Scrittori in competizione

postato il 26 Lug 2011 in Main thread
da ad.6

Qui di seguito riporterò uno scritto singolare prodotto da me e da mia sorella quasi due anni fa. Le avevo proposto di scrivere una storia insieme e ci eravamo accordati sul farlo in un determinato modo: dieci righi a testa, interrompendo dovunque fossimo arrivati con la frase. Ha iniziato lei, ha terminato lei, questo per motivi di impegni (miei) e di mia frustrazione! Concetto chiave di tutto ciò è il fatto che la spartizione dello scritto è stata scelta in modo tale da creare (senza che in effetti lo volessimo) un prodotto che non fosse né dell’una né dell’altro ed, anzi, da mettere in competizione le due menti (termine che sembra altezzoso…), con le conseguenze che vedrete.

(Lui è stato usato in luogo del nome che gli avremmo dato. Mai.)

 

 

Era sicuro di aver visto qualcuno muoversi dietro l’albero. – Ehi, Fred! Sei tu? Dai ragazzi, non fate scherzi!- era ormai da più di mezz’ora che non aveva più notizie dei suoi cinque amici. Eppure l’appuntamento era proprio lì dove la notte prima avevano acceso il falò. Poiché si era ripromesso di andarsene una volta e per tutte da quel luogo, nel caso in cui i suoi amici non si fossero fatti vivi, decise che era giunto il momento di lasciar perdere quella buffonata. “Se ne saranno fuggiti tutti a casa!”  pensò sarcasticamente. Fuggiti… nemmeno lui pensava che quella fosse la parola appropriata. Dopotutto non aveva mai creduto all’esistenza di certe storie così assurde e misteriose. Mentre rifletteva sulla strada che avrebbe dovuto prendere per tornare al paese sentì un forte botto e, alzando la testa verso l’alto, scorse, dietro le folte chiome degli alberi, dei fuochi d’artificio. Si pentì di trovarsi chiuso in quello scuro labirinto ed ora più che mai avrebbe voluto trovarsi all’aria aperta per poter assistere a quell


o strano gioco di colori che si smorzavano nella calda luce di mezzogiorno. Iniziò così ad avviarsi per quella che credeva essere la via del ritorno pensando all’inutile scherzo che gli avevano tirato quelli che ormai tutti al villaggio chiamavano “i ragazzi del pomello”, per motivi ancora poco chiari sia alla gente del villaggio che ai ragazzi stessi, i quali, però, traevano grande gioia da tale soprannome. Ma lui sapeva. “Che stupidi!”. Così, mentre i suoi passi si avvicendavano senza troppa foga per la via, si levava dal sottobosco un flebile fruscio che veniva totalmente sovrastato dalle esplosioni multicolori che ingombravano piacevolmente il cielo ed in questo modo qualunque passo, per determinato che fosse, restava inascoltato e alle foglie, come natura vuole, e al viandante che l’avesse prodotto. E nella calda atmosfera di inizio pomeriggio lui si muoveva nell’ombra senza sentire i propri passi, senza che d’altra parte desse attenzione alla cosa, e per nulla consapevole di sé e del mondo, come quando

osservava ammirato lo spettacolo che la natura ogni sera gli regalava, quel caldo tramonto che quasi gli accarezzava il viso, consigliandogli di prendere sonno e di fuggire dal suo mondo, per poter raggiungere il luogo prediletto, così sfuggente, che mai potrà raggiungere e che solo nel profondo sonno si lascerà sfiorare. Ma questo accadeva molto tempo addietro, quando non era stato ancora costruito quell’enorme palazzo di fronte alla sua modesta casa. Ogni sera, accanto al balcone, sentiva delle urla indistinte quasi inumane provenire dalla finestra di fronte. Ma la cosa più strana in assoluto e che gli faceva rimpiangere la sua vecchia e magica visuale era che quegli strani individui, quasi ogni giorno, al tramonto, si affacciavano alla finestra osservandolo con sguardo perso esclamando: – Guardate che bel tramonto!- o – Non ho mai visto nulla del genere!- Spesso era tentato quasi di bussargli alla porta e di urlargli che sarebbe bastato affacciarsi dal lato opposto del palazzo, e

ntrando così nel mondo del crepuscolo, la Porta dei Sogni. Ma, tu, qual è il vero tramonto puoi mai dirlo? L’incessante tramonto del Sole, una fine senza inizio, o il definitivo declino di un popolo, di una civiltà, di una razza? E chi non vede più il solo tramonto del Sole, ma dinnanzi a sé scorge solamente l’inizio della fine della propria miseranda famiglia è un uomo senza più speranze, non ha più sogni, non più un futuro! Il tramonto gli è precluso perché vi sarà notte senza giorno e chiusa per lui è la Porta dei Sogni. E può ancora dirsi umano costui? O chi più lo chiamerà tale? Lui, c’è chi vede in te il tramonto: la gente che abita in quel misterioso ed imponente palazzo e non solo loro. Un mondo intero. E beato chi può ancora vedere la luce in te, chi può vedere oltre la rovina del mondo, chi è restato un essere umano. Tuttavia sono pochi, ormai: forse, adesso, anche i ragazzi del pomello ne fanno parte e quei fuochi sparati in un cielo troppo luminoso sarebbero stati neri e non colorati se aves
se perso anche lui ogni speranza. D’altronde i poveri ragazzi del pomello erano da poco deceduti. E lui, nel bosco, era ignaro di quello che era accaduto a tutti loro. Che fortuna averli persi di vista! La sua tristezza sarebbe ancora aumentata se avesse scoperto in che modo brutale erano morti tutti. Ma questo non lo scoprì ne allora nè in futuro. Mentre camminava verso l’uscita del bosco pensò che fosse giunto il momento di cambiare città, cambiare paese, cambiare vita. Avrebbe trovato un luogo in cui la gente lo avrebbe apprezzato per le sue capacità e avrebbe smesso di allontanarlo perchè considerato alla stegua di un “Vecchio derelitto.” E non importava loro il fatto che in fondo lui era solo un ragazzo. I fuochi d’artificio erano ormai terminati da tempo e lui si stava avviando verso la strada principale che lo avrebbe condotto a casa quando qualcosa, dentro di sè, lo costrinse a fermarsi. Perchè ritornare lì dove nessuno lo aspettava? Si sarebbe coricato per dormire in pieno giorno, senza nemmeno aver mangiato e dopo avrebbe sbrigato un paio di faccende di casa non troppo impegnative. Sempre la stessa routine, non c’era nulla da fare. Lui si era quasi convinto che il tempo non scorresse più ormai da anni e fu per questo che accettò “l’eccitante e pericolosa avventura nel bosco” così come l’avevano chiamata i ragazzi del pomello. Forse riteneva che qualcosa sarebbe potuto cambiare e che la noia che lo perseguitava

 

 

La competizione è stata breve, implicita ed anomala, ma principalmente mi ha visto soccombere una volta privato dei miei ragazzi del pomello! Chi sa se una scrittura di coppia del genere continuerà mai e se così si possa avere un risultato veramente condiviso. Altre sono le vie e diversi i risultati pregevoli ottenuti dalla scrittura in coppia, ma chi sa.

Vamina non è brava nella corsa e perde gli autobus.

postato il 22 Lug 2011 in Main thread
da VaMina

Vamina potrebbe parlare anche di cose interessanti, riguardo alla competizione, come Aiace che diventa folle perché gli viene preferito Ulisse come erede delle armi di Achille, come il fatto che nei testi greci viene esaltato il valore di un uomo indicandolo come “vincitore di gare”, come il curioso costume dei Sanniti, tra i quali si selezionavano i dieci giovani e le dieci fanciulle migliori, e la prima andava in sposa al primo, la seconda al secondo, e così via. Tutte cose interessanti, ma Vamina parlerà di sé.
Prima cosa perché Vamina è un’inguaribile egocentrica, poi perché è incredibilmente più semplice che parlare di Aiace, anche se interessa di più perfino me. In ultima analisi sono una persona ostinata, e mi sono ostinata a fare del blog la succursale del mio psicologo, allo stesso modo in cui mi ostino a indossare i costumi di mio padre come pantaloncini per andare a mare, nonostante mi diano un aspetto poco rassicurante*. Dunque, cosa c’è da dire su Vamina e la competizione?
Io, davvero, odio la competizione. Sempre odiata. Quando ero piccola facevo nuoto e mi rifiutai di fare le gare, essendomi già chiaro allora che non poteva andarmi bene in nessun caso: se arrivo prima, sento comunque di non meritarlo più degli altri, mi sento in colpa e mi dispiace per loro; se arrivo ultima, mi dispiace per me; se conquisto un posto diciamo centrale, o sono salva dalle paranoie, oppure si uniscono tutte insieme in un miscuglio mortale e implodo.
Ai giochi da tavolo io perdevo sempre. Mia madre però aveva fatto tanto un buon lavoro nel suo lavaggio del cervello stile “vincere non è importante”, che perdevo con impressionante disinvoltura, per essere una bambina. Il problema a quel punto sorgeva nella circostanza di una mia vittoria. Quanto bisogna esaltarsi? Bisogna mostrarsi dispiaciuti o sembra che stai prendendo per il culo l’avversario? Bisogna complimentarsi con lui per la bravura? Ma se è tipo UNO**, ha senso complimentarsi? Questi e molti dilemmi mi si ponevano.
Ricordo con orrore una volta che una mia amichetta mi diede la sua catena portafortuna mentre giocavamo al Gioco dell’Oca. Io, da brava bambina scettica, l’avevo accettata con poca convinzione, forse solo per la bizzarra passione per le catene che mi ha portata ad essere, a 14 anni, un negozio di ferramenta ambulante. Bando alle ciance, vinsi. A questo punto ci fu una scena alla Shining con lei che gridava che era merito della catena e che cercava di strapparmela di dosso. Forse non posso darle torto, una mia vincita equivaleva all’allineamento dei pianeti. Era la prima volta che vincevo. O forse ricordo solo quella perché estremamente traumatica. Adesso però vinco, tipo a Risiko, abbastanza spesso. Però non ho ancora capito come si vince, quindi in genere mi lascio andare a inopportune manifestazioni di gaudio tipo trionfo di Augusto a Roma.
Passiamo oltre la parentesi sport, attività competitiva per eccellenza, dato che più che sembrare un sacco di patate o un elefante, sembro un sacco di elefanti che rotola.
Il peggio, se parliamo di competizione, è il parentame. Basta che ci sia un tuo coetaneo in famiglia, solo uno, e ogni occasione, festiva e non, si trasforma in una sorta di mostra canina. E non sulle cose positive, eh. Tutt’oggi mia zia fa a gara a chi tra me e mia cugina è più sfortunato con i professori o chi si ammazza di più all’università. Posso fare anche Storiagrecoromanaconarcheologiaapplicataeconseguaenteanalisipaleografica, mia cugina farà Storiagrecoromanaconarcheologiaapplicataeconseguaenteanalisipaleograficaunitaadastrofisicaeanalisimatematica (fa qualcosa sul giornalismo, n.b.). Io studio su cinque libri? Lei su sei. Mia madre se la prende un sacco.
In tutto ciò noi ci vogliamo bene, giuro.
Vado a trovare i professori del liceo e loro “Ma Bla Chacha era meglio di te”. Ma io vi buco le ruote.
Il mio psicologo mi propina lunghi discorsi sul fatto che questo è un problema mio, che non devo considerarmi in competizione, che devo fregarmene degli altri. Io mangio la foglia perché ci credo.
Cioè, sono convinta che lui abbia ragione, ma resta in me l’idea segreta e paranoica che c’è qualcuno in uno studio oscuro e preferibilmente dentro una caverna alla Batman, che conserva delle cartellette con i miei voti, divisi per discipline. Maledetti bastardi.

P.s. Dichiaro il post in questione fuori gara, per cui se sarò l’unica a postare, non vincerò per abbandono.

*Leggi: sembra che abbia il pacco.
**Se esce che qualcuno è BRAVO a giocare ad Uno, semplicemente gli alieni arrivano sulla terra per ballare il Limbo.

Il test di Vamina

postato il 16 Lug 2011 in Cazzi e mazzi personali
da VaMina

Tornando dal concerto di Caparezza, in macchina, erano tipo le due del mattino (premessa necessaria per capire in che stato mentale fossi), ho avuto un’idea veramente rivoluzionaria e ho sentito il bisogno, sicuramente molto apprezzato, di comunicarla a Bread.
Bread, giusto per chiarezza, era accanto a me e gioiva deliziato dalla mia guida mentre ascoltavamo un cd dei Beatles. Dato che i Beatles mi piacciono, ho deciso di lanciarmi in un discorso senza senso condito da lamenti vari, così che il cd si sentisse peggio.
Questo discorso conteneva la mia idea furba e rivoluzionaria: propinare a ogni maschio vagamente attraente e vagamente attratto da me un test che dovrebbe far scappare tipi poco adatti (l’altra sera il linguaggio era più colorito però) e farmi evitare un inutile corteggiamento con qualche pseudointellettualoide del cazzo che aspetta Carnevale per vestirsi da Alex The Large, anche se lui non ama il Carnevale perché è uno pseudointellettualoide del cazzo. Non c’è nessuna domanda che dovrebbe proteggermi dai truzzi, perché credo che dopo due minuti con me qualunque truzzo se ne andrebbe lo stesso.
Il mio test è molto semplice ed è un’idea geniale perché il tipo prescelto, bombardato dalle domande, vedendo prima di tutto che ho elaborato un test da sottoporre a gente a caso, sa anche cosa aspettarsi da me e comincia a rendersi cosciente della mia stranezza, per cui accettare di fare un test equivale a passare una parte del test in questione. Ma questo non è un incoraggiamento, badate bene. Probabilmente tra poco mi odierete.
In macchina ho pensato solo a un paio di domande e non le ricordo bene, quindi lo inventerò adesso, in sostanza. Non so nemmeno quante domande saranno, vediamo dove ci porta il vento. La prima riguarda i Beatles, perché, appunto, stavamo ascoltando i Beatles.

1) Quali sono le tue canzoni preferite dei Beatles? (Non sottovalutatela)
2) Qual è il tuo film preferito? (Non che mi interessi, ma è per allontanare subito chi risponde cose tipo Arancia Meccanica, Funny Games ecc.)
3) Sei astemio?
4) Credi sia bello intrattenere le ragazze parlando di politica?
5) Credi di essere superiore a tutto il genere umano? (Li attiro sempre un po’, sti tizi)
6) Hai letto il Capitale? (Non per sapere se abbia letto DAVVERO il Capitale, ma per sapere se è il tipo che va a dire in giro di aver letto il Capitale)
7) Ti piacciono i Baustelle/Afterhours/Marlene Kuntz/Verdena?
8) Se mai staremo insieme/ci frequenteremo, hai intenzione di sottopormi a troppe e prolungate manifestazioni di affetto in pubblico? (Tipo quella gente senza pudore che praticamente scopa in metropolitana, con tutti i vestiti, mentre la voce dice “Salvator Rosa station”)
9) Credi che studiare Lettere Classiche sia inutile?
10) Vorresti farmi ascoltare a intervalli regolari menate proletarie?
11) Credi che i bassisti suonino il basso perché non sanno mettere gli accordi?
12) Credi sia disdicevole per le donzelle sputare, ruttare, sedere non con le gambe accavallate?

Il test verte sull’eliminazione preliminare. Beh ok non molto preliminare, ma tanto il ragazzo fugge comunque credendomi fuori di testa. Volevo mettere domande meno banali e più specifiche, però non ho molta fiducia in questa cosa, alla fine. E poi se avessi tirato in ballo più cose sulla musica e altri fatti, l’unico a passare sarebbe stato un mio equivalente maschile, che risulterebbe detestabile e lo prenderei a calci.
Immagino che ora ci sia la fila per Vamina.*
Insomma, ragazzi e ragazze, personalizzate il test di Vamina ed evitate anche voi di depilarvi le gambe o comprare regali per una persona con cui non vi trovereste comunque bene! Il test è la soluzione**!

*Spero che almeno i miei amici mi vogliano ancora bene.
**Per rimanere soli.

Una geniale invenzione

postato il 4 Lug 2011 in Cazzi e mazzi personali
da Azazello

Mi sono scontrato più volte con la dura realtà che, nella maggior parte dei casi, non ho niente da dire alla maggior parte delle persone a cui voglio bene ma che non frequento (ma in alcuni momenti anche a quelle che frequento), il che mi porta ad avere sempre lo stesso dubbio ogni volta che vedo una di queste persone connessa su Facebook: contattare, finendo in un silenzio imbarazzante dopo 5 minuti di conversazione stentata, o non contattare, compiendo così un giusto passo verso la totale perdita di qualsiasi rapporto?

Oggi ho partorito, più che altro dicendolo, una geniale idea per risolvere l’annosa questione, che si realizza più o meno completamente nel concetto di “Saluto gratuito”. In pratica funziona così: prendi una persona a caso tra quelle di cui sopra, la contatti dicendo: “Saluto gratuito!” e poi te ne vai. La conversazione può proseguire o meno, l’importante è il saluto e il fatto che sia gratuito.

Fate attenzione a non prendere il saluto gratuito per il verso sbagliato: non si tratta di un modo per comunicare esclusivamente con persone a voi lontane, ma di una piccola, dolce perla di affetto che potete dispensare senza impegno e senza imbarazzi! non lesinate sui saluti gratuiti, non frenate i vostri istinti e non scervellatevi a interpretarli quando ne ricevete uno, ma prendeteli per quello che sono: sinapsi di empatia, istanti di contatto semplice e sentito! Finché ci saranno l’impulso e la sincerità, il saluto gratuito sarà sempre la più squisita, elegante e pura forma di comunicazione di affetto! Per cui, occhio alla formalità: non trasformatelo in un’abitudine (tutt’al più in una tradizione!), privandolo così del suo valore più fondamentale.

Vi lascio riflettere sulla cosa, ma ricordate sempre: saluto gratuito. It’s a thing.

Non ho postato sul “no”!

postato il 2 Lug 2011 in Main thread
da Cerbs

Doh!

And the winner is…

postato il 1 Lug 2011 in Main thread
da freeronin

Sono giunta alla conclusione che quella che stiamo vivendo non è più competizione se, alla vigilia del momento decisivo, cominciamo a sperare che l’avversario non sarà al massimo della forma e non che, invece, sarà al meglio delle sue possibilità per darci l’occasione di batterlo comunque.

Per festeggiare il raggiungimento di questa, pur incompleta, certezza (sto parlando del confine della competizione o della competizione “buona”? Le due cose coincidono?), ho deciso che voglio riprendere a farmi problemi leggendo un grosso quantitativo di spunti – idee, esperienze, ricordi, riflessioni, o altro – nei vostri post, i quali avranno in qualche modo a che fare con la competizione.

A cosa mi riferisco?
Ad animal spirits, duelli medievali, eristica, gare sportive, videogiochi, al compagno di classe che ad ogni singola verifica viene sempre a chiederti il voto… a tutto quello vi sentite di chiamare “competizione”.
Non sto certo qui a voler limitare la forza espansiva di un argomento che, esattamente al contrario degli elementi dell’elenco di Azazello, non fa che pormi una grossa quantità di interrogativi teorici e pratici a cui non saprò mai rispondere.
Qualche esempio. Che rapporto c’è tra competizione, rivalità e lotta? Che effetto ha la competizione  tra amici sul rapporto di amicizia? Sarebbe giusto ricoprire di fischi de Coubertin? È giusto gettare con disprezzo la medaglia di bronzo ai piedi del podio olimpico per protesta contro la giuria? Che rispetto merita il perdente? Il secondo ha “vinto” o ha “perso”? Quanto conta la non uguaglianza dei punti di partenza?
Per di più ho notato che, da quando siamo piccoli, siamo bombardati da indicazioni ambigue sul competere: vediamo benissimo che i genitori sono fieri e contenti quando siamo i primi della classe o vinciamo una gara, eppure poi ci sentiamo dire che non è una cosa buona mettersi a competere con i compagni, e tutta la storia cambia ancora quando dobbiamo vincere un concorso o prevalere sugli altri nell’accaparramento dei posti di lavoro….

Aggiungo un’ultima cosa: confidando nel valore della “buona” competizione, annuncio che alla fine del mese gli autori voteranno, commentando questo post, il post che ritengono migliore. Il premio sarà, naturalmente, la soddisfazione per una strabiliante vittoria (perché ovviamente la competizione sarà di altissimo livello).
Se non vi basta potete sempre non partecipare alla gara e scrivere un post sul valore del premio nella competizione. E, se pensate che le competizioni abbiano un effetto deleterio sulle amicizie e/o sulle collaborazioni editoriali, è concessa anche l’obiezione di coscienza.

 

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