprio la cosa con meno seni. Ad ogni modo, DW giunge al liceo, dove per un pò(due anni) vaga in preda allo sconforto, in compagnia di altri, nuovi, derelitti, iniziando, per depressione, a suonare la chitarra, come palliativo per un'attività masturbatoria che ormai non è più così giovane da praticare. In primo liceo conosce un fottio di persone orrende e poco interessanti, alle quali rimane, però, legato, visto che l'incontro con loro si accompagna a quello con l'alcol e i bobz. I successivi due anni trascorrono segnati da spensieratezza e gaiezza, nonchè dalla sorpendente scoperta che il sesso esiste anche fuori dal pc. Unica nota negativa, i continui attacchi di diabete provocatigli da un'eccessivamente melassosa relazione con una bagascia conosciuta in una locanda ad ore. Nell estate del 2010, dopo aver brillantemente superato i Salami di Stato, non senza l'aiuto di truffe di varia natura, intraprende un viaggio d'affari a Parigi. Lì, sfortunatamente, muore per un overdose di birra e KFC. Esalato l'ultimo respiro, viene assunto(a tempo determinato) in cielo. Ributtato giù dopo 3 giorni(da ciò l'abitudine dei tamarri per starda a chiamarlo Gesù), in preda allo shock per l'esperienza, decide di iscriversi al girone giurisprudenziale dell' univeristà di napoli, dove ancora oggi caracolla mestamente


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Philadelphia-L.A., sola andata.

postato il 9 Dic 2012 in Main thread
da Deluded Wiseman

 

 

 

Non ho mai avuto una vita “normale”. La mia vita è sempre stata dura, sporca, violenta e immorale. Ma almeno era la mia, e il diavolo sa se volevo che finisse a gambe all’aria, capovolta per sempre.

Sono cresciuto a West Philadelphia, nei sobborghi. Allora non ce ne fregava molto di studiare o lavorare per fuggire di lì, non avevamo idea dello schifo a cui andavamo incontro. Così passavo le mie giornate a bighellonare per strada, giocando con la palla. Qualche sera, se riuscivamo a non farci vedere, ci intrufolavamo nel cinema a vedere qualche pulp o qualche poliziesco. Dev’essere così che mi è venuta voglia di entrare in polizia… avessi saputo lo schifo che mi aspettava, avessi saputo che non sarebbe stato come nei film con Bogart, forse ci avrei pensato due volte.

Ma non si può dire che io non abbia fatto il mio sporco lavoro, diamine, questo no. Anzi, forse l’ho fatto anche troppo, a giudicare da com’è andata a finire la mia ultima indagine.

Inizia come tutte le notti, con un whisky e una paglia a casa, ascoltando la radio. Poi giù, via. Stavolta è al campetto da basket, quello fra la 15esima e Madison. Arrivo di soppiatto, e mi trovo davanti quello che aspettavo: la banda di Soapy ha un appuntamento importante, e io lo sapevo: le informazioni nelle bettole costano alcol e sangue, ma sono affidabili, e io so procurarmele.

E’ un incontro discreto: da lontano vedo solo Soapy, un paio di sgherri, e altri tre uomini che mi danno le spalle. So che si vedono qui perché è territorio neutrale per tutte le gang, ma non so chi siano gli altri. E continuo a non saperlo: avvicinandomi mi sono buttato dietro un cassonetto, e non vedo un beneamato. Però sento. Sento che si accordano per qualcosa di grosso: una partita di droga dal Medio-Oriente, pronta a inzozzare le strade per benevola interecessione di qualche testa di cazzo dell’esercito che ha ben pensando di arrotondare spacciando roba dall’Afghanistan. Vendendo questa roba quei segaioli di Soapy e dei suoi faranno un bel salto di qualità. Complimenti. Cerco di capire luogo ed ora, voglio essere lì ad aspettarli con qualche amico. Quello che invece non mi aspettavo, è una botta fortissima giusto dietro la nuca.

E’ quello che ricevo.

Forse sono stato un coglione a non immaginare che ci fosse qualcuno che controllava la zona, o forse no. Non ho il tempo di chiedermelo: ho giusto il tempo di vedere il bestione nero che mi ha offerto il primo giro, e poi me ne regala un altro dritto sul muso mentre chiama gli altri, e io smetto di vedere e capire. Sento solo l’asfalto ruvido e sozzo grattarmi la faccia, e rumore di pistole e coltelli sguainati. Urlano, mi vogliono fare secco. Cerco di rialzarmi, ma ricevo un calcio in pancia. Sputo sangue sul trench e sulle scarpe. Poi sento una voce, dice che ci devono andare piano, dice di darmi una lezione ma di non farmi tirare le cuoia, perché hanno bisogno di discrezione. Dev’essere l’altro stronzo, lo sconosciuto che ancora non riesco a vedere, e mi ha appena salvato la vita. Non mi salva dalla lezione: mi pestano di brutto per venti minuti, credo mi minaccino di mandarmi al Creatore, ma io ormai sono per metà da Belzebù, e neanche capisco quello che dicono. Alla fine qualcuno mi solleva sopra la testa, mi fa fare un paio di giri in aria e mi lancia contro il cassonetto. Urlano qualche altra cosa e se ne vanno, lasciandomi lì, ricoperto di sangue e sputi.

Non le ho mai prese così, mai.

“William, hai tirato troppo la corda”, mi dice il commissario qualche ora dopo “Alla prossima cazzata che fai, qualcuno ti ammazza. Vattene. Cambia città, ti possiamo trovare un posto. Ricomincia.” E se io fuggo con la coda fra le gambe, chi lo finisce il fottuto lavoro, qui? Forse lui o quei damerini culi lardosi della procura/qualche? Glielo dico, ma lui mi ignora. “Da cadavere non servirai per un cazzo. Non fare lo stronzo: c’è un distretto a Los Angeles, hanno bisogno di uomini. Aspettano solo te”. A quel punto, mi insospettisco, e iniziano a girarmi. So bene che chi fa onestamente il suo mestiere in polizia non va a genio molti politici con le mani immerse nel miele fino ai gemelli d’oro. Gli faccio: “Ma che premuroso. Non è che invece ho rotto le palle una volta di troppo a qualche alto papavero degli amici tuoi? Che mi dici, caro il mio commissario in carriera del cazzo?.”

Forse ho centrato il bersaglio. O forse gli ho dato del corrotto ingiustamente. Comunque sia, mi guarda male e mi dice di avere rispetto per chi vuole il mio bene, di levarmi dai coglioni prima che cambi idea e smetta di cercare di salvarmi la pelle, puttanate del genere. Dice che non ho scelta, che se non vado via mi sbatte a dirigere il traffico fin quando qualche sgherro non mi trova e non mi fa fuori sul posto. Francamente non lo ascolto. Probabilmente lui non c’entra niente, lo conosco da vent’anni e in fondo è un poliziotto onesto. Però sa, e ormai l’ho capito anche io, che questa volta ho pesato i piedi al figlio di puttana sbagliato, e rischio di compromettere, oltre al mio culo, anche il mio lavoro. Meglio non insistere.

Accendo la paglia, e capisco che è meglio sgommare.

Non lascio molto, qui a Philadelphia . Parenti non ne ho, e con gli amici di un tempo ho perso i contatti.  Con quelli che non si è portati via l’alcol, la droga, la mafia o il glorioso esercito degli Stati Uniti d’America, intendo. Al lavoro, non sono mai andato a genio a molti. Poco male,neanche loro andavano a genio a me. Un’ultima sbronza con i derelitti da  Franky’s, e sono pronto. Non saluto Charlene ,e probabilmente è meglio così anche per lei. In fondo, per me il lavoro era tutto, e se a Philadelphia per me non ce n’è più, tanto vale andare, e arrivederci a questa fogna senza troppi rimpianti. Non sono un sentimentale. Forse s’era capito.

Il problema è che io nella fogna ci sguazzavo a meraviglia. Sono nato lì, cresciuto lì, è lì che ho preso i primi pugni sul muso, ed è in quei vicoli che ho imparato a rispondere a ginocchiate nelle palle. Philadelphia, almeno la mia Philadelphia, è un posto di merda, chiariamo. Lurido, violento, insensibile. Ma non ha pretese di essere meglio di quanto non sia. Ed io sono fatto per lei, almeno quanto lei è fatta per me. Neanche io sono un tipino raccomandabile, ma non mi sono mai creduto diverso. Los Angeles, invece, è bugiarda. In mezzo ai lustrini, alle luci e alle feste, strisciano il crimine e la corruzione in tutte le loro forme. Con crimine e corruzione ci so fare, con i lustrini e le feste no. Odio gli ipocriti, e LA è probabilmente la città più ipocrita del mondo. Ci sono film di Hollywood molto più veri di Los Angeles.

Salgo in aereo e realizzo che, non so perché, ma mi hanno messo in prima classe. Facce belle, abbronzate e vuote; credo sia un’anteprima di quello che mi aspetta. Mi servono aranciata in bicchieri di cristallo, chiedo all’hostess se  posso avere un po’ di whisky in bicchiere di plastica, e le rido in faccia quando per un bicchiere mi chiede il prezzo di due bottiglie della riserva di Franky. Sarà orribile.

Uscito dall’aereoporto chiamo un taxi, e mi avvio sotto il dannatissimo sole della California verso la mia nuova vita, e guardando la città dal finestrino mi ricordo che L.A. e Hollywood non sono la stessa cosa. L.A. è anche ghetti di ispanici, gang di strada, droga nei parchi per bambini, miseria. Questo potrei gestirlo, è roba mia. Neanche il tempo di finire la paglia, e mi rendo conto che la cosa non mi riguarda: io non vado a Compton, non vado a Venice. Quando inizio a vedere i cancelli delle ville e i giardini vorrei dirgli di fermarsi, che questo non è il mio posto e sta sbagliando. Probabilmente mi prenderebbe per pazzo.  In fondo mi ricordo di averglielo detto proprio io entrando in auto:

“Portami a Bel-Air.”

E non conta quanto dello sciacquabudella infimo che ho nella fiaschetta dovrò mandare giù per sopportare l’idea. Gli dico l’indirizzo esatto, e lui mi ci porta. “Che sventola di commissariato”, penso mentre accendo l’ennesima paglia di una giornata che sta iniziando a sapere troppo di catrame persino per le mie abitudini. Il palazzo è pulito, sistemato, tranquillo; nessun via vai di teppisti in manette e volanti a sirene spiegate. Il mio commissariato puzzava di vecchio, di sigaro, di caffè. Questo odora di disinfettante. Bè, ormai che sono in pista, meglio ballare, e cercare di farci l’abitudine. Willy Smith, ispettore, distretto di Bel-Air. Suona strano.

 

Ualà

 

 

 

 

 

 

Compilation random: canzoni che mi fanno mangiare il cazzo.

postato il 8 Nov 2012 in Cazzi e mazzi personali, Il rubricone musicone rotolone
da Deluded Wiseman

Come un elenco telefonico in quei programmi strani con uomini nerboruti che stabiliscono record improbabili, il mondo si divide in due categorie. Non cascherò nel facile gioco delle citazioni Leoniane, ma andrò dritto al punto.

“Il mondo si divide in due categorie: chi ha la pistola carica, e chi scava. Tu scavi.”

Chè, ci credevate pèdavvero?

No, sul serio. Sapete quali sono le due categorie di persona davvero rilevanti?

Quelli che cercano le scalette dei concerti venturi su internet, e quelli che non lo fanno. Questa è una storiaccia vero, che al confronto Guelfi-Ghibellini e Autobot-Decepticon, erano delle amichevoli di curling. Per quanto mi riguarda, dipende dai casi. Se vado a vedere un gruppo che mi piace molto e conosco bene, DEVO cercare di leggere la scaletta: solo così potrò sfruttare il tempo che manca al lieto evento del concerto per fare i conti con le imperdonabili mancanze che sicuramente avrò scoperto consultando la setlist. Questa cosa mi ha salvato la vita: la prima volta che vidi gli Airon Meiden, essi decisero di suonare tutto l’ultimo album e giusto una manciata di pezzi storici. Io lo sapevo, ebbi vari mesi per metabolizzare la notizia, e riuscì a godermi il concerto. Se avessi scoperto la sera stessa che The Number of the beast era rimasta a casa, potete immaginare che non sarei qui a parlarvene. Se, invece, vado a vedere un gruppo che conosco poco, mi piace farmi un idea di quello che portano in tour; sai com’è, vorrei giusto sincerarmi che il gruppo electro-punk che vado a sentire non abbia scelto di fare un tour di cover di Amedeo Minghi. Per il resto, non c’è niente di meglio che sentire una canzone per la prima volta a un concerto, con la gente che salta, le luci, il votta votta, il sudore, la canzone che si muove sul palco insieme ai musicisti…bellissimo. Ma. MA. Ma io mi mangio anche il cazzo, però. Mi mangio il cazzo a vedere la gente emozionata che canta a squarciagola mentre penso “chissà come si chiama sta cosa” e cerco miserabilmente di muovermi al ritmo sconosciuto di una canzone ignota, mi mangio il cazzo a sentire una canzone e pensare “vabbè, quando fanno *inserire nome del pezzo quello là, quello famoso*?”, solo per poi scoprire, magari anni dopo, che ho snobbato con ignorante impazienza proprio un pezzo da greatest hits dell’umana stirpe. Qualcuno direbbe che lo faccio perché sono un azzeccato, che

5) Non metterò i titoli qui.

Nell’anno veramente boh, decisi di recarmi con dei compagni di classe al festivalbar, quello che facevano ogni anno a  piazza Plebiscito. Beata gioventù. Alle inutilmente e scandalosamente presto meno un quarto, sono già in piazza. Sul palco, un gruppo che non riconosco sta facendo il soundcheck. Stranamente, noto un paio di gruppetti di persone un po’ diversi dal resto del pubblico che assistono esaltati all’evento, non ultime un paio di ragazze pisellabili anzichenò. Ma la canzone la conosco! La passavano su Mtv e non mi garbava, ma analizzandola senza le immagini disturbanti che la accompagnavano sullo schermo, mi accorgo che non mi dispiace troppo. Magari la voce è un po’ effeminata, ecco.

Un video sul Tubo è l’unica cosa che testimonia l’esistenza della penosa esibizione in semi-playback dei Muse al Festivalbar 2006. Io, francamente, non ne ho alcun ricordo.  Mi piace pensare che loro abbiano “suonato” dopo Jovanotti, l’ultimo che vidi esibirsi prima di fuggire causa pioggia. Preferisco non pensare all’ipotesi di averli snobbati così tanto da non serbarne memoria alcuna. Ad oggi, i Muse sono uno dei miei gruppi preferiti e il mese prossimo pagherò fior di danari per assistere a un loro concerto. Supermassive Black Hole è, ovviamente, in scaletta.

PS: alla fine si trattava di un soundcheck, pure in playback.  Sicchè, 5°posto per i Muse.

Beccatevi il video dei Muse al suddetto Festivalbar 2006, orrendocapelluti per l’occasione.

Muse

 

4) E’ più carino che si capisce alla fine della storiella che, inevitabilmente, finirò per narrare a ogni posizione della classifica.

Dicevo, i Muse sono uno dei miei gruppi preferiti. E infatti, nel giugno del 2010 mi sono sobbarcato dieci ore di treno per andare a Milano a vedere un po’ cosa avrebbero fatto con il S.Siro a disposizione. Non che me ne fregasse molto, ma c’erano 3 gruppi spalla. I primi sono italiani, e salgono sul palco nel disinteresse generale. Oltreutto, sono un po’ strani, sono abbastanza grandi d’età. Poi, si infilano dei passamontagna e attaccano a suonare questa musica assurda, scandalosamente vintage ma grintosa, tecnicamente ineccepibile, travolgente. Fichissima lei, fichissimi loro. “Oh ma chi so ‘sti tipi?” Il mio amico mi spiega che sono il tastierista degli Afterhours (che io però vedo suonare tastiere, sassofono e flauto traverso. Anche nello stesso pezzo )e altra gente, che riadattano colonne sonore di poliziotteschi italiani anni ’70. Uà. Dov’erano stati finora, così lontani dalle mie orecchie?

Per fortuna, un concerto dei Calibro 35 è godibilissimo anche non sapendo nulla della loro musica; per questo, nella magnarcazzo parade sono solo quarti. Ad oggi, i Calibro 35 hanno appeso ben due concerti a Napoli, ma per fortuna le terza volta è quella buona, li ho visti, hanno fatto tutte le canzoni più belle, e sono felice di averli conosciuti laiv. Una piccola nota di gioia nel disastro che sarà questa classifica

Nell’impossibilità di reperire video decenti dei Calibro che si esibiscono davanti a migliari e migliari di disinteressatissimi fan dei Muse, vi schiaffo la semi-tiletrack dell’ultimo album dei calibri, giusto perchè oggi ce l’ho in testa.

Calibro 35

 

3)Almeno secondo me.

Al concerto dei Subsonica, nel 2008 c’ero finito proprio per caso, con un biglietto aggratisse. Non mi dispiacevano, ma non li conoscevo bene né mi interessava farlo. Sinceratomi che avrebbero, probabilmente, suonato “L’Odore” e “Tutti i miei sbagli”, mi presento alla Mostra d’Oltremare a cuor leggero e senza troppe aspettative. Loro sul palco sembrano sapere il fattaccio loro, ma io non mi gaso più di tanto: aspetto che facciano le canzoni che mi gustano, e non mi cago molto il resto. Soprattutto, non mi cago “Veleno”, “Up Patriots to Arms” e “Il mio dj”. Anzi, se non fosse per i dannatissimi e indesiderati video correlati  del tubo, non avrei saputo niente della loro presenza quella sera perché, davvero, non me le ero proprio cagate.

Ad oggi, ho visto i Subsonica quattro volte, pagando, eventualmente anche treno e alloggio. Tutte le volte che hanno fatto “Veleno “ e “Up Patriots to Arms”, mi sono gasato come un furetto anfetaminomane. “Il mio Dj” è assente dalle scalette dei Subsonica da ormai 5 anni.

E quindi, ladies&gentlemans, “Il mio diggei”, per voi in questo sconfortante “video” con la foto della (mediocre anzichèno) copertina di Microchip Emozionale.

2)Smettila di guardare qui.

Al concerto dei Rage, ‘ndovina? C’ero finito per caso. A dirla tutta ero in vacanza a Los Angeles, un giornale buttato per terra mi ha detto che quella sera i RATM festeggiavano il loro compleanno con i Muse di spalla e così, un’interminabile corsa in taxi e mezza scaletta dei Muse (lo avevo detto che la corsa era interminabile?) dopo, sono in mezzo a un fracco di personaggi unici, perlopiù gente from da ghetto che fumava da enormi pipotti o mi invitava a sfondare gli impenetrabili cordoni di steward agguerritissimi per accedere al parterre, oppure comunisti americani (wut?!), e tutti insieme aspettiamo che i Rage salgano sul palco a sputare fango(o funk) sull’ imperialismo a stelle e strisce.

Il concerto è grandioso, la gente si gasa e inizia a pogare intorno a dei falò improvvisati, o forse non tanto, vista la pervicacia con cui venivano riaccesi quando gli agguerriti steward  di cui sopra li spegnevano (nel caso ve lo foste chiesti, alla fine gli steward hanno vinto: hanno spento il fuoco e sono rimasti in piedi sulle ceneri, fermi e minacciosi, a impedire che venisse riacceso. Inutile dire che la gente ha iniziato a pogare intorno a loro.) Quando ho visto strane scene tipo qualche migliaio di ammeregani che sul finale di canzone(che poi avrei scoperto essere Know Your Enemy), a pugno alzato, alluccava qualcosa che io non capivo bene ma che pareva essere quel tipo di cosa poco gentile sul sogno americano che non ti aspetteresti di sentir urlare in uno stadio californiano, ho avuto l’impressione di essermi perso qualcosa. Anche quando ho sentito, in mezzo ad una canzone “I’m the Nina, the Pinta, the Santa Maria” ho avuto l’impressione di essermi perso qualcosa, tipo il cervello, e invece si trattava di “Sleep Now in The Fire”.  Che è meno bella di Know Your Enemy, ma ha un video epico, quindi beccatevelo.

RATM, Wall Street, cos

1)Davvero.

Il concerto gratuito di Elio e le storie tese a piazza Dante, nel boh ottobre del 2007 è stato, per vari motivi legati alla gente con cui ci sono finito (abbastanza per caso, sì), uno dei momenti fondanti della mia adolescenza, nonché della mia storia politica, avendo lì conosciuto il bancariello di Gastronomia Proletaria, che ancora oggi costituisce la stella polare del mio personale firmamento politico. Conoscevo poco del gruppo, ma mi comportai, quella sera, come uno spettatore attento e volenteroso, ascoltando con interesse un sacco di pezzi che non conoscevo e che amai da subito, o dopo poco.

O almeno credevo di esserlo stato. In un impeto controllatorio puramente masochistico, ho scoperto dopo anni che quella sera, su quel palco,mentre io chissà a che cazzo stavo pensando, è stata data voce alla sofferenza e alla disgrazia di centinaia di uomini e donne sfortunati attraverso la narrazione in musica della tragica storia di un eroe dei nostri tempi. Di uno di noi. Di Gimmi Il pedofilo.

Ho visto un’altra volta gli Elii, ma quella volta non suonarono “Gimmi I.”.Del resto, io neanche la conoscevo ancora, quindi forse ho solo evitato di far raddoppiare il già cocente rimorso che mi brucia nel petto ogni qualvolta penso a come ho fatto orecchie da mercante mentre davanti a me si eseguiva un pezzo che, per i suoi significati sociali, politici e soprattutto umani, non esito a elencare fra i pezzi che mi hanno formato nell’uomo probo e integro che sono oggi.

Qui, per voi, un esibizione laiv all’Mtv Day del 2003, quando ancora ci andavano i gruppi forti. A giudicare dal fatto che i milioni di spettatori ripresi nel video sembrano disposti a disimpagliarsi solo per giocare col cazzo di pallone gigante, non me la sento neanche tanto di prendermela col signor Mtv day se ha deciso di chiamare Club Dogo e Sonohra, o come cazzo si scrive, invece di Eelest e Bluvertigo. “Ma hai messo tutti video non live, metti il live proprio ora che noi volevamo la versione studiocol Ruggeri nazionale!”. Zitti, uomini di poca fede, e mirate come, contro ogni vostra menagrama aspettativa, il provvido intervente del Mangoni e del suo inglese accidentato salvano egregiamente la siuation.

Ps: il mio gompiuter non vuol proprio farmi mettere per bene gli ultimi video che devo inserire, quindi per ora metto i link in maniera zingara, e poi correggerò quando gli dei della multimedialità mi saranno favorevoli.

 

 

 

 

Escluso!

postato il 5 Ago 2012 in Main thread
da Deluded Wiseman

Allora, allora, allora. Ci sono stati un po’ di casini, da queste parti, recentemente. Perlopiù imputabili proprio al sottoscritto, reo di aver dimenticato il proprio turno come mastro argomentante. Sfortunellamente, le mie peripezie come aspirante dotto del diritto mi hanno reso dimentico del fatto che, in questo spazio digitale il mio nome inizia per D, ma sono ben conscio del fatto che né questo né il linguaggio improbabile che ho deciso di adottare per disorientarvi potrà cancellare la mia colpa. Ad ogni modo, alla mia distrazione è seguita un, forse ancora più colpevole, ritardo dovuto un po’ al fatto che ormai c’era un argomento interessante in ballo che, visto il periodaccio, faticava a imporsi, in parte a sana pigrizia. Oh, vi giuro, non era solo pigrizia! Ad ogni modo, mi riproponevo di ripropormi col mio argomento il giorno 1 di agosto. Senonchè, sono partito. Chè, non lo sapevo che partivo? Massì, massì, in fondo lo sapevo; infatti dicevo “babbè, magari lo metto prima di partire”, però poi mi dicevo “ma che giorno è il 27 per mettere l’argomento? Che figura ci faccio, a mettere l’argomento il 27, dopo tutto ‘sto bordello?” Gira e rigira, è il 27, io sono sul traghetto per Messina, e l’argomento dov’è?
Boh, dov’è?
Hai mica visto l’argomento, tu?
Niente vidi, niente seppi.
Adesso son qui, nella natìa Partenope, pronto a droppare sulle vostre capocce abbronzate (pfff) il suddetto argomento.
Ma che giorno è il 6 per mettere l’argomento? Che figura ci faccio, a mettere l’argomento il 6, dopo tutto ‘sto bordello?
Chiedetelo a Bob Dylan. Niente vidi, niente seppi.
Ad ogni modo, qual è l’argomento? L’argomento è che, sì, io mi sono scordato di metterlo (sempre l’argomento, dico), ma oh! Uno si gira un attimo, nessuno che gli dica niente, si rigira e si trova un altro argomento già postato! Dico, dove sono i tempi del “Guarda, mister, che ci hai l’argomento da mettere che se no son cazzi”? I tempi del “Vabbè, aspettiamo fino alla prossima luna piena e poi lo saltiamo”? Niente, senza rispetto! Confesso di essermi sentito escluso, come quando si giocava al gioco del pallone e io facevo la bandierina del corner.
Morale della favola, da questa storia fatta di colpe mie (99%) e brutali esclusioni (1%, e difatti è già partito Occupy Cos), almeno ci ho ricavato l’argomento. Parlatemi un po’ di esclusioni, di tristi storie come questa, o come quella della bandierina del corner, o come quella del buttafuori che vi nega l’accesso all’aperitivo del Circolo del punto croce perché non siete abbastanza cool. Oppure, parlatemi di qualunque amenità vi susciti questa parola, esclusione, derivante dal latino ex-cludere (alto livello), altrimenti diventa la rubrica del post-adolescente traumatizzato.

Compilation random: baffi.

postato il 26 Mag 2012 in Il rubricone musicone rotolone
da Deluded Wiseman

Baffi, sì.  Magari non ci pare, ma i baffi sono fondamentali.  Storia, filosofia, videogiochi, arte visuale e non:  sotto il segno del baffo si sono compiute le peggiori aberrazioni, sono nati i migliori capolavori dell’umanità, si sono pestate orde e orde di funghi e tartarughe. Volanti.

Ovviamente, come i più arguti di voi potrebbero aver già immaginato vedendo in che sezione del blog sono(per gli altri, un bon-bon di consolazione da ritirarsi all’uscita), ovviamentre andrò a parare sul fatto che anche nella musica il baffo è stato marchio di fabbrica di pezzacci e carriere intere non indifferenti, anzi, pure ragguardevoli.

Ciancio alle bande: ecco le 5 canzoni che me lo danno più a livello di baffo. Non riesco a incorporare i vidii/forse ora ho capito ma mi scoccio di riprovarci adesso. Se vi interessa vedere i baffi, cliccate sul link.  Se non vi interessa,  mi fate un baffo.

 

5) Red Hot Chili Peppers- Factory of Faith

Non si tratta di un baffo storico, qui. Diciamo che il proprietario dei baffi in questione è sempre stato celebre per altro (l’alternare la  semi-nudità e abiti raccattati alla fiera del creaturo sgargiante di Dos Palos, Nevada).  Ma  appunto per questo ho preferito inserire questi baffo nella compilation, preferendolo a baffi di portata storica più rilevante (tipo un qualsiasi gruppo rock americano a cavallo fra i ’70 e gli ’80),  perchè penso che si debba dare un po’ di rilievo al baffo che avanza, trattandosi, oltretutto,  di un baffo che ha scandalizzato molti, in quanto di totale rottura col ventennale look medio-sbarbato del buon Anthony Kiedis.

Inoltre, bisogna sfatare il mito che il nuovo dei RHCP è brutto, solo perchè hanno dato via un chitarro epico per uno un po’ gne. Quindi ciapàtevi sta canzone dall’ultimo e ineditamente baffuto dei californomaniaci

Ps: ne avrei volentieri messa un’altra, ma è un singolo in heavy rotation quasi ovunque, e invece io voglio farvi sentire questa che non è mainstream come l’altra, e la sentite solo qui, sul Rubrico Rotolone, only tonitght, sold out. Però se non avete mai sentito Monarchy of Roses,  youtubbate ora, stronzi.

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4)Santana- Gypsy Queen/Oye Como Va

Aahh, Carlos, Carlos.  Santana è uno di cui in linea  di massima non ascolto roba preso a caso dalla sua discografia così, a cuor leggero: è bella corposa, e c’è molto sfoggio di latinoamericanismo fatto un pò a caso, o collaborazioni con Joss Stone.  Però in certe cose è inarrivabile, nessuno come lui, e io gli voglio tanto tanto bene, uno zio baffone e tamarrozzo che è uno dei motivi, probabilmente, per cui suono. Ricordo che quando ancora mi ponevo ardue domande circa l’effettiva messa in atto di un rapporto sessuale(insomma, pensate che ancora non c’avevo l’internetto), fu il primo chitarrista ad impressionarmi davvero, per le palate di melodie cremose e calienti che tesseva con le sue dita dorate da mangiatore di burrito, palate che non riuscivo a riscontrare in tutti gli altri eroi della guitarra che stavo imparando a conoscere.

Senza contare il ritmo. Ragazzi, che ritmo. Quando farò la classifica “le 5 canzoni che mi fanno venire più voglia di ballare in preda ai fumi degli acidi, vestito solo di bandana e maglietta scolorita”, beh, Santana sarà anche lì,  proprio sotto Toto Cutugno. Ma questa, l’è un’altra storia.

Qui, in un esibizione recente, il buon Carlos e i suoi FANTASTICI musici accompagnatori, ci dilettano con un medley fra la celebre “Oye como va” e una parte strumentale tratta da “Black Magic Woman”, in cui l’orgasmico sound latino del Nostro risalta in tutto il suo splendore. E se leggendo “Black magic woman” NON avete pensato “perchè non ha scritto  “l’altrettanto famosa?’ “..di FILATO a sentire il capolavoro “Abraxas” (1970).

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3)Queen-Princes of the universe

Forse qualcuno si aspettava i virili baffi dell’iconico e compianto Freddie  in cima alla classifica. Beh, no, con tutto l’affetto per l’iconico perchè compianto Freddie.

Prima mi sono dilungato su Santana perchè molti credono sia un peone discretamente abile alla chitarra che elemosina in giro collaborazioni con cantanti vari, incapace di trovarne uno proprio. Invece penso che sui Queen, e sul livello di iconicità che dopo la morte del povero Freddie lui e i suoi baffi hanno raggiunto, sia inutile spendere molte parole.  Allo stesso modo, credo che tutti, dopo aver visto Freddie sbarbato e in tutina, sappiate quanto la presenza dei baffi sia servita a trasportare definitivamente i Queen nell’Olimpo del rock. Sappiate, ad ogni modo. che la canzone è tratta da “A Kind of Magic”(1986), colonna sonora di Ailander. Lo noterete, forse, dal zarrissimo video a base di capelloni in kilt  ed esplosioni assortite. Sì, l’ho messa apposta per uscire dal solito triangolo we will rock you/we are the champions/bohemian rhapsody. No, non amo i Queen al punto da metterne una davvero ignota. E poi questa è bellerrima, e mi ricorda i tempi lontanissimi in cui non avevo notato che “Princes”  aveva una sola “s”. In quel tempo, usavo spesso chiedermi se non bastasse fare della proprio omosessualità un manifesto tramite il video en travestì di “I want to break free”, e se ci fosse proprio bisogno di cantare “sono la principessa dell’universo”

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2)Frank Zappa-Muffin Man

Forse quelli che non si aspettavano il buon Freddie in cima alla classifica, si aspettavano che fosse l’eclettico guitarrista a dominare, in guisa di dittatore baffuto (nella miglior tradizione) questa classifica.  Certo che voi,  un Wembley Stadium di cazzi vostri mai, eh. Il fatto, vedete, è che io con Zappa ho un rapporto conflittuale, perchè non sono mai riuscito a conoscerlo e ad apprezzarlo fino in fondo, non so neanche bene perchè,  pur riconoscendone l’immensa genialità e apprezzandone diverse canzoni. Una di queste  è Muffin Man dall’album. Qui ho inserito la versione in studio, ma conisglio la visione di uno spettacolare video live che si trova facilmente  sul Tubo. Perchè non ho messo quella? Oh, ma voi proprio come gli sceriffi, eh. Sentitevi prima la canzone in studio, e poi vi vedete il live con gli assoloni eccetera, su.  Io, intanto, colgo l’occasione di ripropormi l’abbordaggio a qualche disco intero di Zappa.

 

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1)) Black Sabbath-Sweet Leaf

Eccolo qua. Magari sarà un baffo meno celebre come baffo, ma sti gran cazzi. Per me il re del moustache-rock è lui. Inarrestabile, marziale, imperturbabile mentre dalle sue mani martoriate profonde colate di metallo incandescente, per me Tony Iommi, chitarrista e fondatore dei BS e un pò dell’heavy metal tutto, è un tutt’uno con la sua Sg nera e con i suoi baffi.  Quando sento quel lento e implacabile incedere di accordi pesanti come macigni che è il marchio di fabbrica dei Black Sabbath, me lo vedo lì, vestito di nero, la croce appesa al collo, ondeggiare senza troppa foga quella massa nera che, fra capelli e baffi, e la sua testa.

Sono riff baffuti i suoi. Avanzano lenti ma implacabili verso di te, cupi e imperscrutabili come un uomo baffuto di cui riesci a percepire le intenzioni malevole, ma senza che la sua espressione, occultata dal baffo, ti possa dare le conferme che cerchi.

Qui per voi, tralasciando i soliti pezzacci immortali che tutti conoscerete,  in regalo una gustosissima e oltremodo badass Sweet Leaf.

 

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Visto che non sono stato in grado di trovare un video che esaltasse il baffo, eccolo a voi in tuta la sua maestosità.

 


Luoghi comuni

postato il 8 Mag 2012 in Main thread
da Deluded Wiseman

[Probabilmente questo post sarà pieno di errori, ma ora mi scoccio di rileggerlo, e ho paura che se non lo posto ora non lo posto più. E considerando che è il post del mese scorso, forse è pure ora. Correggerò poi. ]

Il problema dei luoghi, almeno secondo me, è che c’è un luogo per ogni cosa, un po’ come le App (prendo dieci euro dalla Apple, per questa battuta). L’Università per studiare, il pub per magnà e beve, la discoteca per ballare, la palestra per lo sport, la piazza per ciondolare senza scopo, il muffoso antro che all’età di 20 anni ancora alcuni chiamano cameretta per, uh, tipo tutto: studiare, leggere, copulare, suonare o coltivare un qualsiasi altro hobby. Il tutto non sembra dimostrare particolari problematiche, se tralasciamo che per svolgere buona parte di queste attività paghiamo un servizio nullo o quasi, consistente, alla fine, nella sola messa a disposizione di un luogo che potrebbe benissimo essere sostituito dalla cantina della nonna. Ma, più di questo, mi colpisce una questione solo parzialmente analoga: se c’è un luogo per ogni cosa, è anche vero che il più delle volte per ogni cosa c’è un solo luogo. Coerente? Forse sì. Ma se si considera che passiamo buona parte della nostra giornata, e conseguentemente della nostra vita, in luoghi con un vincolo di destinazione, come il posto di lavoro o la scuola, anche il lettore più tardo realizzerà (o sono pazzo io) che, a conti fatti è ben poco il tempo e lo spazio che possiamo dedicare “a noi stessi”, per dirla in termini semplici, o, per usare un’immagine presa dalla Costituzione, immagine che estrapolerò e stravolgerò nel suo significato ma che secondo me rende bene e mi piace un sacco, per “svolgere la nostra personalità”. Mi piace perché mi sembra una descrizione abbastanza vaga e omnicomprensiva, ma al tempo stesso dotata di una certa precisione, di quello che rende l’uomo..uomo? Vivo?Insomma, penso parli bene da sé, ove io invece mostro difficoltà anche a pensare cosa sto scrivendo.

Qualunque sia il modo in cui vi piace “svolgere la vostra personalità”, per farlo vi tocca sicuramente aspettare fino a fine giornata, e probabilmente anche pagare qualcuno che vi metta i mezzi a disposizione.

Io penso, innanzitutto, per quanto che dovremmo imparare a gestire meglio i tempi, soprattutto noi cciovani che spesso, più che nei nostri doveri, siamo intrappolati nei tempi morti e nelle attese fra un dovere e l’altro, ore preziosissime (Pdp docet) che capita di buttare grattandosi lo scroto a parlare di gnocca nella stessa aula che ci vedrà studenti per le successive quattro ore (e ogni tanto ci può stare, dai), o fissando la pubblicità delle mutande di fronte alla pensilina del pullman(e forse pure questo..). Sarebbe bello cercare di riempire gli interstizi dei muri di impegni che costituiscono l’edificio della nostra giornata di quello che ci piace, invece di trascorrerla rimbalzando fra fatica e inerzia: leggere un libro o prendere una birra con gli amici durante lo spacco, disegnare poggiati sulle gionocchia mentre si aspetta il pullman, qualunque cosa appartenga a quel genere di cose che abbiamo quasi paura di fare davanti agli altri, quasi fosse un sacrilegio distogliersi dal beneamato binomio corsa frenetica-attesa che anima la metropoli.

Ma, più che imparare a gestire i tempi, soprattutto penso che si debba imparare a vivere i luoghi nei quali spendiamo le nostre vite, perché io trovo, senza esagerare, avvilente pensare che -se non fosse per questa mia linea di pensiero che sto confusamente esponendo (che immagino sia, coscientemente o meno, condivisa da alcuni di voi)- io assocerei la maggior parte degli scenari che fanno da sfondo al mio quotidiano esclusivamente a ricordi e sensazioni non voglio dire negative, perché di certo non posso dire che correre verso la metro o studiare e seguire i corsi siano faccende negative. Ma posso dire tranquillamente che si tratta di rituali imposti, faticosi, ansiogeni e quant’altro. Per questo penso che possa essere quasi “terapeutico” impadronirsi, in senso buono, di un luogo della nostra vita di tutti i giorni, vivendolo tramite una di quelle attività che sono tradizionalmente confinate altrove e che sentiamo nostre. Mi si passi l’immagine un po’ sdolcinata, ma è un po’ come piantare un bell’albero fiorito in un campo arido, o pieno di barbabietole, una cosa che per carità, ma non si vive di sola barbabietola. L’albero rimane lì, bello e florido, anche quando vai per barbabietole. Andare a ballare all’università invece che pagare 25 euro per un casermone stroboscopico a Via Culo, suonare la chitarra nello slargo antistante la biblioteca dove butti il sangue sui libri invece che a casa, non sedersi al bar ma prendere la birra e schiattarsi sulle panche dei giardinetti della metro che la mattina ti vedono perennemente in ritardo; sono cose che possono cambiare, e non solo per una sera, la concezione di un luogo, il modo di guardarlo e di sentirselo addosso, come un vestito fatto su misura invece che il monomisura-unisex del mercatino. Certo, non è necessario, ma visto che a pacche al vento non si può andare, tanto vale fare qualcosa per farsi andare meglio i suddetti indumenti. E se proprio ci va bene, possiamo rendere questo servizio anche a qualcun altro. Non voglio azzardarmi a pensare che la visione di me che fricchettoneggio con la chitarra possa rendere felice chi frequenta una piazza, però qualcosa del genere è possibile: per esempio, credo che la roba dell’albero di cui sopra, mi sia venuta pensando a una brutta giornata risollevata di punto in bianco dalla visione di un pesco fiorito (o comunque un coso coi petali rosa) piantato nelle squallide aiuolette di Quattro Giornate. Magari lo ha messo il Comune, ma forse no, e a me piace pensare che un tizio con l’hobby del giardinaggio un giorno si sia svegliato, abbia guardato il suo bel prato verde (cit.) e abbia detto “Meh. Oggi vado a piantare alberi per la via.”, e così facendo abbia sputato su di un po’ di grigiume urbano e migliorato la giornata di qualcuno. Tipo la mia, per esempio.

Ma poi, diciamolo, condividere qualcosa è sempre meglio che farla per se stessi; io sono convinto che il giorno che qualcuno ha inventato la musica, non l’ha inventata perché fosse suonata con la lucina puntata sul leggio, seduto con lo strumento in mano(ehm) in mezzo alla stanza. Io penso che chi ha inventato la musica lo abbia fatto per suonarla su una scogliera al tramonto, su un prato alpino in primavera, o su una gradinata medioevale. Lo stesso vale per i libri ,per il pallone; dio che tristezza i ragazzini che tirano calci in salotto, con tutto che io odio passare in mezzo ai creaturi che giocano il pallone.

Certo non sono certo parole nuove, le mie. Magari vi viene in mente il tripudio di liberazioni di spazi, e riappropriazioni varie che si fanno in nome di questo o quello. Mi preme, a questo punto, fare un distinguo con quello dicevo prima. Senza scendere nei dettagli, penso sia presuntuoso affermare di aver “liberato” uno spazio, quando di fatto lo si è sottratto a una parte di coloro che ne potrebbero usufruire, allo scopo di renderlo conforme all’idea di spazio dei “liberatori”(a meno che non si tratti di spazi sottratti al nulla e liberati dalla fatiscenza). E lo dico pur non facendo certo parte, la maggior parte delle volte, di coloro che si sentono depauperati dall’occupazione di uno spazio pubblico. Ma su questo di dovrebbe mettere su una vera discussione, io di certo non voglio affidare ad una piccola parentesi inserita in un post che parla d’altro il mio parare su una questione così spinosa. Il concetto di “vivere” un luogo, come comunità, è ben diverso, e si basa sulla possibilità che tutti possano proiettare qualcosa di loro stessi in uno spazio condiviso, senza che alcuno debba essere escluso dalle “proiezioni” altrui. Si può coesistere rispettosamente (a Piazza Quattro giornate, nei pomeriggi di primavera, ci trovi di tutto, e nessuno sembra disturbare), si può fare a turno (ci si potrebbe stupire a vedere cosa si agita certe sere nei cortili di alcuni palazzi universitari che il giorno dopo sono pieni di studenti e professori), si può fare un po’ in tutti i modi. Più triste è, come a Piazza Quattro Giornate (è una piazza grande, c’è zona e zona!), quando un gruppo di turpi rende perennemente sozza e invivibile un’area comune.

Non è che vengo qui a scrivere queste belle cose sperando che nessuno possa aversene a male neanche per un istante se io faccio una festa in una facoltà, o se suono i bonghi in piazza, ma secondo me sarebbe bello se si riuscisse a contemperare un minimo gli interessi, senza agitare qualche spauracchio ad hoc (Risse! Droga! Rapine!) ed evocare prontamente i guardiani del pubblico silenzio, uccidendo a volo a volo un’occasione di socialità e mandando tutti su facebook a passare le serate in cui non hai soldi per un pub davanti a FB a commentare il Grande Fratello in differita di 0,15 secondi. Ma soprattutto. Che cazzo ci faccio davanti al computer?

 

 

 

Quel momento..

postato il 2 Mar 2012 in Cazzi e mazzi personali
da Deluded Wiseman

Quel momento..quel momento in cui vedi il tuo nome comparire sul tuo giornale preferito, quello che leggi da anni e per scrivere sul quale daresti un rene, sicuramente quello di un altro ma forse anche il tuo.. e non compare mica così, no! Compare proprio lì,  sotto a un testo che parla in maniera critica e sagace di musica!

Certo.

Quel momento, proprio quello in cui all’improvviso ti accorgi che quelli del giornale hanno pubblicato un tuo commento preso da una discussione sul loro account di Facebook, un commento in cui con lessico povero e volgare parli di un musicista che ti fa abbastanza schifo,  e tutto questo solo perchè agli insulti segue una parte che al giornale faceva comodo nell’economia della discussione.

Un tremito nella forza.

postato il 28 Feb 2012 in Main thread
da Deluded Wiseman

Quando questo argomento fu proposto, in quella discarica tossica che sono le nostre menti si accese una lucina. Anzi, si può dire, esagerando in cinismo, ma poi neanche tanto, che qui si tratta di uno di quei vocaboli appartenenti alla ristretta cerchia di parole che, morte ormai le ideologie, le passioni, le speranze e quant’altro, è capace di accendere una lucina, anzi, un autentico fuoco di segnalazione nella pigra tenebra delle nostre menti. E quello che illumina, il suddetto fuocherellone, è un numero sinceramente indecoroso di ore passate con la testa immersa, in guisa di struzzo, in un universo che i più stolti direbbero futuristico, ma che i veri credenti sanno essere più antico delle stuppolaggini studiate al liceo.

“Farò un post su Star Wars.” Tagliamo corto, ecco quello che tutti abbiamo pensato. Avevamo già qualche ideuzza in mente. Almeno, quelli che non hanno dovuto spegnere lo schermo e andare fuori a prendere una boccata d’aria e schiarirsi le idee. Che cazzo sono i Midichlorian? Che bisogno ce n’era? Il panzone si è reso conto o no che è come far saltare fuori che la santità dipende dal quantitativo di Gesùene nel sangue? Basta, basta.

Bè, comunque è durato poco. “E’ ammesso un solo post su Star Wars.” Ecco quello che, invece, pensava Vobby. Un po’ come con quell’ultimo panzarotto sul vassoio che nessuno si azzarda a toccare per decenza, chè va bene 13 panzarotti, ma 14 veramente è un’esagerazione, certa gente non si sa dare un limite, guarda, nessuno si è più azzardato ad avvicinarsi al post su Star Wars. Insomma, se voleva farlo X poi mi dispiace, e se Y aveva in mente il miglior post su Star Wars della storia? Perché mettersi lì a fare un post sulle abitudini igieniche degli Ewok o azzardare teorie sulla traspirazione nelle armature degli Stormtrooper quando magari qualcun altro era pronto a spiegarci la verità sui Midichlorian?

Scusate, devo prendere una boccata d’aria.

Anche io, quando oggi mi sono seduto davanti al pc, totalmente privo di idee, per cercare di recuperare questa occasione di postare sprecata, non volevo fare un post su Star Wars. E non voglio farlo neanche ora. Forse il motivo dell’assenza di un post su Luke e compagni, non è da ricercarsi nella questione di galanteria da me previamente descritta, e comunemente nota come “o’muorzo r’a vergogna”, ma nel fatto che un post su SW è dannatamente difficile. Non voglio esagerare, chi mi conosce sa che sono, sì, un azzeccato, ma non dei peggiori; però fare un post sull’esalogia più celebre della fantascienza è un po’ come fare i conti con una parte della propria infanzia/adolescenza, con una porzione non trascurabile dell’immaginario pop mondiale o, volendo attenerci alla lettera dell’argomento, con quella che probabilmente è la cosa più simile alla religione fra i miliardi di minchiate nelle quali fluttuano i vostri neuroni. Proprio qualche giorno fa sentivo una ragazzina inglese di 14-15 anni scherzare dicendo di usare la Forza all’amica che tentava vanamente di recuperare una pallina da ping-pong sotto finita sotto un tavolo. Insomma, quante cose vi accomunano ad una ragazzina inglese di 15 anni, e, contemporaneamente, ad un esercito di ciccioni sociopatici,  di insospettabili ed affermati padri di famiglia e lavoratori con la spada laser nel ripostiglio, di bambinelli che si vedono uscire “cucchiai laser” dai cereali?*  E poi bisogna fare i conti con i Midichlorian. O, più in generale, con tutti i difetti e le debolezze che volete trascurare perchè i grandi amori vanno oltre certe piccolezze, ma che non potete davvero ignorare se iniziate a trattare con un minimo di serietà l’argomento. Sicchè, ripeto, questo non è un post su SW. Allo stesso tempo, non può non esserlo almeno in parte. Si dà il caso che, proprio sotto al mio monitor, faccia bella mostra di se un DVD di “Star Wars Ep. IV- Una Nuova Speranza”, edizione limitata in digitale e “video superiore”(sic). Come il Millennium Falcon verso quella strana luna, il mio sguardo viene ineluttabilmente astratto verso la copertina.

 

Quella specie di Nino D’Angelo che, dismessi jeans e maglietta in favore di una meravigliosa tuta da pseudo-karateka campeggia in primo piano con sguardo vispo e sveglio. Sì, proprio lo sguardo da Prescelto che porterà equilibrio nella Forza. La principessa Leia, che impugna un fucile laser, ma pare che stia cercando di fare benzina al self-service con scarso successo. Padre Pio che compare, più santinoso che mai, alla destra di Indiana Jones. Sì, Obi-Wan da Pietrelcina, proprio il viso che io, e non sto scherzando, per tutta l’infanzia ho associato a Dio nelle mie preghierine. Dietro questo ameno gruppetto, la prova vivente di quanto Qui-gon Jinn sia un pesce sopravvalutato stringe nelle mani l’arma più fica della storia della sci-fi, seppur in un’incarnazione ancora un po’ pezzente, del tipo che a guardar bene la versione giocattolo che mio padre di portò in dono dalla terra dei cheeseburger, ormai più di dieci anni orsono, è molto più realistica e accurata.

Eeeh, insomma, forse in questa copertina, epica e un po’ ingenua, maestosa ma un po’ arrangiata, i motivi per cui impossibile fare un vero post su questo film o sul background mistico dei suoi personaggi, per me è impossibile è.  Boh. Magari se me li rivedo tutti per la ventesima volta mi viene in mente qualcsosa di figo, vassapè.

*http://kelloggsmaniac.blogspot.com/2012/01/cucchiaio-laser-di-star-wars-in-regalo.html

 

Compilation random vol.I : Indiani.

postato il 11 Gen 2012 in Il rubricone musicone rotolone
da Deluded Wiseman

Qualche tempo fa, dovevo riempire in qualche modo il “Rubricone”, e pensavo che sarebbe stato simpatico fare piccole compilation di 4-5 canzoni accomunate da un elemento, uno qualunque. Uno strumento particolare, una struttura di un certo tipo, un tema, i baffi dei musicisti. Boh.  Poi mi sono scordato, ma oggi mi sono ricordato perchè l’esimio Dott. Shuffle mi ha mandato tre canzoni sullo stesso, particolare,  tema in poche ore.  Quindi, le 5 migliori canzoni sugli indiani.

Ok, ne conosco tipo meno di 10, e dubito ce ne siano altre. Ma queste sono le mie 5 preferite, delle 7 che so!

Ps: ovviamente sarebbe bello se ogni tanto facessimo tutti una cosa del genere!

 

1)Iron Maiden- Run tho the hills 

Un classicone, direttamente dallo storico  “The Number of the Beast”,  del 1982!  Fighissima la cosa della prima  strofa con i pensieri del povero indiano,  e della seconda con quelli del crudele soldato ammeregan. E quel riff, signori, che ve lo dico a fare. Ah, è una recente versione live perchè la frangetta dell’esordiente Bruce nel video originale potrebbe nuocere ai deboli di cuore. Il coro delRun to the hills pubblico di Rio de Janeiro sul ritornello, invece, potrebbe far ripigliare anche i morti ♥♥

Run to the hills

Testo:

White man came across the sea
Brought us pain and misery
Killed our tribes killed our creed
Took our game for his own need

We fought him hard we fought him well
Out on the plains we gave him hell
But many came too much for Cree
Oh will we ever be set free?

Riding through dustclouds and barren wastes
Galloping hard on the plains
Chasing the redskins back to their holes
Fighting them at their own game
Murder for freedom a stab in the back
Women and children and cowards attack

Run to the hills run for your lives
Run to the hills run for your lives

Soldier blue on the barren wastes
Hunting and killing their game
Raping the women and wasting the men
The only good Indians are tame
Selling them whisky and taking their gold
Enslaving the young and destroying the old

Run to the hills run for your lives

 

2 )Litfiba- Tex

Ai Litfiba gli indiani ci piacciono, questa non è l’unica. Ma è di gran lunga la più figherrima.Se Jay leggerà questo post dirà “no, l’ originale è meglio”. Ma non credetegli, questa versione  incattivita e rockeggiona, tratta dall’album Sogno Ribelle del 1992 si sposa alla rabbia e al cinismo del testo molto più della pur bella versione new wave dall’album “Litfiba 3”.  Ah, se avete intenzione di guardare il video oltre che sentirlo, preparatevi ad un paio di foto ad alto contentuto di pelo villoso.

Tex

Testo:

Sulla strada ci sono solo io
Circondato dal deserto attorno a me
Il silenzio taglia tutta la citta`
Grande spirito mi chiama dal falo`

Oh, ma cosa dici?
La vostra liberta`
Oh, che cazzo dici (Ah!, n.d.s.)
Noi ce l’ avevamo gia`

Giorno e notte, notte e giorno senza via
La mia gente e` come un’ aquila senz’ ali
Tu cavalca, cavalca mio cow-boy
Che la terra tanto ce la rubi a noi

Ah, che cazzo dici
La vostra liberta`
Oh, ma cosa dici?
Noi ce l’ avevamo gia`
Non voglio piu` amici, voglio solo nemici
Non voglio piu` amici, voglio solo nemici
Basta le vostre bugie

Tu cavalca, cavalca mio cow-boy
Che la terra tanto ce la fotti a noi

Ah, che cazzo dici
La vostra liberta`
Oh, ma cosa dici?
Noi ce l’ avevamo gia`
Non voglio piu` amici, voglio solo nemici
Non voglio piu` amici, voglio solo nemici
Basta le vostre bugie
Tu cavalca, tu cavalca
Yeah…


 

3)Manowar- Spirit Horse of the Cherokee

Stanchi di Odini e Thor vari, i virili e depilati alfieri del trve metal, nell’album “The Triumph of Steel” (1992), decidono di puntare su una cultura/mitologia un pò diversa, passando dai freddi fiordi norvegesi alle polverose praterie dell’Arizona.

Ok, è una tamarrata. Ma sfido chiunque a non mettersi a fare quell’urlo strano cavalcando la vostra sedia (rigorosamente senza sella), quando urla “Geronimoooooooo!!!”

Ah, per il vostro bene, saltate quella litania iniziale.

Spirit Horse of the Cherokee

Testo:
The trail of tears began for all the Cherokee
The white men came to trade & borrow but then they would not leave
Some of us were taken by boat, and died at sea
Those of us who lived were sold to slavery

We welcomed them as brothers knowing nothing of their greed
Born hunters not the hunted as the white man hunts for me
We are descendants of the animals we live among the free
Our trail of tears would end one day at Wounded Knee.

Great Spirit, thunder birds fly, we are wild and free
To fight and die by the open sky, Spirit Horse ride for me

When we do the Ghost Dance, the buffalo will return
Paint ourselves for war, now blood and fire burn
Great Spirit makes us strong, take us to the sky
The Cherokee are brave, we are not afraid to die

Great Spirit, thunder birds fly, we are wild and free
To fight and die by the open sky, Spirit Horse ride for me

Red Cloud, Black Hawk, Sitting Bull, Crazy Horse, Geronimo
Strong and brave warriors to the grave

There has been much killing there will be much more
The Medicine Man is dancing he’s calling us to war,
Hatchets sing with pride let the white men die

Great Spirit, thunder birds fly, we are wild and free
To fight and die by the open sky, Spirit Horse ride for me

 

4)Piero Pelù- Grande Spirito

Come dicevo, ai Litfiba ci piacciono gli indiani pellerossa, tantevvero che anche dopo lo split del gruppo, il villoso Piero Pelush è tornato ad occuparsi del tema, in questa canzone scritta da un tipo di cui non mi è chiaro il nome, autore di un libro-cd  (“Nessuna pietà”) contenente pezzi dedicati, se ho ben capito, a vari episodi nefasti della storia, tipo, appunto, il genocidio dei pellerossa.  Questa, per quanto mi riguarda, è una canzone controversa. Alcuni pezzi, tipo la parte parlata all’inizio e un altro paio di passaggi simili, li trovo francamente imbarazzanti.  Però, in generale, lo trovo un pezzi stupendo.  Su, fatevi coraggio e superate l’ostacolo iniziale.

Grande Spirito

Testo:

La notte ha posato le sue grandi mani,sopra la valle fra le grandi rocce..la neve,scende lentamente.
Dorme il villaggio,dormono i cavalli dormono gli uomini della lunga caccia,dormono sul corpo caldo delle donne,dormono i bambini accanto ai cani,dormono gli anziani e gli sciamani…dormerà l’estate sopra quei monti,cacciano i lupi,strisciano i serpenti…lunga è la notte popolata di lamenti,la luna immensa sporge dall’oriente,cade la neve sul villaggio e sulle tende,dormono gli anziani e gli sciamani,arriverà la primavera coi suoi bisonti,tornerà l’estate sopra quei monti,l’autunno cambierà tutti i colori…e poi di nuovo il cielo dell’inferno tutto questo in eterno..ma questa notte corvo rosso ho fatto un sogno,uomini bianchi scendevano dal cielo sopra i cavalli neri con la bocca in fiamme e la neve si scioglieva sotto il sangue..
stanotte Corvo Rosso ho fatto un sogno,Grande Spirito proteggi la mia gente,Corvo Rosso ho fatto un sogno,Grnde Spirito proteggi la mia mente.
Avanti cavallieri non fatte prigionieri,non risparmiate nessuno,uccidetene uno a uno,giovani e vecchi,sono tutti uguali,donne e bambini e tutti gli animali,voglio sentirli ringhiare come cani,voglio vederli nuotare in mezzo al sangue,voglio vederli ballare tra le fiamme…Nessuna Pietà,noi siamo la civiltà,Nessuna Pietà noi siamo….la libertà !
Cacciano i lupi,strisciano i serpenti,lunga è la notte popolata di lamenti,la luna bianca si abbassa lentemente,cade la neve sul villaggio e sulle tende..
Arriverà la primavera coi bisonti,tornerà l’estate sopra i monti,autunno cambierà tutti i colori e poi di nuovo il cielo dell’inverno,tutto questo..tutto questo,in eterno.

5)Anthrax- Indians

Ualà, un pò di sano thrash metal in memoria del massacro pellerossa. Bangare le nostre teste ricciolute e anni ’80 non è mai stato così impegnato(dall’album “Among the living”, 1987)

Indians

Testo(notare l’indicazione “mosh part”):

We all see black and white
When it comes to someone else’s fight
No one ever gets involved
Apathy can never solve
Forced out – Brave and Mighty
Stolen land – They can’t fight it
Hold on – To pride and tradition
Even though they know how much
their lives are really missin’
We’re dissin them…

On reservations
A hopeless situation
Respect is something that you earn
Our indian brothers’ getting burned
Original American
Turned into second class citizen

Forced out – Brave and Mighty
Stolen land – They can’t fight it
Hold on – To pride and tradition
Even though they know how much
their lives are really missin’
We’re dissin them…

On reservations
A hopeless situation

Cry for the Indians
Die for the Indians
Cry for the Indians
Cry, Cry, Cry for the Indians

Love the land and fellow man
Peace is what we strive to have
Some folks have none of this
Hatred and Prejudice

Forced out – Brave and Mighty
Stolen land – They can’t fight it
Hold on – To pride and tradition
Even though they know how much
their lives are really missin’
We’re dissin them…

On reservations
A hopeless situation
Cry for the Indians
Die for the Indians
Cry for the Indians
Cry, Cry, Cry for the Indians

MOSH PART

WARDANCE!!!

Territory, It’s just the body of the nation
The people that inhabit it
make it’s configuration
Prejudice, Something we all can do without
Cause a flag of many colors is what
this land is all about!!!!

Forced out – Brave and Mighty
Stolen land – They can’t fight it
Hold on – To pride and tradition
Even though they know how much
their lives are really missin’
We’re dissin them…

On reservations
A hopeless situation
Cry for the Indians
Die for the Indians
Cry for the Indians
Cry, Cry, Cry for the Indians
 

 

 

 

Perzonaggi di Natale.

postato il 20 Dic 2011 in Cazzi e mazzi personali
da Deluded Wiseman

Io non odio il natale. Adesso si porta molto fare i Grinch dei poveri e dire “Io detesto il Natale, io piscio sull’asinello”, eccetera; sicchè, mi piacerebbe dire qualcosa tipo “Io odio il Natale da che Gesù ancora stava a intagliare sgabelli in Galilea”, o “Il Grinch l’ho scoperto io, suonava in una cantina del Viterbese vendendo demo autoprodotti”, cose così, insomma. Ma sarei, come il 50% di questi Ebenezer Scrooge post-emo, falso. Il Natale ha tante cose orrende. Taaaante. Vorrei elencarle, ma sono tante. Però ha anche cose belle: tanto cibo, regali, qualche giorno di festa, l’occasione di riavvicinarti al focolare familiare dal quale rifuggi tutto l’anno, che una volta ogni tanto ci sta, e cose così. Ma nell’ambito delle cose brutte del Natale, io sono disposto ad accettarne alcune. Tipo, fare i regali è stressante. Ma qualcosa dovrai pur fare, se vuoi ricevere qualche coppola di cazzo anche l’anno prossimo, no? E quindi, passi.

Poi però ci sono quei personaggi Natalizi del cazzo, quelli che è colpa loro se il Natale rischia di passare per una merda. Sono loro. Sono tanti, più o meno tutti quelli che incrociate durante il periodo natalizio; periodo che fra l’altro, al contrario delle mezze stagioni, tende a espandersi di anno in anno. Già per il 2030, si prevedono le prime luminarie dal 17 agosto.

Ma torniamo ai personaggi. Dicevo, sono tanti, sicchè, nell’impossibilità di parlarne, stilerò una pratica top five. Badate bene, non giudico nessuno: potrei benissimo essere io, al posto di alcuni.

 

5)”Nulla è reale, tutto è lecito” o “quello col Babbo Natale appeso al balcone”.

Io amo le luminarie di Natale, e le stronzate varie. E’ un retaggio familiare. Ma non è possibile che a dicembre uno guarda in aria e gli viene da correre protendendo le braccia, che un neonato peloso sta cadendo dal balcone, o da chiamare il 112, chiedendo di fermare subito quel nano marxista che sta svaligiando una casa. Andiamo, sembrano dei bambini impiccati. O i cugini stronzi di Ezio Auditore da Firenze, roba così, non lo so. Per favore.

 

4)Il bambino di “A Natale puoi”.

Allora. State pensando: “Ah, ora inizia a inveire come suo solito contro l’amore, la dolcezza e la bontà, quanto è duro, quanto è figo, cheppalle”.

No.

Non senza vergogna, ammetto che quella canzoncina è bellissima, mi fa sciogliere le budella. Sarà la melodia, la vocetta del bambino del cazzo, la faccia sincera mentre elargisce felle di pandoro. Boh. Però mi piace. Non me ne frega che proprio non vedo perché a Natale dovrei essere più buono(cioè, lo vedo: perché io spendo e spando, e mi sento colpevole verso chi non può. E’ anche valideo, ma non credo si riferisca a questo). Non me ne frega neanche che la versione multi-etnica/quote rosa/quote nere(http://www.youtube.com/watch?v=ukAibmAvH_A) è ruffiana come un piazzista. E’ anche meglio. Però diamine..cioè..per vendere panettoni? Davvero? Per vedere fottuti panettoni? Dico..quel bimbo con quella canzone potrebbe convincere i grandi della Terra a fare la pace, e a trasportare il mondo in un’era senza canditi di eguaglianza, benessere e giustizia! E invece, vende panettoni. Al più, convince a regalare felle di pandoro a ragazzini alle prese con piccoli problemi di cuore, mimi, bimbe medio-borghesi, e piccioni. Ma vaffanculo, Bauli.

 

3)”Il puntuale”.

“L’abero si fa il giorno dell’Immacolata:” Che ansia! Non me ne vogliate, probabilmente è normale. Ma a casa mia l’albero richiede, fra difficoltà tecniche e difficoltà legate alla nostra scarsa presenza in casa:

a)una sera di scaricamento pacchi dal mezzanino b)una sera di montaggio albero c) una sera di luci e palline d)una sera di caricaggio scatoli vuoti sul mezzanino. Quindi, anche iniziando l’otto, cosa che non accade mai, io lo finisco l’unidici. I vostri immacolateschi e puntuali alberi..mi mettono ansia!

 

2)”L’intoccabile”

E’ colui/colei (col@i, direbbe qualcuno che ha sacrificato la grammatica sull’altare della parità dei sessi), ma l’esperienza mi dice che è più una colei, che quando lo urti in un posto affollatissimo, tipo… Fnac sotto Natale, dubito di poter trovare una metafora che renda meglio; ebbene, quando lo urti in quella bolgia infernale, trascinato, privo di controllo motorio, da una pressa che manco la reunion di Hendrix con la vita (Era più forte di me. Ma sappiate che Fnac sotto Natale è peggio.), lui ti guarda come se gli avessi cagato nella torta il giorno del suo diciottesimo compleanno. E che cazzo; o Kevin Costner di questo paio di palle, se vuoi fare i regali senza che il tuo lebensraum debba vedersi ridotto dalla fisicità altrui, i regali valli a fare nel Nevada a Ferragosto, vedi che libertà di movimento.

 

1)”Babbo Natale”

Non ce l’ho col fatto che è una trovata della Coca-cola. Ce l’ho, più che altro, coi migliaia di gonzi che scrivono fumetti,film,spot, con Babbo Anale per protagonista, e mi sembra scrivano spesso una storia abbastanza insensibile.

“Ma come, Babbo Natale porta regali a tutti i bambini! I bambini hanno i regali dai genitori, e gli si racconta che è Babbo Natale! E’ bello!”

Lo so. Ma a me fa un po’ tristezza pensare che ci sono milioni di creaturi che non hanno mai visto l’ombra di un giocattolo. E quando si sentono dire “Babbo Natale porta i regali a tutti i bambini”, che devono pensà? Di essere cattivi? E quando vedono che nelle miriadi di storie e storielle in cui BN ha dimenticato qualche bambino per poi rimediare in extremis(la prossima è “Il figlio di Babbo Natale”, a breve nei cinema), pure quel bambino è sempre un americano o europeo benestante? Dimenticati anche fra i dimenticati.

Lo so, non sto per nulla argomentando, né potrei farlo perché probabilmente non ha senso, ma è una capata storta che mi è venuta oggi, come dicevo, mi capita quando spendo soldi in futilità. Evabè, quest’era.

 

Voglio, però, chiudere con una nota positiva: l’Eroe del mio Natale.                                                                                                                                                                                                                    Siediti, Gesù. Mi spiace, non sei tu. Lo so, lo so. Sarà per la prossima. L’Eroe del mio Natale è mio padre. Egli possiede tre caratteristiche. E’ tardi, sicché ve le elencherò schematicamente.

a)Mio padre è un fissato di decorazioni natalizie. Possiede un gran numero di palline e cazzimmocchi vari da albero, provenienti dalla collezione del mio defunto nonno, ed ha ampliato la collezione negli anni, anche con pezzi davvero pregevoli e particolari, di cui vi faccio la grazia di non parlarvi. Egli è, inoltre, fissato con le luci, e ha intamarrito il balcone con led e lampade gialle.

Talis pater..anche io adoro ste cose, sicchè passiamo un sacco di tempo(seppur, ahimè, sempre meno: quest’anno non ho aiutato con le luci fuori al balcone) a intommare la casa di luci, pendagli e robe, il tutto ruotante attorno al nostro tamarrissimo e traboccante albero. Vi sembra la descrizione di casa Flanders? Permettetevi di smentirvi, signori, perché tutto ciò è rigorosamente e inderogabilmente compiuto SENZA  alcuna di quelle cazzate natalizie quali: affetto forzato; riti e ritini religiosi vari; allegria e bontà comandate; Puro hobby, madame set messieux. E questo ci piace.

 

b)Mio padre paga. Tutto.

 

c)Mio padre riceve, sotto Natale, un osceno numero di cesti gastronomici e regalie varie(tutti quelli che a Capodanno si sono bevuti il Chivas arrubato da mio padre ringrazino). Il momento clou è l’immancabile arrivo del prosuttone sano, che quest’anno è stato accompagnato da un gemello più piccolino e tenerissimo.

Il referendum è un istituto ambiguo, ma ci da dentro.

postato il 27 Nov 2011 in Cazzi e mazzi personali, Il rubricone musicone rotolone
da Deluded Wiseman

Ci sono due tipi di musicisti. Quelli che suonano ai matrimoni e fanno le caznoni a richiesta(“A saje o’latitant?” evviacosì), che se no il padre della sposa li spiezza in due, e quelli che hanno raggiunto una certa dignità artistica, e suonano quello che vogliono e nell’ordine che vogliono, per una serie di motivi. Motivi deprecabili tipo la spocchiosità da star della ceppa che non fa il classicone per dispetto ai fan occasionali andati allo show solo e unicamente per sentire quel pezzo, ecchissene se hanno pagato, occasionali o no, cinquanta soldi.  O motivi seri, tipo il fatto che anche la scelta di una scaletta,dei pezzi che la compongono e del loro ordine, può avere un senso o uno scopo precisi, che sia quello di orientare l’andamento del concerto e il coinvolgimento del pubblico dosando attentamente i pezzi veloci e i pezzi lenti o quelli famosi e quelli sconosciuti, o quello di permettere ai musicisti di arrivare più dignitosamente alla fine del set, alternanto pezzi facili a brani più logoranti; o ancora, magari con una scelta precisa si vuole comunicare qualcosa di preciso, una storia, una messaggio, o si è scelto un certo ordine per ripercorrere la storia del gruppo, o per festeggiare qualcosa, tipo l’anniversario di un album.

Per i succitati motivi, non mi piacciono molto i tizi che ogni volta che dal palco non arriva casino si mettono a cantare un pezzo o a invocarlo. Parliamoci chiaro, io sono uno che se va a un concerto e non gli fanno un pezzo che si aspettava, poi non lo ascolta per mesi. C’ho messo un anno per riascoltare Money Talks dopo gli AC/DC, e sì che lo sapevo da mesi che non era in scaletta. E quindi spesso sarei ben felice di trasformare i miei musicisti preferiti in juke-box umani(e costosi). Però poi, quando non sono in presenza di evidenti spocchiosi della ceppa(che pure è capitato) penso anche: “Ci dovrà pur essere una ragione sensata se questi gentiluomini hanno ideato questa scaletta. Lasciamo che la suonino, per Giove.”(si, nella mia testa parlo molto più signorilmente che fuori).

E poi, insomma, se uno sta suonando da due ore e tutti sono felici, e tu sei ancora lì che gli urli “O’latitant!”, si può anche risentire un po’. Io mi sa che mi risentirei un po’, paganti o non paganti. Non per niente, ma se tu fai un accordo di X e ti senti qualcuno attaccare a cantare Y, pare di deluderli, e non è bello per uno che cerca di far bene il suo.

E poi si deve calcolare che ci sono show che prevedono un preciso gioco di luci, scenografie o effetti speciali per ogni canzone. E non è che se dopo 15 pezzi con tripudi di laser, flash, scenografie apposite, fuochi d’artificio,  pupazzoni giganti, video e amenità varie, ci si può mettere a farne uno con le lucine fuori tempo tipo Sagra della Cotica di Brenzole, solo perché il pubblico lo chiede capite? Di nuovo, parliamoci chiaro, se, per dire, i Maiden suonassero Alexander the Great(pezzo figuerrimo mai suonato, ndnerd) io mi farei le pippe bulgare pure se la facessero in piedi sul tettuccio di una Fiat Punto illuminati da una torcia rotta. Però, obiettivamente, una roba così ti rovina lo show, e non so se io la farei.

Riassumendo: il confine fra i due tipi è abbastanza netto. E non lascia sconti: il secondo tipo regna. E’ quello con la pistola, e l’altro scava.

Poi però ci sono quei gruppi che scavano con la pistola in mano, quelli, tipo Modena City Ramblers o Bandabardò, che hanno un cuore grande così. Non sono juke-box ambulanti, non cantano  “Tanti auguri” se il padre della bambina si avvicina con la dieci euro, e sono gruppi che danno sempre il massimo; te lo dice il sudore di due ore di ammuina che se chiudono senza aver suonato la tua canzone preferita non è per pigrizia o spocchiosità, ma per una loro scelta di musici, condivisibile o meno. E, però, sono anche quei gruppi che magari suonano davanti a tremila persone, ma non sono certo persone arrivate lì per i passaggi su emtivì o a icsfattor, e quindi, sì, sono sempre professionisti che lavorano, ma è un po’ come se fosse una festa fra amici, magari piena di imbucati che non conosci, ma che ti stanno simpatici perché sono venuti a farti il regalo e gli auguri, quindi a pelle ti stanno simpatici. E quando senti che non uno scontento o uno che era lì per caso,  ma TUTTI ti chiedono un pezzo, che fai? Da un lato pensi che il tuo l’hai fatto, che sei distrutto, che il biglietto è pagato , lo spettacolo che avevi studiato è finito, e tutti a casa. Triste, ma legittimo. Ma dall’altro pensi che, da buon fricchettone, alla volontà popolare dovrai pur dare un peso, no? Non voglio idealizzarli troppo, sapendo di esagerare, ma voglio idealizzarli un po’, sperando di aver ragione, e quindi non accetterò commenti tipo “ma se non la facevano poi la gente non andava più ai concerti”, cosa che, oltretutto, non corrisponde al vero. E poi, se hai la fortuna di stare in prima fila, mentre il coro della vox populi monta piano piano, riesci a vedere gli occhi stanchi del lavoratore che ha finito la giornata e gli occhi innervositi del musicista che da mezz’ora sente gente attaccare a cantare un pezzo ogni volta che inizia a suonare tutt’altro, mutarsi negli occhi di quelli che pensano,”Fanculo la scaletta, se fanno tutti così, dovrà pur significare qualcosa per loro”. Alla fine, un coro così è un coro di tanto tanto amore, e come rispondi a tanto tanto amore?

Così, quando, incredulo, capisci che lo stanno proprio facendo, ti sembra un regalo. Ti sembra un regalo perché tu hai pagato per qualcosa che, buona o cattiva idea che fosse, non comprendeva questo; e se avevi apprezzato  lo show a prescindere, ti sembra proprio di aver fatto terno a lotto.

Quando il giorno dopo riesci anche a farti dire in faccia “Sì, è stato bello, si doveva fare” da uno di loro, capisci che i musicisti si dividono in due categorie, che una è superiore all’altra, ma che quando quelli con la pistola si mettono a scavare, con la pistola in tasca, è davvero bello, e lo è davvero perché è uno sforzo che vuol dire qualcosa per migliaia di persone in una stanza, paganti e pagati, sudanti e sudati, piecori e artisti.

E adesso, beccatevi i due “regali” pagati che questi attempati fricchettoni ci hanno voluto fare dall’alto della loro scioltezza:

Ubriaco canta amore

e

I Cento Passi

 

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